di Roberto Diegi – da Panorama Numismatico nr.238 / marzo 2009
Varius Avitus Bassianus, poi
Marcus Aurelius Antoninus (Elagabalus)
Il 16 maggio del 218, Julia Maesa, sorella di Julia Domna e madre di Julia Soemia, introdusse furtivamente nell’accampamento romano di Raphaneae, in Syria, il nipote quattordicenne, figlio appunto di Julia Soemia, che fece acclamare imperatore dalle truppe ostili a Macrino.
Il ragazzo si chiamava Vario Avito Bassiano, lo stesso cognomen di Caracalla, ed era sacerdote del tempio del dio Sole El-Gabal, letteralmente, in siriano, il dio della montagna, ma venne acclamato imperatore con il nome di Marco Aurelio Antonino: è peraltro molto più conosciuto con il nome di Elagabalo, derivante appunto dalla sua funzione di sacerdote del tempio di El-Gabal.
Pochi giorni dopo, l’8 giugno del 218, come è già stato annotato su questa rivista, Macrino fu sconfitto e messo a morte assieme al figlio Diadumeniano.
Il nuovo imperatore, con il quale si ripristinava ufficialmente la dinastia dei Severi, da parte del ramo femminile della famiglia, era nato nel 204 e, forse, non era particolarmente felice di questa pesante investitura, abituato fin da piccolo alla tranquilla e serena vita del tempio.
D’altra parte è cosa nota che Elagabalo non dimenticò mai la sua funzione di sacerdote del tempio di El-Gabal, il siriano dio Sole, rappresentato da una pietra nera a forma conica che si diceva fossa caduta dal cielo e che era fortemente venerata in Syria: il giovane imperatore la volle condurre con sé in Roma al centro di uno sfarzoso corteo e fece costruire sul Palatino un tempio dove la pietra nera fu collocata e venerata.
Elagabalo, lo chiamerò sempre così perché la tradizione lo vuole, non fu molto amato in Roma, dove entrò trionfalmente solo nel 219, accompagnato dalla madre Julia Soemia e dalla nonna Julia Maesa, che di fatto resse le redini dell’impero.
Elagabalo era a dir poco stravagante: amava lo sfarzo eccessivo e si cir-condava di personaggi poco raccomandabili. Ma ciò che lo rese presto inviso all cittadinaza di Roma fu la sua pretesa di sostituire il culto siriaco del dio Sole allo stesso culto di Giove ed al tradizionale Pantheon romano: la famosa pietra nera a forma conica, portata a Roma dalla Syria, fu venerata con sfarzo mai visto prima.
Elagabalo era omosessuale conclamato e la cosa non avrebbe destato scandalo perché il bisessualismo era considerato all’epoca una cosa abbastanza normale ma un imperatore solo omosessuale e per giunta passivo non piaceva ai Romani. I pubblici atteggiamenti lascivi del giovane principe ed il suo trucco vistoso e molto femminile, gli alienarono presto l’appoggio della cittadinanza.
Nonostante la sua manifesta, anzi ostentata, omosessualità, Elagabalo ebbe ben tre mogli impostegli soprattutto da Julia Maesa e scelte con cura tra la più nota aristocrazia romana: Julia Cornelia Paula, Aquilia Severa e Annia Faustina. Qualcuno sostenne che le mogli di Elagabalo fossero state cinque, ma la cosa non è documentata, mentre per le tre indicate, tutte onorate col titolo di Augusta, vi sono monete che ne tramandano il nome e l’effige. Comunque anche le tre imperatrici conosciute durarono ben poco, dal 219 al 222 fra tutte, molto probabilmente a causa dei noti diversi interessi sessuali di Elagabalo.
Il Senato non fu certo molto felice dell’elezione del giovane Elagabalo, ma dovette abbozzare e prendere atto della pretesa paternità di Caracalla, voce diffusa ad arte dalla nonna e dalla madre, che in un certo senso legittimava la successione del giovane principe al trono di Roma.
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Le monete di Elegabalo (2,5 MB)