Si tratta della seconda edizione della monografia che Villiam Ciavaglia aveva pubblicato nel 2002. L’autore nella sua prefazione ne sottolinea la necessità per le numerose varianti significative emerse negli ultimi anni. Del resto basta pensare al gran numero di aste che sono state presentate nel nuovo secolo e, soprattutto, alle immense potenzialità offerte da internet in quanto a divulgazione delle conoscenze ed alla loro conservazione. Dalla prima edizione è cambiata molto anche l’editoria e quindi l’autore presenta ora un’opera interamente a colori con nitide fotografie ed ingrandimenti.
Dopo una breve introduzione sul sistema monetario e sul valore delle monete rapportato ai beni di consumo d’epoca nonché sulle origini della zecca di Fano, viene iniziata la trattazione vera e propria delle monete a partire dalle emissioni a nome di Pandolfo III Malatesta, signore di Fano dal 1384 al 1427, che aprì la zecca dal 1414 al 1418. Furono battuti soprattutto dei piccioli, le monete più piccole e diffuse nella Marca del Quattrocento, di bassa mistura e del peso intorno a 0,40 grammi. Oltre a questi piccioli, che sono generalmente diffusi e comuni, fu battuto anche un quattrino che però risulta di grande rarità. L’apertura della zecca di Fano in questo periodo non stupisce visto tutto intorno altri Comuni e Signorie marchigiane battevano moneta per le necessità del mercato ma anche per speculazione. Stupisce invece che non sia stato battuto il bolognino d’argento che rappresenta l’altro protagonista della numismatica del periodo.
Dopo Pandolfo furono battuti altri piccioli a nome del figlio, Sigismondo Pandolfo, famoso signore di Rimini nato nel 1417.
Cessata la Signoria Malatestiana e passata finalmente Fano alla dominazione pontificia, presumibilmente a seguito di una ordinanza del 1466, furono battuti ancora dei piccioli ed un quattrino. Le monete di questo periodo si distinguono tra quelle che presentano o meno le chiavi decussate distintive dell’autorità centrale romana. Si tratta quindi di monete anonime.
Il primo papa a porre il proprio nome sulle monete fanesi fu Sisto IV (1471-1484). Si tratta ancora di piccioli la cui produzione continuò ancora per Innocenzo VIII (1484-1492), Alessandro VI (1492-1503) e Giulio II (1503-1513).
La zecca venne poi chiusa fino al pontificato di Paolo III (1534-1549). I tempi però erano cambiati ed il picciolo medievale era ormai definitivamente scomparso sostituito dal quattrino sempre in mistura. Dopo Paolo III quattrini furono emessi per Pio IV (1559-1565) ma è solo per Pio V (1566-1572) che troviamo un nuovo nominale in buon argento, il giulio sul tipo di quello consueto romano. Sotto Gregorio XIII (1572-1585) si cominciano a battere i testoni da 3 giuli mentre del pontificato di Sisto V (1585-190) sono le famose baiocchelle di mistura che tanti problemi crearono all’epoca tra emissioni troppo abbondanti e contraffazioni e falsificazioni.
La zecca fu chiusa sotto Clemente VIII (1592-1605) ma riaprì circa due secoli dopo sotto Pio VI nell’ambito di una generale crisi del mercato monetario dello Stato Pontificio. Fano infatti fu una delle tante zecche aperte per battere monete in rame puro da 5 baiocchi, le cosiddette madonnine, e da 2 baiocchi e mezzo, i cosiddetti sampietrini. Tra l’altro le emissioni di Fano di questo periodo sono di grande rarità, le maggiori sicuramente tra tutte le zecche emittenti.
Il catalogo comprende in un capitolo finale tutta una serie di nuove varianti elencate a parte rispetto a quelle standard descritte in precedenza andando ad integrare i capitoli precedenti.
Il libro si presta così ad un diretto utilizzo da parte dei collezionisti di monete di Fano ed in generale a quelli di monete papali fornendone puntuali gradi di rarità.
Villiam Ciavaglia
La zecca di Fano
Circolo Culturale “Giuseppe Castellani”
Fano 2025
Info: info@circolocastellani.org
Disponibile nello shop online di Nomisma a 15,00 euro.



