di Giuseppe Carucci
Le due rivoluzioni del 1917, quella borghese del febbraio e quella proletaria dell’ottobre, spazzarono via definitivamente il plurisecolare ordinamento monarchico assolutista e con esso tutte le sue monete. Non è chiaro quali fossero le intenzioni originarie del nuovo governo dei Soviet circa una eventuale nuova monetazione. Com’era purtoppo naturale aspettarsi, il cambio di regime non fu incruento: si era ancora in guerra e l’armistizio che il governo firmerà in seguito con la Germania sarà molto pesante, comportando perdite territoriali; mentre la Finlandia otterrà la Lenin la restituzione della piena indipendenza. Ben presto scoppiò anche una guerra civile, che durò anni e fu molto sanguinosa e crudele da ambo le parti. Da un lato i Belogvardeizy (guardie bianche), che si battevano per la restaurazione monarchica ma soprattutto per la ricostituzione del grande latifondo; dall’altra i Krasnoarmeizy (soldati rossi), decisi a difendere fino alla morte la vittoria dei Soviet. La guerra civile si protrasse per anni e in una certa fase sembrò che dovesse terminare con la vittoria dei bianchi sui rosse, grazie anche all’aiuto delle potenze occidentali. Dalla Siberia premevano le armate del generale Kolciak, dal sud gli eserciti dei generali bianchi Denikin, Kornilov e Wrangler, e così il regime sovietico si trovò a controllare solo una parte del paese. La rivoluzione finì comunque con la vittoria dei Bolscevichi, che riacquistarono il controllo dell’intero territorio.
Se dunque il quadro era questo, si capisce bene come una nuova monetazione non fosse tra le urgenze più impellenti del nuovo potere sovietico. In quel periodo la circolazione monetaria fu assicurata dall’emissione di surrogati di vario tipo, come cartamoneta valida a livello di città, di cooperativa o di fabbrica, e anche con buoni metallici aventi l’aspetto di moneta. Tra questi ultimi segnaliamo quelli coniati dalla cooperativa “Ragione e coscienza” della città di Kiev, in Ucraina. I buoni coniati da detta cooperativa esprimono il tentativo di porre alla base del valore dei soldi il lavoro socializzato sotto forma di pane. Questi buoni, infatti, coniati in bronzo nel 1921, hanno al diritto la scritta “un pud di pane, un rublo di lavoro” (pud era una vecchia misura di peso russa equivalente a 16,38 kg.). Furono coniati cinque nominali aventi come valori facciali i numeri 1, 2, 3, 10, 50, e esprimenti parti di pud calcolate in centesimi. Il nominale più piccolo valeva cioé la centesima parte di 16, 38 kg. di pane; mentre il più grande (fig.1) valeva 50 centesime parti di pud di pane equivalendo quindi a 8,19 chili di pane. Così era scritto su questi buoni.
Scoccò comunque, come era normale che fosse, l’ora della vera moneta. Già nel 1921 il governo sovietivo decise di rimettere in funzione la zecca di Pietrogrado, che era stata precedentemente parzialmente smontata, e iniziò a coniare monete d’argento creandone una certa riserva. Erano infatti già state gettate le basi per una riforma monetaria, e questa riserva sarebbe dovuta servire, in seguito, proprio all’attuazione di tale riforma. Dal 1921 al 1023 furono dunque coniate monete da 10, 15 e 20 copechi, in argento 500 millesimi; mentre i nominali più alti, da 50 copechi e da 1 rublo, erano in argento 900 millesimi e recanti le date 1921 e 1922.
A proposito di date, credo non sia fuori luogo soffermarsi su un fatto storico di una certa importanza che riguarda la fondazione dell’Unione Sovietica. Le monete coniate dal 1921 al 1923 presentano al dritto la falce e il martello e, sotto, una scritta in cartella. La scritta in questione, che è in cirillico, in lettere latine sarebbe R.S.F.S.R., ed è l’abbreviazione di Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa. L’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, in breve U.R.S.S., fu fondata soltanto il 30 dicembre del 1922 dalle repubbliche sovietiche di Russia, Ucraina, Bielorussia e dalla confederazione delle repubbliche caucasiche settentrionali (Georgia, Armenia, Azerbagian). Quindi dal 1917 al 1922 è esistita la Russia Sovietica come entità statale autonoma avente potere di battere moneta; mentre dal dicembre del 1922 essa è solo una parte dell’U.R.S.S. Siccome i nominali da 10, 15, 20 copechi recanti la data 1923 furono in realtà coniati nel 1922 nella zecca di Pietrogrado, tali monete sono dunque non da attribuire all’U.R.S.S., ma bensì alla Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa.
Segue: articolo completo in formato PDF, tratto da Panorama Numismatico n. 178/ottobre 2003