di Nicolò Pirera – da Panorama Numismatico nr.245/novembre 2009
UN ATTENTO E SCRUPOLOSO ESAME DELLE MONETE DA 120 GRANA CONIATE A NAPOLI A NOME DI GIUSEPPE NAPOLEONE.
Il trattato di Parigi del 21 settembre 1805 ebbe per firmatari i rappresentanti dell’Impero Francese e del Regno di Napoli e sancì svariati obblighi per Ferdinando IV. Il sovrano di casa Borbone si impegnava formalmente a mantenere la neutralità nella guerra in corso (terza coalizione continentale e nona campagna contro l’Austria) senza conferire alcun comando ad ufficiali russi, austriaci ed appartenenti ad alcuna delle fazioni belligeranti e di non concedere asilo a profughi francesi.
Napoleone da parte sua si impegnò a ritirare le truppe francesi dal Regno di Napoli, operazione militare che si completò il 15 novembre 1805.
In violazione alle condizioni vessatorie imposte dai francesi, il generale Fortiguerri, ministro per la guerra del Re di Napoli, dispose le truppe napoletane e degli alleati inglesi e russi sotto il comando del Generale Lacy, comandante in capo delle truppe russe sbarcate a Napoli.
La vittoria francese nella battaglia Austerlitz del 2 dicembre diede un nuovo assetto all’equilibrio continentale.
Poco dopo, 8.000 uomini al comando del principe di Rohan, esule francese e generale dell’esercito austriaco valicò il Tirolo alla volta del Meridione. Inseguito e battuto dai generali francesi Ney e Reynier, fu definitivamente sconfitto nei pressi di Bassano sul Brenta. I superstiti furono messi in rotta nei pressi di Castelfranco Veneto ed annientati dal generale Gouvion-Saint-Cyr che comandava una divisione dell’Armata d’Italia con le truppe ritirate dal Regno di Napoli. Il coinvolgimento del re di Napoli nell’operazione fu assai marginale, anzi per tutta la campagna militare dimostrò sempre grande diffidenza per gli alleati, portatori di sventure… ma fu comunque sufficiente a giustificare l’intervento delle truppe francesi. Le mire di Napoleone su Napoli non si erano mai sopite.
Il 27 dicembre 1805 Napoleone, nel Bollettino di Guerra, dichiarò che la dinastia napoletana aveva cessato di regnare. Per tutto il mese di gennaio del 1806 ci furono i preparativi per l’invasione del Regno di Napoli. Il quartiere generale francese fu posto a Roma, ove si riunirono Giuseppe Napoleone e il generale Massena.
Il 23 gennaio 1806 Ferdinando IV di Borbone partì da Napoli per la Sicilia affidando il Regno al principe ereditario Francesco di Borbone i poteri di plenipotenziario. Il giorno successivo Giuseppe Napoleone ad Albano ricevette la nomina quale luogotenente di Napoleone ed il comando dell’armata destinata all’occupazione del Regno di Napoli.
Il 6 febbraio 1806 l’imperatore ordinò l’invasione del Regno di Napoli con il maresciallo Massena, assecondato dai generali Gouvion-Saint- Cyr e Reynier, a dirigere personalmente le operazioni militari. Quattro giorni più tardi anche la regina Maria Carolina si trasfeì a Palermo con il tesoro reale. Il 15 febbraio 1806 Giuseppe Napoleone entrò a Napoli.
Il 2 marzo 1806, all’apertura della sessione dei lavori del corpo legislativo, l’Imperatore annunciò que la maison de Naples a perdu sa Couronne sans retour, et la presqu’ile d’Italie tout entière, fait partie du Grand Empire. Il 30 marzo Giuseppe Napoleone venne incoronato re del Regno.
La conquista di Napoli non ebbe grandi difficoltà militari in quanto i Francesi erano già presenti in forze in Italia e, di fatto, circondavano il Regno di Napoli. L’imperatore a Parigi, diede enfasi alla presa di Napoli con grande risonanza strategica e morale. Si consolidava così l’egemonia francese sulla penisola e l’Italia intera si rafforzava strategicamente diventando un immenso serbatoio di reclutamento per l’impero. Politicamente l’allontanamento dei Borbone da Napoli costituì per gli alleati inglesi uno smacco duro da digerire e, strategicamente. la perdita di un punto fermo d’approdo nel Mediterraneo centrale. Nel luglio 1806 vi fu un tentativo di sbarco di truppe inglesi nel golfo di Santa Eufemia accompagnato da una sommossa popolare che il maresciallo Massena non ebbe difficoltà a sopprimere.
Giuseppe Napoleone, si adoperò per rimarginare lo strappo con le istituzioni locali causato dall’invasione, conferendo poteri ai superstiti della Repubblica Napoletana ed ai più integerrimi notabili del regime borbonico e mantenendo un occhio di riguardo per le istituzioni preesistenti la sua venuta, cosa poco gradita al seguito francese che fu messo in disparte.
Giuseppe Napoleone comprese subito che era tempo di radicali cambiamenti nel Regno. A lui va il merito dell’abolizione della feudalità, l’istituzione del Tesoro Pubblico, l’applicazione del Codice Napoleonico e la creazione della Corte di Cassazione. Lo Stato fu diviso in province, distretti, e comuni. Si istituì la Scuola Militare e la Scuola Politecnica. Grande attenzione fu posta per l’educazione e le belle arti con l’Accademia di Antichità, Scienze ed Arti, la Scuola di Arti e Mestieri, e la Scuola per i sordomuti.
Giuseppe Napoleone rimase a Napoli sino al 6 giugno 1808 quando con Decreto Imperiale di Bayonne fu nominato re di Spagna e delle Indie spagnole.
Il 15 luglio1808 l’imperatore Napoleone incorono il cognato, il maresciallo Gioacchino Murat, granduca di Berg e Cleve, re del Regno delle Due Sicilie. Murat regnerà con alterne fortune sino alla caduta dell’Impero francese.
Giuseppe Napoleone assunse il titolo di re di Spagna nel giugno 1808 per nomina imperiale sino al 11 dicembre 1813 quando con il trattato di Valencay rese la corona a Ferdinando VII. In seguito alla caduta dell’Impero ed alla pace di Parigi emigrò negli Stati Uniti d’America per 17 anni sino al 1832 e rientrò in Europa per cinque anni trasferendosi in Inghilterra, poi nuovamente negli Stati Uniti per due anni (1837–1839), ancora in Inghilterra tra 1839 ed il 1841 quando decise di trasferirsi prima a Genova e poi a Firenze in via definitiva. Si spense nella città toscana il 28 luglio 1844.
La Monetazione
Con il decreto n. 10 del 12 gennaio 1807 si stabilì di coniare monete in oro, la doppia da sei ducati pari a 600 grana, l’oncia da tre ducati; in argento la piastra da 12 carlini, la mezza piastra da 6 carlini, 4 carlini, 3 carlini, il tarì da 2 carlini ed il carlino con peso e titolo identici a quelli già in vigore con il sistema borbonico.
Le impronte erano di due soli tipi e si adattavano sia alla coniazione in oro sia a quella in argento.
La doppia ha l’effige di Giuseppe Napoleone al diritto, e la leggenda IOSEPH NAPOL. D. G. UTR. SICIL. REX . Al rovescio le armi reali di Napoli con leggenda PRINC. GALLIC. MAGN. ELECT. IMP. indicazione del millesimo e del valore. L’oncia ha il medesimo diritto della doppia ma ne varia il rovescio con l’aquila allo scudo. Nelle monete d’argento da 12, 6, 4, e 3 carlini le impronte sono come nelle doppie. Il tarì ed il carlino mantengono lo stesso diritto ma al rovescio varia lo scudo delle armi. Da notare che l’editto ristabiliva il corso delle pezze da 3 e 4 carlini che i Borbone avevano smesso di coniare già dal 1735. Le monete avrebbero dovuto corrispondere per titolo, peso e diametro a quello borboniche.
Del decreto, che non ebbe mai piena attuazione, è battuta solo la piastra da 120 grana, dal 1807, anche se le prime e più rare sono datate 1806. La moneta reca al diritto l’effige del sovrano volto a sinistra, ed al rovescio il nuovo stemma del Regno delle Due Sicilie fiancheggiato da due sirene.
Ad oggi non si ha notizia di altri nominali battuti nel periodo da Giuseppe Napoleone.
La monetazione di Giuseppe Napoleone potrebbe pertanto sembrare statica come tipologia, eppure è ricca di almeno 10 varianti principali nei tre anni di coniazione.
Il libro di Pannuti e Riccio, testo di riferimento per la monetazione napoletana pubblicato nel 1984, a pagina 265 liquida le varianti con la nota numero 1: Esistono numerose, piccole varianti di conio, riguardanti la capigliatura ed il collo del sovrano.
Il Pagani, invece, nell’edizione Ratto del 1982, elenca quattro tipi in tutto, tre per gli anni di coniazione (1806, 1807, e due per il 1808). Per l’autore le varianti di conio sono secondarie e scrive: esistono altre varianti particolarmente nel numero e nella disposizione delle rosette che intercalano la dicitura del contorno.
Le varianti primarie e secondarie di conio che elenco, spero possano aumentare l’interesse dei collezionisti del Regno delle Due Sicilie per la monetazione di Giuseppe Napoleone.
Intendo per varianti primarie le evidenti differenze nei particolari dell’effige (al diritto) o dello stemma (al rovescio), che pertanto incidono artisticamente e sullo stile della moneta. Per secondarie intendo le varianti relative a leggenda, punteggiatura, data e valore. Le varianti secondarie non alterano il senso artistico della moneta.
………. continua:
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One Comment
michele la manna
comlimenti ,il suo studio sulle monete di giuseppe napoleone per il regno delle due sicilie e grandioso un grazie michele la manna