di Corrado Marino
IN UN BELLISSIMO BIGLIETTO DEL 1942, ARABI, AFRICANI E INDOCINESI ACCOMUNATI SOTTO LA BANDIERA FRANCESE.
Per molti Paesi, le banconote costituiscono un mezzo importante per diffondere presso la popolazione nazionale e gli stranieri che se le trovano tra le mani, una immagine positiva di sé, della propria cultura e dei valori politici e civili ai quali lo Stato si ispira. Tra questi c’è senz’altro la Francia, la cui carta moneta è assai apprezzata dai collezionisti per almeno tre motivi e cioè:
• la maestria dei suoi incisori, capaci di realizzare soggetti eleganti ed armoniosi;
• la bellezza dei colori, vivaci senza mai risultare chiassosi, e con una grande varietà di toni e sfumature;
• l’elevata qualità della carta, assai sottile eppure molto resistente all’usura.
Tra le numerose emissioni che si sono susseguite fino all’introduzione dell’euro, una menzione particolare merita a nostro avviso il biglietto da 5.000 franchi (P. 42) emesso dalla Banque de France dal 1942 al 1947. Esso costituisce un’efficace rappresentazione pittorica della Grandeur, che contraddistingue la cultura d’Oltralpe almeno dai tempi del re Sole, insieme all’idea della missione civilizzatrice che la Francia si era attribuita nel suo vastissimo impero coloniale. Certo le colonie erano considerate, dai paesi europei che le possedevano, un serbatoio di materie prime e di manodopera a basso costo e, in qualche caso, anche di soldati da mandare in guerra, e la Francia non faceva eccezione.
Portare la lingua e la cultura francese in tutto il mondo
Per i governi di Parigi c’era però anche l’idea che il vero compito di importanza storica fosse quello di portare in tutto l’Impero, attraverso la lingua francese, i valori della sua antica e gloriosa civiltà, che aveva raggiunto l’apice con la Rivoluzione del 1789, determinando una straordinaria svolta in tutto il mondo. In quest’opera va dato atto ai francesi che non ci fu mai un atteggiamento razzista (che, invece, era talvolta presente presso l’amministrazione coloniale britannica). Il giovane tonkinese, quello arabo o dell’Africa nera che vediamo sulla banconota, se avessero appreso la lingua dell’Impero e assimilato i principi alla base della cultura francese, avrebbero potuto raggiungere qualsiasi gradino della scala sociale. Nessuno avrebbe perciò negato loro l’accesso alla Sorbona o all’Accademia di Francia a causa del colore della pelle o degli occhi a mandorla, a patto naturalmente di… francesizzarsi 1. Osserviamo nella banconota, al centro, una figura femminile con alle spalle dei tricolori al vento, un bell’ovale del viso e la fronte alta, pettinata come era di moda negli anni Trenta e Quaranta, con la riga al centro; davanti a lei, un gradino più sotto, ma con i volti egualmente fieri e uno sguardo intenso, tre figure maschili: un nero dell’Africa occidentale o equatoriale, un arabo del Maghreb, un asiatico del Sud-Est 2. Certo, questi appaiono più in basso della figura centrale che li sovrasta ma se continueranno a restare sotto l’ala protettrice della Francia e ne faranno propria la cultura, potranno anche elevarsi allo stesso livello… o quasi.
Il colonialismo francese e quello inglese a confronto
Ben diverso era il modo di vedere il colonialismo da parte degli inglesi, che non volevano anglizzare nessuno e che concedevano alle colonie, quando possibile, lo Home Rule (autogoverno interno) sotto una classe dirigente locale 3, riservando per il governo di Sua Maestà le questioni principali, e cioè la politica estera, la difesa, le finanze, la sicurezza delle rotte navali, l’approvvigionamento delle materie prime (e, su queste, gli indigeni non avevano voce in capitolo). Perciò un keniano, un malese o un indiano non avrebbero mai potuto diventare qualcosa di simile ad un inglese della City o ad un gentiluomo di campagna. L’esempio più importante riguardava l’India, dove i locali vivevano sotto i Raja che erano rimasti sui loro troni come al tempo dei Moghul, vincolati a un rigido sistema castale che gli inglesi non tentarono nemmeno di mitigare, disinteressandosi completamente delle questioni “dei nativi” 4. Le scuole avrebbero dovuto preparare soprattutto i tecnici, che sotto lo sguardo vigile del governo inglese dovevano far funzionare le fabbriche, le ferrovie, le dogane, e garantire l’ordine pubblico, rimanendo però sempre in posizione subalterna.
Svanisce il sogno della grande unione francese
I tre giovani che compaiono nella nostra banconota sono perciò il simbolo di quella vasta associazione di popoli diversi che avrebbero dovuto costituire l’Unione Francese, con al centro naturalmente la madrepatria, orgogliosa del suo ruolo di civilizzatrice che avrebbe conservato anche quando i diversi paesi avrebbero gradualmente raggiunto una maggiore autonomia.
In pochi anni però, dopo la fine della Seconda guerra mondiale, tutto l’edificio andò in pezzi. I primi ad infrangere il sogno della Grandeur francese furono i vietnamiti. I giovani, come quello che compare nella banconota, voltarono infatti le spalle alla Francia attratti dall’ideologia marxista e anticolonialista impersonata da Ho Chi Minh5e dal movimento Viet Minh. Questo diede vita ad una vasta insurrezione popolare, infliggendo al governo di Parigi la disfatta di Dien-Bien Phu (maggio 1954), che mise fine alla presenza francese in tutta la regione.
Più o meno negli stessi anni, il giovane maghrebino preferiva seguire le idee anticolonialiste del leader egiziano Nasser e le infiammate prediche dei mullah che vedevano, nei modi di vita dei francesi e degli arabi che vi si adeguavano, una forma di corruzione e di immoralità, rappresentata dall’alcol, dalla libertà dei costumi, dalla “innaturale” parità tra uomo e donna, tutti principi in contrasto con il Corano. Scoppiò così la rivolta in Algeria e la Francia fu costretta ad ammettere che il suo ruolo civilizzatore anche in nord Africa non era stato accettato, e dovette abbandonare il Maghreb6. Del quadro idilliaco dei popoli diversi sotto l’ala protettiva della Francia e del tricolore, restava solo il giovane dell’Africa nera, che di lì a poco avrebbe a sua volta preso la strada dell’indipendenza.
Francia e Inghilterra dovevano ormai accettare la fine del colonialismo, pur senza rinunciare a qualche forma di controllo sulle ex-colonie, soprattutto quelle ricche di materie prime, dando vita al fenomeno neo-colonialista, che però ben poco aveva a che vedere con i sogni di Grandeur rappresentati dal biglietto da 5.000 franchi del 1942-’47. A proposito di questo, aggiungiamo che, come è usuale nella monetazione cartacea francese, il verso riprende quasi esattamente il disegno del recto, ovviamente in modo speculare; in questo caso, però, al verso la figura che rappresenta la Francia è sola al centro del disegno, senza gli abitanti delle colonie, con sullo sfondo due bei paesaggi litoranei che potrebbero essere uno (quello con scogliere rocciose) della Bretagna, e l’altro (quello con il porticciolo), della Costa Azzurra.
La Grandeur malgrado l’occupazione tedesca seguita alla umiliante sconfitta del 1940
La banconota che stiamo esaminando presenta un altro spunto di interesse storico, e cioè la data della prima emissione, il 5 marzo 1942, quando da quasi due anni la Francia era in parte occupata dalla Germania e in parte governata dai collaborazionisti di Vichy, e le sue glorie passate parevano ormai tramontate. I tedeschi, che controllavano anche la Banque de France, non ebbero comunque nulla da obiettare per l’emissione di una banconota che celebrava il ruolo di potenza imperiale e civilizzatrice della Francia7. Per Hitler contava solo il dominio sull’Europa, mentre poteva anche accettare che la Francia, o meglio quello che ne restava, continuasse a esercitare un ruolo imperiale su popoli di razza inferiore, tanto inferiore che la Germania non doveva nemmeno venirne a contatto. E quanto detto per la Francia sconfitta, valeva anche per l’Inghilterra, che i nazisti ritenevano fosse prossima alla capitolazione.
L’ultima considerazione è di carattere collezionistico: il pezzo si trova facilmente sul mercato e può essere acquistato per meno di 100 euro in conservazione BB, con i consueti fori di spillo, presenti purtroppo su gran parte della cartamoneta francese. Se, invece, si vuole un biglietto in perfette condizioni, allora la somma da pagare sale a 250-300 euro, senza sostanziali differenze in base alla data di emissione e alle firme presenti sul biglietto.
Note
- L’esempio più famoso è quello di Léopold Sédar Senghor, poeta e uomo politico del Senegal, di cui fu presidente tra il 1960 e il 1980, che seppe unire l’orgoglio per la négritude con l’adesione alla cultura francese e fu il primo africano a divenire Accademico di Francia. ↩
- La Francia possedeva vastissimi territori in Africa, divisi nelle colonie dell’Africa occidentale e dell’Africa equatoriale, nel Maghreb e nel Sud-Est Asiatico, più il Madagascar e alcuni gruppi di isole, soprattutto nel Pacifico, con una superficie complessiva pari a quasi 25 volte quella della madrepatria. ↩
- Ciò valeva soprattutto per i territori abitati in prevalenza da bianchi, come Canada, Australia, Nuova Zelanda e Sud Africa (dove i bianchi erano in minoranza ma governavano incontrastati). ↩
- Fa eccezione il “Sati”, sacrificio rituale, sul rogo, delle vedove, che il governatore britannico Sir William Bentinck vietò nel 1828, in quanto pratica crudele e disumana. ↩
- Ho Chi Minh visse e studiò per parecchi anni a Parigi venendo a contatto con i comunisti francesi, e lo stesso accadde per il leader cambogiano Pol Pot, che tra il 1975 e il 1979 diede vita a uno dei regimi più sanguinari della storia. ↩
- Il processo fu reso difficile dalla presenza in Algeria di oltre un milione di francesi in gran parte nati in Nord Africa, noti come pieds noirs, che si opposero in ogni modo alla fine della presenza francese ma poi dovettero cedere. ↩
- In Polonia, invece, le autorità occupanti obbligarono l’istituto di emissione a togliere dalla circolazione le banconote che recavano i ritratti degli eroi nazionali Poniatowsky e Kosciuszko. ↩