LE FIRME CHE COMPAIONO SU UN BIGLIETTO DEL BANCO DI NAPOLI NON SONO LE STESSE RIPORTATE SOLITAMENTE SUI CATALOGHI.
di Giovanni Carannante
Nella metà dello scorso anno ho notato un biglietto del Banco di Napoli da 500 lire con data 1/04/1885 (fig. 1) e con sommo stupore ho constatato che alcune firme erano diverse da quelle riportate su alcuni cataloghi.
Devo dire che una banconota del 1885 non l’avevo mai vista nel corso dei miei quarant’anni di collezionismo. Subito pensai si trattasse di una variante di firme (ritenendo sempre esatte le firme dei cataloghi, che riportano Pignataro, Cannaveri e Giannini, le stesse dell’emissione precedente: 1881); la prima firma “il ragioniere”, “cat. Pignataro”, sono riuscito subito a decifrarla perché è la stessa dell’emissione del 1877 (Ascione).
Per il “cassiere” invece, ho dovuto fare delle ricerche. Iniziai con il nome , che poteva essere Federico e poi un certo Gialanzè (con zeta lunga, come la scriveva mio padre, fig. 2).
La cosa mi incuriosì molto e pensai di recarmi all’Archivio storico del Banco di Napoli per avere delle conferme sul nome decifrato. A proposito del Banco, nello scorso novembre lo storico Banco di Napoli è stato inglobato dal gruppo Intesa Sanpaolo; dopo la svendita avvenuta alla fine degli anni ’90, il Banco di Napoli perse anche il suo nome: dopo 500 anni di storia calò definitivamente il sipario. A tal proposito è doveroso compiere un excursus storico di questo prestigioso Banco che è stato uno dei primi al mondo.
Nel settembre del 1860 venne discusso un grave argomento: il progetto di istituire una sede della Banca Nazionale nelle provincie meridionali e propriamente a Napoli; il disegno era stato attuato nell’agosto del 1861 col decreto che aveva autorizzato la Banca Nazionale ad aprire sedi e succursali nelle principali città delle provincie napoletane. Nello stesso tempo numerose e autorevoli voci (Scialoja, Nisco, Cavour, Nigra) avevano reclamato la soppressione del Banco di Napoli. «Il banco delle Due Sicilie», scriveva Sacchi a Cavour il 9 maggio del 1861, «vieta istituzione», «dovrà cadere, collo svolgersi degli istituti di credito, reclamati dai bisogni dei tempi». Né si trattava di convincimenti personali di uomini politici isolati. Quelle opinioni precipitano in disegni legislativi: infatti, dal 1860 al 1863, a varie riprese, fu compiuto il tentativo di distruggere il Banco, prima con una proposta d’inglobamento nella Banca Nazionale, poi con la soppressione della Cassa di Sconto, che equivaleva a sottrargli, indirettamente, le possibilità di esistenza; infine col progetto di riduzione a semplice Monte dei pegni.
Gli unici istituti di credito ad emettere moneta cartacea sopravvissuti al famoso consorzio 1874 e ancora dopo la nascita della Banca d’Italia (10 agosto 1893) furono il Banco di Napoli, di Sicilia e la Banca d’Italia. Solo nel 1926 i due istituti meridionali hanno perso il privilegio delle emissioni.
Torniamo dove eravamo rimasti. All’archivio (così mi hanno riferito) non ci sono riscontri sulle firme, mancano addirittura esemplari per le singole emissioni; infatti, le foto date alla Banca Popolare di Novara, nel suo centenario, sono esemplari campione. Mi feci portare l’elenco del personale in ordine alfabetico che aveva operato nel Banco verso la fine dell’Ottocento e alla lettera F trovai due Federico Gialanzè; il primo non poteva essere in quanto aveva iniziato nel 1897, il secondo sicuramente era lui:
1836-1905, il 9/8/1886 fu «promosso ragioniere di III classe, capo della II sezione della contabilità generale» (fig. 3).
I biglietti furono fabbricati dalla Bradbury Wilkinson di Londra, 50.000 serie per l’emissione del 1885, l’equivalente di 25 milioni (fig. 4), contraddistinte dalle lettere A/A e A/E; l’emissione del 1888, contraddistinta dalle lettere A/F e A/ K, recava sempre la stessa data 1/04/1885. Fu commissionata probabilmente da un altro Consiglio del Banco che ne determinò la fabbricazione di altri 25 milioni per 50.000 serie.
La mia ricerca fu completata quando, rovistando tra i miei vecchi prezzari di banconote, cataloghi di aste e di foto, trovai una immagine di 500 lire del 1885 con le stesse firme e con le lettere di serie AG (fig. 5), che mi fece concludere che si trattava dell’emissione del 1888 con le stesse firme.
Abbiamo constatato, quindi, che le le due emissioni (1885-1888) recano le firme “Ascione”, “Cannaveri”, Gialanzè”.
Mi domando come mai alcuni cataloghi abbiano riportato per anni o qualche decennio firme diverse; probabilmente i curatori non hanno mai avuto l’opportunità di vedere un esemplare dell’emissione 1885-1888, altrimenti li avrebbero aggiornati.
Un altro problema che vorrei sollevare riguarda il taglio da 1.000 lire, emissioni 1885 (25 mila biglietti) e 1888 (25 mila biglietti), aventi anche loro la data 1 aprile 1885; a questo punto deduco che abbiano le stesse firme già descritte del 500 lire; per il momento però non ho nessun riscontro fotografico in merito.
Aspetto che con la pubblicazione di questo articolo, qualche collezionista o commerciante possa contribuire con qualche immagine a colmare questo vuoto di emissioni e di firme.
Bibliografia
Domenico Demarco, Il Banco delle Due Sicilie, in Storia del Banco di Napoli, vol. II, 1958, p. 452.