Atti dell’incontro di Studi, Museo Civico Archeologico O. Nardini di Velletri
Nel 2012 sul Colle Iano, nei Colli Albani, è stato rinvenuto un ripostiglio, certamente però non intatto, contenente 58 monete di età medievale. Le emissioni più antiche sono costituite da due agontani, uno di Ancona e uno di Rimini, la cui datazione risale tra la fine del Duecento e gli inizi del secolo successivo, e un gigliato napoletano a nome di Carlo II d’Angiò (1285-1309) databile tra il 1303 e il 1309. Vi erano poi altri gigliati battuti a nome di Roberto d’Angiò (1309-1343) sia coevi che postumi. Considerato il luogo di rinvenimento, non potevano mancare emissioni papali o romane. Vi erano infatti dei grossi del Senato romano e altri grossi pontifici battuti ad Avignone a nome di Urbano V (1362-1370). Presenti anche poche monete d’oro: due ducati veneziani a nome di Giovanni Soranzo (1312-1328) e Bartolomeo Gradenigo (1339-1342), un fiorino di Firenze con il simbolo della croce piana databile al II semestre del 1343, un ducato ungherese di Luigi I d’Angiò (1342-1382) e un fiorino della città tedesca di Lubecca.
Il volume comprende diversi contributi di carattere storico e archeologico locale. L’analisi più propriamente numismatica è stata svolta da Lucia Travaini che ha studiato il ripostiglio nel contesto monetario del Trecento.
L’autrice ha esaminato una per una le monete rinvenute soffermandosi in particolare sui cosiddetti grossi romanini d’argento che hanno al diritto la leggenda senatvs popvlvs q r intorno a un leone gradiente a sinistra con stemma di alcune grandi e potenti famiglie nobili romane dell’epoca. Al rovescio hanno invece la leggenda roma capvt mvndi con la personificazione di Roma seduta in trono di fronte con globo. Viene quindi tracciata una storia di questa moneta di cui davvero poco si sa per scarsità di ripostigli e documenti d’epoca.
Particolare attenzione è stata data ai gigliati o carlini napoletani che costituivano il grosso della circolazione argentea nella Roma della metà del Trecento. Abbondantissimi fino al 1380 circa, dopo quella data la zecca di Napoli sembra avere un rallentamento nella produzione. Questa fu forse la ragione della ripresa sotto Bonifacio IX (1389-1404) a Roma dell’emissione di grossi papali di tipo avignonese che si equiparavano per peso e valore ai gigliati.
Con questo excursus nella monetazione trecentesca, il libro si impone agli studiosi specializzati come utilissimo strumento di indagine non tanto per la consistenza del rispostiglio, abbastanza modesta, quanto piuttosto per i commenti e gli spunti sulla circolazione monetaria in quel secolo.
IL TESORO DI COLLE IANO
ATTI DELL’INCONTRO DI STUDI MUSEO CIVICO ARCHEOLOGICO O. NARDINI DI VELLETRI
a cura di Flavio Altamura
Edizioni Quasar
Roma 2018
pp. 144
21 x 29,7 cm
34 euro
info: qn@edizioniquasar.it