di Giuseppe Carucci
QUANDO UNA MONETA HA SUCCESSO SUL MERCATO E’ MOLTO PROBABILE CHE VENGA IMITATA IN ALTRI STATI CHE NE ADOTTANO ANCHE IL NOME. COSI’ POSSIAMO TROVARE IL TERMINE GROSSO PERSINO NELLA MONETAZIONE DELLA LONTANA RUSSIA.
Il termine grosso deriva dal latino grossus, cioè grande. Nella circolazione monetaria dell’Europa occidentale esso comparve nel periodo di dissoluzione del denario medioevale d’argento, quando in sostituzione di esso comparvero monete di maggiori dimensioni che presero il nome di grossi.
Monete con il nome di denaro grosso comparvero in Italia verso la fine del XII secolo. Ad esempio a Genova nel 1172 si coniarono grossi del peso di 1,46 grammi. Stessa cosa successe a Milano, Firenze, Venezia dove si iniziò a coniare, probabilmente a partire dal 1202, il famoso grosso matapan durante il dogato di Enrico Dandolo (1192-1205), del peso di 2,178 grammi e avente un titolo d’argento molto alto, ben 965 millesimi (fig. 1). Tra l’altro il 1202 segna l’inizio della prima Crociata.
A secondo della città dove veniva coniato il grosso assumeva nomi diversi come ambrogino, carlino, gigliato ed il bolognino (fig. 2) di peso oscillante intorno a 1,40 grammi. In seguito, per soddisfare le sempre maggiori esigenze del commercio, che si stava svegliando dal lungo torpore medioevale, si presero a coniare grossi più pesanti. In Francia Ludovico IX nel 1266 iniziò a battere il gros tournois del peso di 4,52 grammi e ad alto titolo d’argento (fig. 3). Il grosso di questo peso si diffuse in molti paesi.
In Inghilterra, con Edoardo III (1327-1377), si iniziarono a coniare nel 1351 monete simili, dette groat e le loro metà, half groat, del peso di 4,57 grammi e 2,22 grammi rispettivamente (fig. 4).
Sempre per esigenze commerciali il gros tournois francese fu coniato per molto tempo in Lotaringia e nei paesi olandesi ed in questo modo il grosso del tipo di Ludovico IX si diffuse in tutti i territori tedeschi.
Tra la fine del XIII e l’inizio del XIV secolo anche il re ceco Vazlav III coniò il suo grossus praghensis. Il grosso praghese (fig. 5), coniato con l’argento estratto nelle miniere boeme e prodotto a Kutna Hora ove aveva sede l’unica zecca del regno, divenne presto moneta molto diffusa nei paesi limitrofi. Vazlav III si avvalse dell’opera dell’avvocato italiano Gozzo d’Orvieto il quale creò un codice, il Jus regale montanorum che regola l’estrazione mineraria e costituisce, tra l’altro, un codice del lavoro molto avanzato per l’epoca. All’inizio della sua coniazione il grosso praghese pesava 3,7 grammi ma in seguito si registrarono diminuzioni di peso con Carlo IV e Vladislao II.
Anche la vicina Ungheria prese a coniare grossi ad imitazione di quelli praghesi nella zecca di Kremniza ed in Polonia fu Casimiro III (1333 – 1370) che ne iniziò la coniazione a Cracovia.
In alcuni territori a ovest e a sud di Mosca, delimitati dalle città di Polozk, Kalinin, Riazan e Perejaslav-Khmelnitski, iniziarono a circolare grossi praghesi i quali entrarono in territorio russo attraverso la Lituania tra il XIV e il XV secolo. La loro circolazione fu tutto sommato limitata ma lasciò comunque il segno nella linguistica dato che questo termine, grosso, estraneo alla lingua russa fu impiegato molto tempo dopo quando nel 1727 furono coniate due varianti di una moneta con questo nome, con tondello stretto in unico esemplare (fig. 6) e con tondello largo in alcuni pezzi (fig. 7).
Queste due varianti di grosso, insieme alla moneta da 3 copechi coniata in unico esemplare nello stesso anno, facevano parte di un progetto poi non portato a termine, avente lo scopo di rimediare alla penuria di monete spicciole per mezzo della coniazione di monete di valore inferiore al grivna (10 copechi). Se la variante con tondello stretto pesava 0,80 grammi e aveva un titolo di 420 millesimi, quella con tondello largo aveva un peso di 1,27 grammi ma soltanto 200 millesimi d’argento e quindi si deve parlare per ambedue di monete di mistura, a differenza del 3 copechi che di argento nella lega ne aveva molto di più. In precedenza, nel 1724 fu coniato anche il grosso di puro rame del peso di 8,19 grammi (fig. 8 ) mentre il 1727 è il millesimo in cui venne coniata l’ultima moneta, sempre in rame, con questo nome (fig. 9). Il grosso valeva 2 copechi.
In realtà, dopo l’annessione della Polonia decisa dal Congresso di Vienna del 1815, furono coniate monete con questo nome in rame e argento ma destinate alla circolazione solo in territorio polacco e stesso discorso vale per i grossi coniati verso la metà del Settecento, precisamente negli anni 1759, 1760, 1761 e 1762, per i territori occupati della Prussia.
Oggi non ci sono in Russia monete coniate con questo nome, che tuttavia risuona ancora in alcuni detti popolari che continuano a circolare nel linguaggio corrente. Uno di questi detti suona, nella trascrizione in lettere latine: ni groscià ne stoit, e si dice di una cosa che vale poco o niente poiché non costa neanche un grosso.