
Ritratto del Principe Siro all'età di 19 anni quando era ancora un conte e non principe come indicato nella scritta della parte superiore.
di Lorenzo Bellesia
In Cronaca Numismatica di luglio (del 2003 NdR) Demofilo parla di una curiosa moneta di Correggio di cui sarebbe stata male interpretata la leggenda del rovescio. Si tratta di un soldo (per il momento lasciamo questa definizione) che al diritto presenta la leggenda SYRVS AVSTRIAC CORR DNS con la testa del principe a destra ed al rovescio la leggenda SIGNAT GRATIOSA NOM con un cuore trafitto da quattro frecce.
Demofilo se la prende con Ravegnani Morosini che ha riportato una traduzione della leggenda del rovescio visibilmente sbagliata: la graziosa moneta indica (GRATIOSA NOMismata SIGNAT) il dolore per le accuse (sottinteso). In realtà, osserva Demofilo, NOMISMATA è complemento oggetto, il soggetto è Siro il quale CONIA GRAZIOSE MONETE, ossia monete che godono credito. E’ una chiara risposta alle accuse mossegli di contraffare le monete. E’ questa l’interpretazione giusta, riportata in alternativa da Ravegnani Morosini e già indicata correttamente da Bigi.
Detta così perentoriamente quest’interpretazione non lascerebbe adito a dubbi ma, esaminando bene la faccenda, il senso sembra molto stiracchiato. Andiamo comunque con ordine partendo da Quirino Bigi che nel 1870 descrisse questo pezzo al n.86 come monetuccia di rame, del valore di un sodo che sarebbe stata battuta con riferimento all’accusa rinnovatasi dalla Corte Imperiale nel 1629 contro il Principe Siro per l’adulterazione delle monete. Non ci fu nessun commento ulteriore nel CNI dove fu supinamente accettata la definizione di soldo.
Ora però analizziamo la leggenda del rovescio esaminando parola per parola l’interpretazione data da Demofilo il quale, lo ricordiamo, propone signat gratiosa nomismata cioé conia graziose monete con Siro come soggetto sottinteso.

Presunto soldo di Siro di Correggio. Se ne conoscono pochi esemplari che, almeno quelli censiti, provengono da una sola copia di coni.
Signare è verbo che si può accettare nell’accezione di coniare ma all’epoca i documenti ufficiali della Camera Imperiale, documenti redatti da persone che il latino lo conoscevano molto bene, citavano lo ius cudendi oppure lo ius monetandi, e non lo ius signandi.
Per quel che riguarda l’aggettivo gratiosa basta dire che la moneta, sempre secondo i documenti ufficiali, doveva essere bona, sincera et iusta e non si parla certo di moneta gratiosa!
La versione nomismata invece del ben più ovvio e naturale moneta è poi la definitiva conferma della forzatura cui va incontro la traduzione avallata da Demofilo. Oltre ai documenti dell’epoca, lo dicono le stesse monete correggesi dove si legge sempre MONETA NOVA e non certo NOMISMATA NOVA. Si vedano infatti proprio le imitazioni e le contraffazioni che portano il nome di Siro e che sarebbero state il motivo delle accuse verso il principe.
Insomma, sequesta presunta emissione fosse stata intesa da Siro come un messaggio rivolto ai suoi accusatori ed all’imperatore perché allora si sarebbero usati termini del tutto diversi da quelli ufficiali? Non sarebbe stato forse più ovvio e corretto, sia dal punto di vista giuridico che da quello linguistico, scrivere CVDET BONAM MONETAM?
L’interpretazione di Demofilo non regge neppure interpretando il cuore trafitto. Va bene che Siro fosse un tipo originale, ma tale soggetto non sembra opportuna per una moneta volta ad esprimere il dolore del principe per le accuse ricevute! Perché Siro avrebbe dovuto scegliere un messaggio ed una iconografia così strani? Era forse innamorato dell’imperatore e si sentiva respinto?
Ecco quindi, riassumendo, i motivi per cui questa traduzione non è assolutamente attendibile:
a) le parole utilizzate sono del tutto inusuali rispetto al linguaggio giuridico ed all’epigrafia numismatica;
b) il soggetto del rovescio non si addice per nulla ad un sentimento di dolore, piuttosto è la chiara e quasi banale manifestazione di un innamorato;
c) se il messaggio era rivolto all’imperatore e/o ai detrattori di Siro accusato di aver coniato moneta falsa o calante, perché batterne una di rame? Non sarebbe stato più ovvio produrne di importanti e di alto valore da far circolare fra coloro che avevano lanciato le accuse?

C'è chi ha proposto il nome della moglie di Siro, Anna Pelloni, per la donna raffigurata in questo dipinto eseguito da un ignoto pittore di scuola fiamminga. L'attribuzione è però dubbia.
In realtà il soggetto del rovescio da tempo è stato interpretato correttamente da Ugo Bizzarri il quale ebbe una felicissima intuizione nel notare che le frecce che attraversavano il cuore non sono disposte a caso, ma formano il monogramma del nome ANNA essendo chiaramente distinguibili sia la A che la N. Anna Pelloni, o Pennoni, era una fanciulla di cui Siro si era invaghito e che egli volle sposare in gran segreto il 3 febbraio 1621 nonostante da più parti gli giungessero consigli per un matrimonio utile e ricco.
Segue articolo completo in formato PDF tratto da Panorama Numismatico n.177/settembre 2003