Reggio Emilia
Con lettera del 7 marzo 1502 il duca Ercole I concedeva ai Reggiani di battere monete da un soldo, 2 soldi e testoni da soldi 7 e denari 3 per potere meglio satisfare ale entrate nostre. Il testone doveva essere una moneta nova ala bontade et peso del testone ferrarese cioe carati ventiuno. La precisa descrizione40 fatta nella lettera, che cioè la moneta avrebbe dovuto avere da un lato il ritratto ducale, la testa nostra cum la breta in capo, ed al rovescio lo stemma della comunità, non lascia dubbi sull’identificazione (fig. 11). La medesima moneta si coniò a nome di Alfonso I come sopra ricordato a proposito della concessione fatta dal duca alla città di Modena (fig. 12).
In due elenchi41 di monete databili il primo al 1496 ed il secondo al 1502 i testoni ferraresi ed i bussolotti mantovani sono tariffati a 7 soldi e 3 denari, i quarti milanesi, mantovani e ferraresi 18 soldi e 3 denari mentre per il 1496 il fiorino viene riportato a 3 lire e 15 soldi.
Verona
Il CNI tra le monete battute a nome dell’imperatore Massimiliano a Verona annovera una lira o testone ed una mezza lira. Il termine lira è stato proposto dallo Zanetti che commentava il trattato Della zecca di Verona e delle sue antiche monete opera di monsignor Gio: Jacopo marchese Dionisi42. Osservando che la moneta d’argento più grande aveva un peso uguale a quello delle oselle veneziane e che la lira veronese corrispondeva ad una lira ed un terzo della veneziana, lo Zanetti ritenne che la prima fosse la lira veronese e l’altra moneta d’argento più piccola fosse la mezza lira.
In realtà non so se la prima moneta avesse avuto in Verona, all’epoca dell’emissione, cioè tra il 1516 ed il 1517, il valore nominale di una lira, ma è comunque certo che quella moneta era un quarto con le medesime caratteristiche dei quarti mantovani e ferraresi. L’altra moneta non è poi un mezzo testone perché il suo peso non è assolutamente coerente43, bensì si tratta di una emissione analoga ai grossoni ferraresi e ai bussolotti mantovani (fig. 13). Ce lo conferma una tariffa mantovana del 14 gennaio 151844 che menziona i quarti, e bussolotti della Cesarea Maestà battuti in Verona la cui circolazione era consentita al pari di tutte le consuete emissioni in particolare mantovane, ferraresi e veneziane.
Roma
La riforma monetaria istituita da Giulio II col motu proprio del 20 luglio 1504 prevedeva l’emissione di una moneta d’argento, il giulio (fig. 14), del peso di 3,95 grammi e titolo di 920 millesimi45. Il cardine di questa riforma era il legame tra la nuova moneta d’argento ed il ducato d’oro di camera per cui 10 giuli dovevano equivalere ad un ducato. Questa equivalenza tuttavia durò pochissimo. Ad esempio, ricorda l’Affò46 che il giulio fu coniato anche a Parma nel 1504 ma il suo valore avrebbe dovuto essere di 9 soldi e mezzo se 10 giuli dovevano equivalere ad un ducato che allora era tariffato 4 lire e 15 soldi. Invece era stato tariffato 9 soldi e questa valutazione inferiore ci viene confermata, come si vedrà, da tariffe mantovane.
Sebbene diverso per lega, peso e diametro, il giulio fu subito eguagliato al grossone perché aveva praticamente lo stesso contenuto di fino. Infatti:
Moneta | Peso | Titolo | Fino |
Giulio | g 3,95 | 920 | 3,63 |
Testone | g 3,91 | 948 | 3,71 |
Per esempio la tariffa ferrarese del 1526 valuta insieme li testoni ferraresi, mantuani vechi, julii seu testoni papali vecchi battuti in Roma, testoni modonesi, et regiani vecchi de bon argento a 6 soldi e 10 denari. Sono anche citati li mezzi julii seu testoni papali battuti in Roma de bon argento e peso esattamente alla metà.
Bologna
Con deliberazione47 del 17 novembre 1508 a Bologna si decise di battere il giulio (fig. 15) al valore di 7 soldi ricordando che in quel momento 10 giuli equivalevano ad un ducato. Questo giulio però era decisamente più pesante di quello romano, 4,46 grammi, perché coniato alla lega di Bologna di 820 millesimi, ma il contenuto intrinseco delle due monete era praticamente lo stesso.
Nella tariffa mantovana del 14 gennaio 1518 sono citati i bussolotti, e da due di Papa Leone di buon argento ed i mezzi bussolotti che dovrebbero essere ancora dei giuli emessi a nome del nuovo pontefice. A seguito di nuove disposizione impartite nel 1519 a Bologna furono battute delle nuove monete, chiamate leoni, alla lega di Roma ed al peso di 3,78 grammi di cui 10 dovevano formare un fiorino di camera del peso di 3,39 grammi48. Il contenuto di fino della nuova moneta, 3,47 grammi, era quindi sensibilmente distante dai vecchi testoni.
Parma
La grida49 mantovana del 29 aprile 1528, oltre ai bussolotti mantovani, ferraresi, bolognesi e papale, tariffati 10 soldi e mezzo, cita il bussolotto parmigiano a 10 soldi soltanto. Lo stesso è ripetuto nella grida del 9 dicembre sempre del 1528. I bussolotti parmigiani sono anche l’oggetto di una grida del 15 dicembre 1531 citata dal Magnaguti50 purtroppo senza riportare il loro corso e le loro caratteristiche. Essendo tariffati ad un valore diverso quelli parmigiani non sono da considerare dei veri bussolotti ma è probabile che il nome derivi soltanto da una certa affinità per modulo, peso e titolo. Si tratta comunque dei giuli parmigiani coniati a nome dei pontefici Leone X (fig. 16), Adriano VI (fig. 17) e Clemente VII (fig. 18) il cui peso massimo tra gli esemplari citati in CNI è di 3,82 grammi. Secondo quanto riportato dall’Affò51 almeno quelli di Adriano VI avrebbero dovuto essere alla bontà e peso dei romani, ma evidentemente la zecca di Parma deve averli battuti calanti.
I bussolotti firmesi
Nella già citata tariffa mantovana del 20 febbraio 1519 al valore di 9 soldi e mezzo insieme ai bussolotti mantovani, ferraresi, papali e imperiali erano menzionati quelli firmesi. Poco sotto erano tariffati anche dei cavallotti firmesi del valore di 6 soldi. Visto che nella stessa tariffa sono citate anche monete di Salutio Monferrato e del Flisso, è possibile che le monete in questione siano da cercare tra le emissioni piemontesi del periodo.
Coerente col peso del bussolotto mantovano è però anche il cosiddetto mezzo testone della zecca di Bellinzona52 con al diritto lo stemma dei due cantoni di Uri e Unterwalden sormontato dall’aquila bicipite coronata ed al rovescio San Martino benedicente seduto di fronte. Nello stesso tempo la zecca bellinzonese coniava anche cavallotti. Tuttavia questo testone sembra essere lo stesso disegnato in una tariffa veneziana dell’8 dicembre 1517 e con l’indicazione del valore di 8 soldi quando all’epoca il marcello valeva 10 soldi53.