di Lorenzo Bellesia – da Panorama Numismatico nr.241 / Giugno 2009
NEL CNI ALCUNE MONETE DELLE ZECCHE DI MANTOVA, FERRARA, MODENA, REGGIO EMILIA E VERONA SONO INDICATE CON I NOMI PIU’ DIVERSI: TESTONE, MEZZO TESTONE, GROSSONE, MEZZA LIRA. IN REALTA’ SONO TUTTE UGUALI E DERIVANO DA UNA MONETA MANTOVANA CHIAMATA BUSSOLOTTO.
Nell’età del marchese Lodovico II a Mantova si coniò una moneta d’argento che prese il nome di bussolotto e che si diffuse presto nelle zecche vicine come Ferrara, Reggio Emilia, Modena e Verona, assumendo però nomi diversi. Per un caso, quando, nel 1504, a Roma venne introdotta la riforma voluta da Giulio II, la nuova moneta d’argento, pur se diversa per peso e titolo, venne ad avere lo stesso tenore di fino per cui le tariffe successive diedero lo stesso valore ai bussolotti mantovani, ai suoi omologhi nelle altre zecche ed ai giuli papali.
Questo studio intende identificare tutte queste emissioni che sono state variamente classificate a partire dal CNI complice una scarsa attenzione da parte dei numismatici ai rapporti di valore tra le monete stesse.
Mantova
Il 27 maggio 1472 a Venezia fu deliberata la produzione della famosa lira tron del valore nominale di 20 soldi, del peso di 6,52 grammi e del titolo di 948 millesimi1 e subito la moneta della Serenissima divenne un punto di riferimento per le zecche di Mantova e Ferrara. Tra le monete rapportate alla lira tron ci fu anche il bussolotto mantovano. Non ho ritrovato in letteratura documenti che ricordassero le caratteristiche tecniche di questa nuova moneta mantovana che però si possono ricavare dalla grida ferrarese dell’11 giugno 1475 con cui il duca Ercole I dichiarò2 di aver ordinato la produzione di due monete d’argento, cioè grossoni, che vagliono grossiti trì luno da quattrini XI luno, et diamanti, che vagliono grossiti dui luno da quattrini XI luno li quali grossoni, et diamanti sono alla liga del trono d’arzento veneziano, et proporzionati al peso del dicto trono3. Poiché non vi è dubbio alcuno, come si vedrà, che il grossone ferrarese fosse equivalente al bussolotto mantovano se ne deduce che la lega di quest’ultimo era di 948 millesimi, come appunto la lira veneziana, mentre il peso legale si ricava da una semplice proporzione. Il grossone infatti doveva rappresentare il 60% del valore della lira per cui il suo peso doveva essere il 60% di 6,52 grammi, cioè 3,91 grammi, valore che ben si adatta a quello degli esemplari noti di migliore conservazione che arrivano a sfiorare i 3,90 grammi.
Una grida4 mantovana del 7 settembre 1492 ci informa che a quell’epoca il bussolotto valeva 3 grossi del valore di 3 soldi l’uno. Grazie a questa informazione possiamo ribadire la sua equivalenza rispetto al grossone ferrarese perché la grida mantovana5 del 2 luglio 1472 ricordava la recente produzione della lira tron che fa fabricare la Ill.ma Si. de Vinesia da vinti marcheti l’uno che son soldi quindese da Mantoa. Poiché il bussolotto mantovano è poi ricordato per il suo valore di 3 grossetti pari a 9 soldi6 si evince che anche nella città dei Gonzaga il bussolotto era la sesta parte del trono proprio come il grossone ferrarese.
La conferma che il primo bussolotto ad essere coniato sia stato quello di Mantova e non quello di Ferrara che, come si è detto, fu deliberato da una grida del 1475, viene da una tariffa parmigiana del 14747. In questa tariffa la lira tron era quotata 13 soldi ma nello stesso elenco comparivano i grossi mantuani novi de tabernaculo, con el quartero de le aquile al prezzo di 7 soldi e 10 denari. La proporzione tra le due monete è vicinissima a 6 a 10, cioè la proporzione che ci viene indicata sia dai documenti ferraresi che da quelli mantovani. Questa descrizione non lascia dubbi sull’individuazione della moneta nell’emissione a nome di Lodovico II di gran lunga più comune, chiamata dal CNI8 mezzo testone, con al diritto il campo inquartato con le quattro aquile ed al rovescio la Pisside, con un peso che può arrivare a 3,80 grammi (fig. 1).
La citata grida9 del 7 settembre 1492 riporta come il marchese Francesco II avesse ordinato la produzione di bussolotti del valore di 3 grossi come gli altri facti battere per li Ill.m suo Avo et patre che de la medesima bontà et peso sono. Questi nuovi bussolotti a nome di Francesco II non possono essere che quelli che il CNI10 definisce mezzi testoni e che hanno al diritto il busto con berretto del marchese rivolto a sinistra. Ne esistono due varietà: una di gran lunga più comune e di bello stile (fig. 2) ed un’altra11 col ritratto piuttosto grossolano che, probabilmente, fu anche la prima ad essere battuta e forse abbandonata proprio perché il conio era mal riuscito (fig. 3).
Più di una perplessità nasce invece nel capire quali siano i bussolotti battuti a nome del padre di Francesco II, il marchese Federico I che governò Mantova tra il 1478 e 1484. A nome di Federico infatti è noto soltanto un rarissimo ducato d’oro ma non conosciamo alcuna moneta d’argento. E’ perciò possibile che sotto Federico I si fossero coniate ancora monete a nome di Ludovico12, monete che infatti sono molto comuni, oppure che, più semplicemente, per Avo et patre del marchese Francesco la grida intendesse il nonno Ludovico e non il padre Federico.
Comunque sia, è da notare che la moneta viene chiaramente indicata col nome di bussolotto, termine derivato da bussolo, cioè vasetto o bossolo, evidentemente perché nel rovescio vi era raffigurata la Pisside col sangue di Cristo che, secondo la tradizione, era stato raccolto da San Longino ai piedi della Croce e portato a Mantova.
Come a Ferrara nel 1492 fu emesso il doppio grossone o idra, anche a Mantova fu emesso il doppio bussolotto. E’ infatti quella che il CNI13 definisce testone e che è tipologicamente identica al bussolotto avendo al diritto il busto con berretto del marchese rivolto a sinistra ed al rovescio la pisside (fig. 4). Confrontando il ritratto del doppio bussolotto in cui il marchese ha i capelli lunghi con quello del bussolotto in cui il marchese ha i capelli corti, è possibile ipotizzare che l’emissione del doppio bussolotto sia avvenuta dopo quella dell’idra ferrarese.
Nel corso dell’ultimo decennio del Quattrocento si cominciò a coniare nelle zecche il quarto. Era un passo decisivo nell’aumento del peso e quindi del valore nominale della moneta d’argento. Il quarto non fu mai coniato a Venezia, nacque invece a Milano nel 1474 alla lega di 962 millesimi e al peso di 9,79 grammi14. Nato col nome di grossone, fu rapportato al valore nominale di 20 soldi, cioè una lira, ma successivamente, a seguito della svalutazione15, si agganciò al valore del ducato d’oro di cui divenne la quarta parte tanto da essere chiamato quarto nelle altre zecche. Questa proporzione esatta durò ben poco ma le due monete non furono più toccate nell’intrinseco e nel peso e furono tariffate autonomamente, di solito con un leggero premio per il ducato. Il quarto fu rapportato spesso esattamente a 2 bussolotti e mezzo. Per esempio, la tariffa ferrarese16 del 18 febbraio 1502 fornisce una assoluta parità di valore tra quarti milanesi e mantovani a 15 soldi mentre i bussolotti mantovani, identici ai grossoni ferraresi, valevano 6 soldi. In termini di contenuto argenteo c’è una leggera differenza: il fino di un quarto era di 9,43 grammi mentre quello di 2 grossoni e mezzo arrivava a 9,27. La differenza di 0,16 grammi a favore del quarto, pari all’1,72%, potrebbe essere stata talvolta tollerata dai governi per non andare a modificare nessuna di queste monete che godevano di grande successo sui mercati.
E’ a partire dal Cinquecento avanzato che si conoscono delle tariffe mantovane con l’indicazione dei valori per potere fare dei raffronti. Ne conosco alcuni estratti da una pubblicazione giuridica17 del 1673. Della tariffa mantovana del 13 febbraio 1517 si ricordano in generale i quarti ed i bussolotti mantovani e più sotto i quarti bussolotti e da due bussolotti ferraresi. Nella tariffa del 14 gennaio 1518 sono citati i quarti e i bussolotti mantovani, quelli veronesi, i quarti bussolotti17bis e da due bussolotti ferraresi, i bussolotti, e da due di Papa Leone di buon argento, e da mezzi bussolotti.
Nella tariffa datata 20 febbraio 1519 invece sono specificati i valori e si nota un sensibile sfilacciamento nei rapporti di valore tra il ducato, il quarto ed il bussolotto. Il ducato era riportato a 5 lire, il quarto ad una lira e 4 soldi mentre i bussolotti mantovani, firmesi (sic), ferraresi, papali e imperiali erano tariffati a 9 soldi e mezzo. Come si evince da pochi calcoli, 4 quarti non valevano più un ducato ma 4 soldi in meno, due bussolotti e mezzo non valevano più un quarto ma 3 denari in meno quindi 10 bussolotti valevano 5 soldi in meno di un ducato, il che significa che se si voleva cambiare un ducato con 4 quarti si dovevano aggiungere 4 soldi mentre se lo si cambiava con 10 bussolotti di soldi se ne dovevano aggiungere 5.
E’ sicuramente un bussolotto, anche se al rovescio non presenta la Pisside, la moneta, sempre a nome di Francesco, che il CNI18 definisce mezzo testone col crogiuolo (fig. 5). Questa moneta fu emessa per completare la produzione di qualche partita di quarti con il medesimo rovescio.
Anche a nome di Federico II, divenuto marchese di Mantova nel 1519, fu battuto un bussolotto: si tratta della moneta con al rovescio l’impresa della Salamandra che il CNI19 definisce ancora mezzo testone (fig. 6).
Sotto il suo successore, Francesco III, la moneta d’argento fu profondamente rinnovata. Lo testimonia la tariffa20 del 24 dicembre 1543 in cui si rilevano i seguenti valori:
Monete | Lire | Soldi | Denari |
Quarti d’argento mantuani, milanesi et ferraresi | 1 | 8 | 6 |
Quarti mantuani novi | 1 | 7 | |
Mocenighi venetiani et mantuani over Gonzagae | 19 | ||
Marcelli mantuani et venetiani | 9 | 6 | |
Giuli mantuani et ferraresi vecchij di peso | 10 | 6 | |
Bussolotti mantuani | 9 | ||
Doppi bussolotti | 18 | ||
Mezzi bussolotti | 4 | 6 |
Come si evince chiaramente, ci si trova di fronte a tre gruppi di monete:
– le vecchie monete mantovane e straniere, in particolare i quarti, i giuli ed i bussolotti che infatti si specifica debbano essere ancora del peso corretto
– le nuove monete mantovane, cioè i nuovi quarti ed i nuovi bussolotti con i loro doppio e metà, tutti più leggeri rispetto ai vecchi bussolotti
– le monete di tipo veneziano, cioè i mocenighi ed i marcelli.
Sfogliando il CNI invano si cercherebbero quasi tutti questi termini. Sulla base della citata tariffa e di una successiva del 17 marzo 1550 si può perciò riordinare in una apposita tabella la monetazione di Francesco III. Da questa si desume che il bussolotto era stato abbassato notevolmente di peso e che il suo nuovo rapporto col quarto non era più di circa 2 volte e mezzo ma esattamente di 3 bussolotti per un quarto. A sua volta il nuovo quarto era stato progettato per valere esattamente la quarta parte dello scudo d’oro.
Numero di CNI |
Nome in CNI | Nome corretto |
Peso massimo* | Valore |
1/4 | Scudo del sole | Scudo d’oro | 3,29 | 5 Lire e 8 soldi |
5/7 | Testone | Quarto | 9,15 | 1 Lira e 7 soldi |
8/11 | Mocenigo | Mocenigo | 6,52** | 19 Soldi |
12/13 | Testone | 2 Bussolotti | 6,05 | 18 Soldi |
14/18 | Giulio anonimo | Mezzo quarto | 4,46 | 13 Soldi e mezzo |
19/29 | Giulio col nome | Marcello | 3,26** | 9 Soldi e mezzo |
30/32 | Giulio con ritratto | Bussolotto | 3,04 | 9 Soldi |
33 | Giulio con trofeo | Cavallotto | 2,26 | 6 Soldi |
34/40 | Giulio con pisside | Cavallotto | 2,68 | 6 Soldi |
41/43 | Grosso | Mezzo marcello | 1,62** | 4 Soldi e 9 denari |
44/46 | Grosso | Mezzo bussolotto | 1,47 | 4 Soldi e 6 denari |
47/53 | Sesino | Sesino | 1,11 | 4 Denari |
54/68 | Quattrino | Bagattino | 1,99 | Denaro |
* Non ho trovato in letteratura indicazione dei valori legali per le monete mantovane perciò ho segnalato il peso massimo riportato nel CNI.
** Peso legale a Venezia. Il marcello mantovano di Francesco risulta però bandito da Venezia nella grida del 20 novembre 1554 perché di peso pari a 15 carati e 2 grani e quindi inferiore di un grano a quello della Serenissima e del valore di un soldo in meno. Nella stessa grida è illustrato il cavallotto con la pisside del peso di 8 carati e 2 grani ma l’indicazione del valore, appena un soldo e 11 piccioli, confrontata con altre monete simili sembrerebbe un errore di stampa. Cfr. N. Papadopoli Aldobrandini, Le monete di Venezia, parte II, Venezia, dopo p. 242.