Uno dei problemi delle monete coniate prima di Cristo, in particolare delle monete di bronzo, è quello di individuare le loro denominazioni e le loro relazioni di valore.
Questo problema riguarda la monetazione di tutte le città che si affacciavano al mediterraneo e può essere risolto solo attraverso il collegamento e il confronto di tutte le singole emissioni, l’analisi delle loro somiglianze e differenze. Nessuna città può essere esclusa da questa ricerca, neppure Roma, che per quattro secoli fece parte di questo sistema (detto ogni impropriamente “greco”), e non poteva sapere quali sarebbero stati gli sviluppi della sua storia, che l’avrebbero portata a distinguersi da tutte le altre città e a dare al mondo una nuova forma di organizzazione politica ed economica. Nessuno allora poteva presagire che i Romani, “fatto senza precedenti nella storia, in meno di 53 anni” avrebbero conquistato quasi tutta la terra abitata ed avrebbero allora adattato il sistema monetario alla nuova situazione.
La singolarità e il carattere meraviglioso dell’ascesa di Roma furono avvertiti dagli storici greci contemporanei, e, dopo duemila anni, appassionano ancora e coinvolgono anche i numismatici nel desiderio di una visione complessiva, che spieghi i fatti e le ragioni. E’ possibile trovare collezionisti del periodo imperiale che si interessano solo di monete romane, ma appena essi allargano il campo delle loro ricerche alla monetazione repubblicana vengono coinvolti da questa meravigliosa vicenda, attratti dal suo immenso spettacolo, ricordato nelle narrazioni degli storici e presente nelle innumerevoli monete rimaste, che ci parlano di quegli uomini, delle consuetudini, delle guerre di quei tempi.
Culla dei primi vagiti della monetazione, agli inizi del VII secolo a.C. , furono le sponde del mar Egeo: la Lidia, la Jonia, la Grecia, le isole Cicladi, con i loro stateri d’elettro, d’oro e d’argento. Essi garantivano con autorità regale la bontà del metallo e sanzionavano definitivamente la consuetudine, in uso da secoli, di adottare i metalli preziosi come termine di paragone di ogni valore economico, oggetto di baratto ovunque accettato.
Duecento anni dopo la moneta si era frantumata in cento pezzi, il più piccolo dei quali valeva 1/1.200 di statere d’oro e serviva alle piccole spese quotidiane.
In principio erano presenti numerosi standard, che corrispondevano alle zone commerciali. In Attica e a Corinto si usava uno statere d’argento di 8,7 g, che ad Atene era diviso in 2 dracme, mentre a Corinto si divideva in 3 dracme di 2,9 grammi. Questo sistema era adottato in Italia e in Sicilia nelle colonie attiche e corinzie ed anche dai Cartaginesi. Lo standard di Egina, di 12,2 g, era usato in Peloponneso, a Creta, nelle Cicladi meridionali. Uno standard più leggero, con didracma di 7,8 grammi era usto a Rodi, Chio, fino a Marsiglia, che era una colonia di Focea. La Persia adottò uno statere d’oro di 8,2 grammi (detto dai greci darico) e una dracma d’argento di 5,4 grammi (detta siglos). Città orientali, quali Lindo, Ialyso, ecc., coniarono nel VI sec. didracme d’argento di 14 g, secondo lo standard lidio-milesio delle monete di elettro. Colonie occidentali quali Cuma, Naxos, ecc., inoltre le città etrusche coniarono anticamente per breve tempo dracme pesanti. Tra le diverse valute intercorrevano valori di cambio, che tenevano conto del peso delle monete.
Le monete più usate erano lo statere d’oro, che corrispondeva più o meno alla paga mensile di un soldato e ne valeva 13 d’argento, la tetradracma, la didracma (o statere d’argento), la dracma e l’obolo, di 0,72 grammi, l’unità di misura, che corrispondeva alla paga giornaliera dei lavoratori più umili. Man mano che furono introdotte le monete divisionali, fino al leggerissimo hemitartemorion (1/8 di obolo) di o,1 grammi, che poteva servire a comperare oggetti di piccolissimo valore, una lampada, del pane, un panno.
Con il costituirsi dell’impero ateniese, dopo la metà del V secolo, e con le conquiste di Alessandro Magno, alla fine del IV secolo, il sistema attico si impose quasi ovunque, dall’Italia all’India. Ma ormai era incominciata nelle regioni occidentali e meridionali del Mediterraneo una lenta svalutazione che erose man mano il peso delle monete. Essa risparmiò oso le ricche regioni del Mediterraneo nord-orientale, comandante dai generali di Alessandro che si erano spartiti l’oro degli Achemenidi: la Macedonia, la Tracia, il Ponto. I coloni occidentali avevano dimenticato le monete della madrepatria e si erano uniformati a quelle della regione che abitavano. Ma per far fronte ad esigenze che richiedevano tirature sempre crescenti, diminuirono i pesi dei singoli esemplari. A Roma e a Taranto 7,2 grammi nel 280, 6,7 grammi nel 264 a.C. (-20%); in Sicilia le didracme persero due litre , le dracme una, le decadracme dieci litre (-20%); i Celti coniarono dracme di 2,6 grammi (-30%). Durante la seconda guerra puniva la penuria d’argento fu così grande che i cataloghi moderni danno pere le monete di Siracusa solo l’indicazione in litre, essendo i pesi così ridotti da rendere i valori difficilmente individuabili; le didracme dei Bruzi si svalutarono fino a pesare poco più di un dracma, al punto che alcuni numismatici suppongono che siano semplicemente dei denari.
A Roma e a Cartagine si coniarono anche didracme di bronzo argentato, che oggi, persa l’argentatura, appaiono simili a comuni bronzetti.
Segue: articolo completo in formato pdf (1,7 MB) da Panorama Numismatico nr.74/aprile 1994 – articolo richiesto da un ns. lettore.
3 Comments
mauro
nell’articolo:
I sistemi monetari dei popoli antichi, di G. Amisano Panorama Numismatico nr.74/aprile 1994
che è disponibile in formato PDF manca la pag. 11 ed è presente una pag. 12 che, probabilmente, è di un’altro articolo. è possibile avere il file corretto?
grazie
Massimo Bosi
La ringrazio per la segnalazione, le invieremo il file non appena corretto
cordiali saluti
Massimo Bosi
Massimo Bosi
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