di Franco e Vincenzo Rapposelli – da Panorama Numismtico nr.261 / Aprile 2011
QUESTO APPROFONDITO STUDIO TRATTA DELLA PRODUZIONE DEI DIDRAMMA DELLA ZECCA DI TEATE APULUM. SI TRATTA DI UNA MONETA CONOSCIUTA IN POCHISSIMI ESEMPLARI QUI TUTTI ACCURATAMENTE CENSITI ED INQUADRATI STORICAMENTE.
Non si potrebbe trattare l’argomento della produzione dei didramma di Teate Apulum se non si facesse totale riferimento alla coniazione degli stessi tipi monetali prodotti dalla zecca di Taranto, la polis più propulsiva dell’area magno-greca e vera cerniera culturale e commerciale fra aree diverse, la cui vocazione, si può ben affermare, era sempre stata quella naturale di allacciare strette relazioni tra il mondo greco e quello magnogreco ed italico, con una forte espansione verso l’area di frontiera sannitica.
E’ opportuno, quindi, al fine di sviluppare oculatamente il nostro argomento, relazionare fra di loro i didramma prodotti dalle due poleis, notando sin d’adesso che in generale i tipi emessi da Teate traggono ispirazione da quelli tarantini.
La resa artistica che esce dalle mani esperte di incisori che provvidero a realizzare i didramma di Taranto e di Teate, ci porta ad individuare una tecnica incisoria di alto livello artistico comune ma, mentre per la serie tarantina si notano interventi realizzati sicuramente dalla mano di molti incisori, quelli teatini presentano una maggiore uniformità.
Indubbiamente la maggiore produzione di moneta circolante della zecca di Taranto è dovuta alla necessità di fornire numerario per i traffi ci commerciali superiori a quelli di Teate Apulo.
Difatti nella sola collezione Vlasto troviamo ben 53 esemplari, mentre le emissioni teatine sono molto scarse e dovremmo ipotizzare anche un periodo di emissione più contratto di quello tarantino, che potrebbe coprire l’arco temporale che va dalla guerra pirrica alla prima guerra punica. La quaestio merita un approfondimento a parte che ci ripromettiamo di onorare.
Non è inutile tracciare brevemente le linee generali della produzione di Taranto per poi soffermarsi più approfonditamente sulla coniazione teatina.
Il periodo di maggior fulgore della monetazione argentea di Taranto è quello caratterizzato dalle emissioni coi tipi denominati del “cavaliere” che Arthur J. Evans divise in 10 fasi di produzione diverse2, con una datazione che si estende dal 450 a.C. fino all’età della seconda guerra punica. Evans colloca precisamente la decima fase nel periodo 212-209 a.C.
Taranto iniziò a coniare lo statere a doppio rilievo, dopo le scarse realizzazioni incuse, all’inizio del V secolo a.C.; il peso era di 8,05 grammi uguale a quello acheo; lo statere era, però, diviso per due sposando il sistema attico, anziché adottare la divisione per tre propria del sistema corinzio.
Sia la serie incusa che quella a doppio rilievo rispondevano ad un sistema monetale strutturalmente diverso da quello delle altre città italiote, in quanto, come testualmente afferma la Breglia: Taranto si muoverebbe, almeno nei primi secoli, in una sfera commerciale diversa da quella degli altri centri, facendo supporre un interesse verso il retroterra indigeno.
Da una parte, quindi, lo statere tarantino si poneva come elemento di connessione con la monetazione delle città achee e dall’altro soddisfaceva le
esigenze commerciali con le città italiote e quelle a cultura indigena.
Segue: articolo completo in formato PDF (1,8 MB)
2 Comments
RENZO
non sono sicuro, penso di possedere una moneta uguale alla foto, per saperne di piu’dove posso rivolgermi? risiedo vicino a Bologna
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