VIENE RICOSTRUITA UNA BELLA ED AFFASCINANTE PAGINA DEL RISORGIMENTO ITALIANO
La spedizione dei Mille è forse l’episodio più noto del Risorgimento grazie anche alla sua ampia celebrazione in racconti e romanzi della letteratura italiana.
Nel 1860, un corpo di volontari, protetto dalla monarchia sabauda, al comando di Giuseppe Garibaldi, conquistò la Sicilia permettendo così l’annessione di questo territorio al nascente Regno d’Italia. La realizzazione di tale impresa venne finanziata in gran parte con i capitali e gli armamenti raccolti dal Fondo per il milione di fucili, una sottoscrizione lanciata dallo stesso Garibaldi alla fine del 1859.
Nella raccolta Bugani di Bologna è conservata una lettera inedita della Direzione di tale Fondo con la firma autografa di Enrico Besana che consente di focalizzare il meccanismo di raccolta del denaro inserendosi in quell’episodio relativo alle offerte della Toscana per il milione di fucili che furono stornate verso altre iniziative da Bettino Ricasoli, allora Gonfaloniere della città di Firenze.
La lettera (fig. 1), che porta la data del 27 maggio 1860 (lo stesso giorno in cui Garibaldi entrava a Palermo) è indirizzata al Gonfaloniere di San Marcello. Anche se nella missiva questa località non ha una specificazione territoriale che ne permetta l’immediato riconoscimento, la sua identificazione con la città di San Marcello nel territorio pistoiese può considerarsi sicura trovando sostegno nel fatto che la carica di Gonfaloniere era in uso soprattutto nei comuni toscani e che il territorio pistoiese rispose molto generosamente all’appello di Garibaldi.
Nella lettera si chiedeva di spedire, a mezzo vaglia postale, 300 lire e 89 centesimi devoluti al Fondo con la massima sollecitudine perché la Direzione aveva urgente bisogno del denaro per adempiere a quanto richiesto da Garibaldi prima della partenza da Quarto e durante gli spostamenti per raggiungere la Sicilia.
Il Fondo per il milione di fucili era stato lanciato allo scopo di raccogliere sovvenzionamenti per l’armamento popolare. Nacque nel 1859, dopo l’armistizio di Villafranca, quando i rapporti tra Garibaldi e Vittorio Emanuele II si raffreddarono notevolmente per la cessione di Nizza alla Francia.
In quel momento Garibaldi, che aveva la carica di comandante in seconda dell’esercito della Lega Armata dell’Italia centrale, progettava l’invasione delle Marche e dell’Umbria come preludio a quella del Mezzogiorno.
A causa delle trame che il Ricasoli stava tessendo a danno di Garibaldi, quest’ultimo fu convinto dal re Vittorio Emanuele II a desistere dall’impresa e così le previste insurrezioni che sarebbero dovute scoppiare nelle Marche e nell’Umbria non si concretizzarono.
Dopo aver emanato un proclama nel quale attaccava la politica piemontese rivendicando la sua libertà di azione, Garibaldi concentrò i suoi sforzi sulla conquista della Sicilia e il 29 settembre 1859 lanciò un appello rivolto a tutti coloro che volevano l’unità nazionale per la costituzione di un Fondo per l’acquisto di un milione di fucili.
Per la direzione e l’amministrazione di esso vennero incaricati Enrico Besana e Giuseppe Finzi. In una lettera aperta alla Gazzetta di Modena Garibaldi dichiarava che la Direzione di questa istituzione aveva fissato la propria sede finanziaria a Milano dove sarebbero affluite le somme raccolte. La sottoscrizione venne aperta dallo stesso Garibaldi con un proprio contributo di 5.000 lire.
Offerte più o meno cospicue, alle quali aderirono anche esponenti del clero, giunsero da ogni parte d’Italia e da nazioni straniere. Vi contribuì anche Vittorio Emanuele II tramite il generale Türr. Un ruolo determinante nella riuscita dell’impresa fu giocato anche dalle sovvenzioni di varie logge massoniche che vennero utilizzate, dopo lo sbarco in Sicilia, per corrompere gli ufficiali borbonici.
Circa un mese e mezzo dopo l’apertura della sottoscrizione, secondo una stima del 12 novembre 1859, il Fondo per il milione di fucili (fig. 2) aveva già raccolto la somma di 100.000 lire alla quale si aggiungeva il contributo del Comune di Milano, pari allo stesso valore della cifra appena raggiunta.
Nei territori dello Stato Pontificio la partecipazione al Fondo veniva attuata con l’acquisto di buoni del valore di 20 baiocchi. Essi, stampati unilateralmente su carta bianca, recavano la scritta in nero un milione di fucili soscrizione promossa dal generale garibaldi/bono per baj 20. Sopra di essa un timbro ad inchiostro nero con raffigurata, in mezzo a cannicci, la lupa capitolina che allatta i gemelli accompagnata dalla scritta roma. In basso il timbro ellissoidale con CR (Comitato Romano) (fig. 3). Il conteggio del valore del buono effettuato in baiocchi fa datare le cedole tra la fine del 1859 e i primi mesi del 1860, prima dell’adozione del sistema decimale della lira italiana.
Nell’Italia settentrionale e in Toscana i fondi per la causa di Garibaldi venivano raccolti con la vendita di azioni da lire abusive italiane una. Le cedole, unifaci, venivano stampate su carta azzurra, scritte in nero e con a destra il timbro tondo blu recante lo stemma sabaudo coronato, circondato dalla scritta offerte nazionali (fig. 4).
A favore della sottoscrizione vennero prese iniziative anche da privati per diffondere i valori risorgimentali dell’indipendenza e dell’unità d’Italia come quella attuata a Milano da Cristofo Candiani. Egli, nel 1860, aveva fatto pubblicare a sue spese la traduzione dell’Inferno di Dante in dialetto meneghino dedicandola a Garibaldi. Il volume, una copia del quale è stata recentemente ritrovata nell’archivio storico della Fondazione Labus-Pullé a Varese, reca in copertina il timbro tondo ad inchiostro nero con sottoscrizione dei fucili di garibaldi/Direzione ammini.va (fig. 5). Nell’ultima pagina il fine per cui l’edizione era stata fatta è chiaramente spiegato dalla scritta la vendita delle copie, al prezzo di lire tre sarebbe stata devoluta alla raccolta del fondo per l’acquisto di un milione di fucili.
Con l’intento di richiamare nuove adesioni, i direttori del Fondo, Besana e Finzi, non mancavano di inviare ai vari giornali dell’epoca l’entità delle somme via via raccolte.
La popolazione toscana aderì molto generosamente alla sottoscrizione lanciata da Garibaldi, soprattutto il territorio pistoiese. A Pistoia infatti il 2 dicembre 1859, il gonfaloniere Giuseppe Forteguerri, a mezzo di un proclama, aveva fatto porre sotto il patrocinio del Comune la sottoscrizione per il fondo del milione di fucili. L’avviso rendeva noto che gli Ufficiali della Guardia Nazionale si assumevano il compito di collettori delle offerte cittadine e che le somme raccolte sarebbero state inviate alla cassa della Commissione istituita a Milano. L’azione del Forteguerri, che conferiva un’apparente legalità ad una sovvenzione con scopi rivoluzionari, indusse i gonfalonieri delle quattro Cortine, ovvero le zone in cui era diviso il territorio pistoiese, a fare altrettanto, decretando così l’ampio successo dell’iniziativa. I sottoscrittori furono più di ottomila, appartenenti alle più diverse categorie sociali, e in quattro mesi, venne raccolta la somma di 10.000 lire.
Segue: articolo completo in formato pdf da Panorama Numismatico nr. 266 – Ottobre 2011
One Comment
Stefano Poddi
Ho letto con molto piacere l’articolo della Prof.ssa Franca Maria Vanni, che conosco e apprezzo da molti anni.
Come tutti i suoi scritti, il pezzo e’ cosi ricco di notizie, dettagli e riferimenti, tali da catapultarci immediatamente, come una macchina del tempo, in quei momenti, cosi determinanti per la storia del nostro paese.
Inoltre la lettura dell’articolo mette voglia di documentarsi su i temi e i personaggi citati, in questo e’ di grande aiuto il notevole apparato bibliografico, che correda e sostiene l’articolo, permettendoci qualsiasi ulteriore approfondimento.
Dott. Stefano Poddi