Negli ultimi anni la bibliografia sulla zecca di Firenze è notevolmente aumentata in particolare con le opere di Andrea Pucci dal periodo mediceo in poi e di Alessio Montagano nella collana dei MIR. In più, a coronamento di tutto, c’è stata la pubblicazione delle monete medicee e lorenesi presenti nella Collezione reale, conservata al Museo Nazionale Romano, nella serie del «Bollettino di Numismatica» diretta dalla conservatrice Gabriella Angeli Bufalini. Ma, si sa, in numismatica non è mai possibile scrivere la parola fine. Lo confermano questi due nuovissimi libri di Corrado Ciabatti che ripercorrono le ricche monetazioni di Francesco di Lorena e di Pietro Leopoldo, in particolare per quel che riguarda la moneta simbolo del periodo, cioè il francescone d’argento, di largo modulo, col ritratto del granduca al diritto e lo stemma coronato al rovescio.
Il libro dedicato a Francesco di Lorena è formato da un preciso catalogo delle monete abbinato ad un puntuale esame della documentazione d’archivio. Proprio per questo, nella sua introduzione, l’autore precisa che fino ad oggi la monetazione era stata divisa in due periodi, quello da granduca di Toscana e quello in cui Francesco Stefano aggiunge il titolo imperiale, mentre sarebbe preferibile suddividerla in monetazione tosco-lorenese dal 1737 al 1747 e in monetazione tosco-asburgica dal 1748 al 1765. La prima comprende nominali quali il ruspone, lo zecchino gigliato, l’unghero, il grosso pisano, il 5 paoli oltre al francescone del 1747. La seconda invece comprende le grandi emissioni del francescone dal 1748 al 1765, il mezzo francescone degli anni 1757 e 1758 ed in particolare il tallero di cui sono noti i millesimi 1761, 1763, 1764 e 1765. Ci sono diverse interpretazioni artistiche nelle monete anche se, come scrive l’autore, la libertà espressiva è nulla, inesistente perché si devono copiare pedissequamente le effigi e le raffigurazioni araldiche delle monete asburgiche. La toscanità, scrive sempre l’autore, è rappresentata solamente dal ruspone, dalla doppia crazia e da 5 paoli di Weber del 1764.
Dopo una breve introduzione tecnica volta ad illustrare i nominali battuti, inizia il catalogo delle monete che sono descritte per nominale e quindi per ordine di millesimo. Si inizia quindi con gli zecchini gigliati proseguendo con l’unghero e poi via via gli altri nominali seguendo anche la tracciatura fornita dai documenti d’archivio. Il 10 paoli o francescone del 1747 chiude, dal punto di vista artistico, il periodo tosco-lorenese. Si aprirà una nuova fase ma il nuovo francescone, afferma ancora l’autore, appare di maggior prestigio, senz’altro, ma non vi è più traccia di toscanità.
Il catalogo è strutturato per coni ed è agevole, tramite l’individuazione dei particolari proposti dall’autore, seguirne la progressione. Molto interessante è l’approfondimento sulle coniazioni dei talleri di tipo austriaco battuti a Firenze. Dalla documentazione d’archivio risulta che i coni arrivarono dall’Austria ma furono poi replicati dal giovane incisore fiorentino Giovanni Zanobio Weber che stava apprendendo il mestiere di incisore presso la zecca di Roma. I talleri austriaci si distinguono per le iniziali G T per Giovanni Toda capo incisore della zecca di Vienna mentre quelli fiorentini hanno le iniziali di Weber I Z V. Di questi talleri viene fatto un preciso ed esaustivo catalogo dei coni. Nel 1764 Giovanni Zanobio Weber tornò a Firenze per essere assunto in zecca proprio per curare i coni dei talleri di cui ne furono battuti oltre un milione di pezzi destinati all’esportazione nel Levante. Da segnalare anche una importante scoperta: l’opera di Alessandro Weber, un altro nipote del vecchio Lorenzo, le cui iniziali A W appaiono sul tallero di copertina.
Il catalogo è completato dalle cosiddette tratte, cioè le approvazioni e la consegna delle monete di cui era stato fatto il saggio, dal 1737 al 1765.
La monetazione di Pietro Leopoldo, alla quale è dedicato il secondo libro, è indubbiamente molto più ricca e varia ma l’autore ha saputo fare un catalogo davvero imponente e preciso, in particolare per la moneta più significativa del periodo, cioè il francescone del quale sono note innumerevoli varianti distribuite per millesimo, incisore, tipo di ritratto e leggende. Che i coni utilizzati fossero tanti, forse troppi, se ne erano accorti anche all’epoca come risulta da un interessantissimo documento del 25 gennaio 1786 trascritto per intero.
A proposito poi degli incisori, l’autore ne ha individuati altri oltre quelli ben conosciuti come Weber e Cinganelli, evidenziati dalla puntuale analisi dei coni e dei loro incroci. Sembra che ve ne siano molti di più rispetto a quelli che ci si aspetterebbe anche perché non tutti i coni firmati con le lettere LS sono da assegnare a Siries.
Chi appunto colleziona i francesconi potrà disporre di un catalogo che compendia tutto quanto già pubblicato in precedenza e disperso nelle varie fonti. Soprattutto, la serie è spiegata anche attraverso numerosi documenti d’archivio.
Si tratta, in conclusione, di un’opera davvero completa ed importante, estremamente curata anche dal punto di vista grafico. Sicuramente una pietra miliare nella bibliografia sull’argomento e imprescindibile punto di riferimento per nuovi studi.
Corrado Ciabatti
Le monete di Francesco Stefano granduca di Toscana, 1737-1765
pp. 108, 21 x 29,7 cm
Le monete di Pietro Leopoldo granduca di Toscana, 1765-1790
pp. 174, 21 x 29,7 cm
Edizioni dell’autore di 25 copie
Firenze 2023
Info: dadoc1947@libero.it