Denaro e bellezza – I BANCHIERI, BOTTICELLI E IL ROGO DELLE VANITA’
Il volume, a cura di Ludovica Sebregondi e Tim Parks, costituisce il catalogo della mostra Denaro e Bellezza. I banchieri, Botticelli e il rogo delle vanità, allestita dal 17 settembre 2011 al 22 gennaio 2012, a Firenze, dalla Fondazione Palazzo Strozzi. L’evento, sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, è stato patrocinato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Una mostra che ha descritto il momento del massimo splendore politico ed economico di Firenze che, non solo, è stata artefice della cultura occidentale ma ha anche contribuito alla nascita del moderno sistema finanziario. Le grandi famiglie di banchieri toscani, Bardi, Peruzzi, Medici, Cambini, Gondi, hanno lasciato numerose testimonianze della loro abilità, non solo accumulando enormi ricchezze, ma anche finanziando opere d’arte che sono diventate, nel corso dei secoli, un patrimonio culturale collettivo. Attraverso i capolavori di Botticelli, Beato Angelico, Piero del Pollaio, Hans Memling, Lorenzo di Credi, i Della Robbia, la mostra ha documentato come il fiorire del moderno sistema bancario sia stato parallelo allo sviluppo artistico. Le vicende economiche collegate alla nascita dei primi mercanti-banchieri, alle banche e, perché no, alla speculazione finanziaria, hanno dato luogo a cambiamenti che hanno interessato l’arte, la religione e la politica dell’epoca.
I saggi riuniti nel volume sono: Denaro e Bellezza, economia e arte: elogio degli opposti (Ludovica Sebregondi); Le vanità prima del rogo: usura, bellezza e santità nella Firenze rinascimentale (Tim Parks); I mercanti-banchieri fiorentini del Quattrocento (Franco Franceschi); Il problema dell’usura e gli ebrei nella Firenze del Rinascimento (Michele Cassandro); La banca, la lettera di cambio e il commercio internazionale (Francesco Guidi Bruscoli); Organizzazione dei trasporti e delle comunicazioni commerciali a Firenze tra XIV e XV secolo (Sergio Tognetti); Gerarchie, privilegi e lusso nelle leggi suntuarie fiorentine (Dora Liscia Bemporad); Girolamo Savonarola e la sua riforma tra arte, denaro e rogo delle vanità (Stefano Dall’Aglio); Cosimo, Piero, Lorenzo. Dai danari ai maestri (Cristina Acidini).
Come si può vedere, vengono trattati vari aspetti che attengono al denaro, all’arte del cambio, al commercio, al potere, alla fede, alla cultura, all’architettura, alle arti. Ma la formazione di ricchezza non è esente da inquietudine: Non potete servire Dio e il denaro (Matteo, 6,24). La connotazione negativa data dalla Chiesa è, soprattutto, legata alla figura dell’usuraio, colpevole di un peccato gravissimo perché commercia il tempo che appartiene solamente a Dio. L’interesse sul prestito era una somma che non si poteva chiedere agli altri cristiani senza macchiarsi del peccato di usura. La Bibbia imponeva all’uomo di guadagnarsi da vivere con il sudore della fronte, l’usura non era lavoro. La ricchezza e il denaro comportavano la necessità di assegnare a tutti i beni e ai servizi un valore, cosa che permetteva di comparare tutto. Si legge che una botte di vino costa 20 soldi di piccioli, una preghiera per i defunti 10, una prostituta 15, una visita dal medico un fiorino; servono cinquanta fiorini per acquistare un mulo, sessanta per una schiava, novanta per una pala d’altare. In altre parole, tutto era monetizzabile, una preghiera valeva meno di una prostituta. Tutto questo era fonte di grande turbamento, una minaccia alla fede cristiana.
Ed ancora si può leggere che uno dei problemi, forse il più spinoso per i mercanti del tempo, riguardava il trasferimento di denaro da un mercato all’altro, da una città all’altra, da un paese ad un altro, per pagare le merci acquistate o per far rientrare i proventi delle vendite. In assenza di cartamoneta, i mercanti-banchieri avevano ovviato al problema con l’invenzione della “lettera di cambio”, un documento che consentiva pagamenti senza che una sola moneta venisse fisicamente spostata. Vero e proprio denaro “virtuale”. I guadagni dei grandi mercanti-banchieri potevano raggiungere cifre enormi, ad esempio i profitti complessivi registrati dal Banco Medici, fra il 1435 e il 1450, toccarono i 290.791 fiorini.
Anche il fiorino, immagine simbolo di Firenze nel mondo, la “città del fiore”, diventa protagonista di questa stagione irripetibile di sviluppo artistico e culturale. Questa moneta venne coniata per la prima volta nel 1252 utilizzando solamente oro puro, a 24 carati come si diceva. Ciascuna moneta doveva pesare 3,53 g ed avere un diametro di circa 2 cm. Quindi era una moneta piccola, quasi come un pezzo da 5 centesimi di euro (diametro 21,25 mm), ma nello stesso tempo era una moneta importante, di elevato valore. Il fiorino con la garanzia della purezza e del peso diventò il principale mezzo di scambio internazionale. Il suo uso era di conseguenza relegato, quasi esclusivamente, al ceto nobile e alle classi benestanti. La maggioranza della popolazione di Firenze utilizzava monete di scarso valore chiamate genericamente denari piccoli come denari, quattrini, soldini, grossi. Ma se, per caso, un cittadino qualsiasi arrivava ad aver a disposizione qualche fiorino, intervenivano le leggi suntuarie che regolamentavano le gerarchie, i privilegi e il lusso. Si cercava di limitare la pubblica esibizione delle ricchezze, si proibivano abiti che potevano essere considerati licenziosi o immorali, si cominciò a misurare l’ampiezza e la profondità degli scolli, la trasparenza dei veli, la lunghezza delle maniche, si voleva evitare che, permettendo a chiunque l’accesso a particolari beni, nascessero dei fraintendimenti nell’identificazione delle varie classi sociali. Ad esempio, solo un uomo di una certa condizione poteva indossare un mantello rosso, i bottoni sulle maniche erano una prerogativa delle donne importanti.
Nel volume viene anche raccontata la vita del frate domenicano Girolamo Savonarola e delle sue idee riformatrici che avrebbero dovuto coinvolgere il clero, la società, i singoli cittadini, raggiungendo indistintamente tutte le fasce sociali. Sosteneva un modello teocratico per la repubblica fiorentina instauratasi dopo la cacciata dei Medici. La sua lotta contro i costumi corrotti, il costante richiamo a papa Alessandro VI, al clero corrotto, l’incessante predicazione contro i vizi, gli oggetti e le cerimonie superflue, lo portarono alla spettacolare, ma deleteria, cerimonia dei falò delle vanità. Il 27 febbraio 1498, andarono in fumo molte opere d’arte, ma questo rogo non portò fortuna al Savonarola visto che, condannato come eretico e scismatico, il 23 maggio, nella stessa piazza venne impiccato assieme a due dei suoi fedeli seguaci. I corpi vennero bruciati in un rogo e le ceneri disperse nelle acque dell’Arno.
Questi non sono che pochi esempi degli argomenti affrontati e descritti in questo interessante e bel volume ricco di numerose illustrazioni a colori di quadri, manoscritti, stampe, codici miniati, casseforti, chiavi, tavolette, incisioni, lettere ed altro ancora. Non si tratta di un volume pensato per i numismatici ma sicuramente merita l’attenzione di tutti coloro si interessano di monete. Nella sezione 1 (Il fiorino, immagine di Firenze nel mondo) sono illustrati gli statuti dei monetieri (1314-1461), il fiorinaio, fiorini d’oro, fiorini in argento da 12 e da 20 denari, il popolino del 1306 da soldi due e altre monete fiorentine. La lettura, piacevole e scorrevole, ci offre un affascinante viaggio nel tempo, un’immersione nel variegato e policromo mondo della Firenze tra il Medioevo e il Rinascimento dove il “rischio” (parola usata dai banchieri per dare il nome al denaro per coprire le loro spese), l’usura (interesse sul prestito), l’attività dei mercanti-banchieri, l’accumulo e la circolazione di grandi ricchezze, lo splendore del mecenatismo privato, il fiorire delle arti, portarono alla creazione di capolavori che ancora oggi possiamo ammirare stupiti. Attraverso lo sfavillio aureo dei fiorini, i brillanti ed intensi colori dei dipinti, i bagliori spettrali dei roghi, possiamo rivivere il passato e rimanerne affascinati, avere a disposizione uno strumento critico per meglio interpretare il passato ma, nello stesso tempo, anche per decodificare il presente. Il mito del mecenate è strettamente legato alle vicende dei banchieri che finanziarono le imprese dei regnanti, questo fatto favorì e permise l’opera di grandi artisti. Mecenatismo che talvolta nasce come gesto penitenziale ma, più spesso, come affermazione e strumento di potere.
DENARO E BELLEZZA
I BANCHIERI, BOTTICELLI E IL ROGO DELLE VANITA’
Catalogo della mostra, Firenze, Palazzo Strozzi, 17 settembre 2011- 22 gennaio 2012
Giunti editore Firenze 2011
24,5 x 26 cm, 288 pp.
38 euro