di Gianni Graziosi
Questa volta il veronese Damiano Cappellari ci sorprende davvero con un appassionato volume dedicato al conte Alessandro Magnaguti, uno degli ultimi grandi numismatici italiani. Da ricordare che Cappelari si è già dedicato come saggista ad argomenti di numismatica, ha esordito con il volume Emozioni Numismatiche. Apologia del Nummofilo (2012), a cui ha fatto seguito Elogio della Numismatica. Elogium Nummophiliae (2015) e, con lo pseudonimo Demian Planitzer, Memorie di un nummomane ovvero tramonto di un collezionista di monete antiche (2017).
Il volume, come un diario personale, ci porta alla scoperta del nobiluomo mantovano nato nel castello di Cerlongo di Goito (Mantova) il 21 settembre 1887 e morto a Sermide (Mantova) il 13 agosto 1966. Magnaguti fu un famoso nummofilo, nummologo e nummomane, quest’ultimo termine inteso come il collezionista che non sa controllarsi e che deve avere a tutti i costi quella moneta particolare che gli manca. Il conte era ricchissimo, non badava a spese per aggiudicarsi monete che avrebbero fatto gola a un altro grande collezionista dei suoi tempi, il re d’Italia Vittorio Emanuele III. Per tutta la sua vita il conte si occupò di ricerche e studi sulla natia Mantova, sui Gonzaga che la governarono, prima come signori (dal 1328) poi come marchesi e duchi fino al 1707, per questo venne definito «l’ultimo Cavaliere dei Gonzaga». Si interessò anche di numismatica, di letteratura, di storia e di poesia.
L’autore confessa di ver iniziato il suo lavoro «non sapendo nulla che quattro righe e tanta curiosità»1 e scrive, in una specie di diario con personali riflessioni, le sue piste, i suoi viaggi, le sue scoperte, con le curiosità che pian piano reperisce per documentare l’esistenza del famoso collezionista di monete ed analizzare vari aspetti della sua personalità, come uomo, come studioso, come erudito e poeta. Egli pensa che solamente in questo modo avrà la possibilità, almeno spera, di fare rivivere ai lettori le stesse sensazioni che egli ha provato, di volta in volta, mentre andava alla scoperta del conte mantovano. Personalmente penso proprio che ci sia riuscito in pieno. Nel suo romantico viaggio Cappellari incontra persone che hanno conosciuto il conte, visita le sue splendide dimore a Mantova, Cerlongo e Sermide, consulta documenti, legge lettere, prende visione di foto e dipinti, elementi che permettono di tratteggiare la vita del conte. La passione dell’autore per Alessandro Magnaguti, che definisce «il poeta della nummologia», si evidenzia in questo volume e coinvolge il lettore.
Sicuramente una biografia anomala, ma vissuta in prima persona con grande pathos, con intensa emozione, indubbiamente faticosa ma ricca di soddisfazioni da parte dell’autore, non ultima quella di ritrovare un quadro, di cui si erano perse le tracce, con il ritratto del conte. Sulla tela c’è scritto «Alex de Magnagutis et comes et doctor et generosus eques aetatis XXIV», il ritratto fu eseguito, dal pittore Archimede Bresciani da Gazoldo, quando il conte aveva solamente 24 anni, eravamo quindi nel 1911. Cappellari ha scritto la biografia del conte Magnaguti raccontando quello che gli è capitato durante il percorso fatto alla sua scoperta in una specie di analisi introspettiva.
Dal volume si possono estrapolare informazioni, aneddoti, notizie, curiosità sulla vita vissuta da un vero patrizio, un uomo d’altri tempi, nobile nei sentimenti e negli atteggiamenti. Si viene così a conoscenza che il conte fu incarcerato nelle carceri di Rovigo come “noto antifascista” e agitatore di ribelli. Chiamava “Musso” il duce davanti ad altre dame con grande imbarazzo della moglie. Quando, nel 1935, arrivò a tutti i soci dell’Accademia Virgiliana, di cui Magnaguti era membro, una lettera che li obbligava a dichiarare la propria iscrizione al partito fascista, egli significativamente rispose: «Non sono iscritto al PNF. Osservato questo mio esplicito dovere (di rispondere) non aggiungo altro»2. Ed ancora, una confidenza ricevuta sul conte la quale ci informa «che se portava qualcuno a visitare il suo medagliere voleva che usasse i guanti per toccare le monete e si preoccupava che con la bocca non stesse sopra a queste per evitare che qualche goccia di saliva, parlando, partisse e vi si depositasse»3.
Ormai anziano il conte mise all’asta la sua tanto amata collezione costituita da circa 8.000 monete, comprese quelle dell’imperatore Adriano, sua grandissima passione giovanile. Unica eccezione quelle di Mantova che decise di conservare fino alla fine, «un mantovano non poteva, infatti, tradire la carne della sua carne». Queste ultime erano 2.180 monete4. Allo scopo di conservare memoria storica della collezione scrisse e fece pubblicare l’opera, in dodici volumi, battezzata da Magnaguti stesso Ex Nummis Historia, la storia delle monete. Solo per fare un esempio del modo con cui il conte illustrava le sue monete, riporto parte della descrizione, tratta dal volume V, tavola n. 343, della lira o trono di Venezia: «Durante il dogato di Nicolo Tron – che si era fatto crescere la barba in segno di lutto per la morte del figlio Giovanni a Negroponte – fu effettuata, dal Consiglio dei Dieci, una importante riforma monetaria. Questa, oltre alle naturali conseguenze di carattere economico, ebbe notevoli riflessi numismatici ed artistici; […] venne impressa sopra una moneta veneta, per la seconda ed ultima volta, l’effige di un Doge. La nuova moneta, che fu incisa da Antonello di Pietro, detto anche della Moneta, urtò vivamente i sentimenti e la suscettibilità dei vecchi, austeri repubblicani dell’epoca, tanto che in una cronaca di quei tempi si può leggere: “…i signori tiranni si mettono in medalia e non i savi della repubblica…”»5. Ricordo che Nicolò Tron fu il 68° doge della Repubblica di Venezia, in carica dal 1471 al 1473.
Vale la pena sottolineare che, nel 1993, l’allora Banca Agricola di Mantova acquistò l’importantissima collezione di monete gonzaghesche che il conte decise di tenersi fino alla morte, la maggiore e più completa raccolta di monete del mondo coniate dalle zecche dei Gonzaga. In essa sono presenti monete uniche (ben 24), 130 quelle sconosciute al Corpus Nummorum Italicorum di Vittorio Emanuele III e 219 quelle mancanti nella collezione Reale. Già pochi anni dopo la morte del conte, nel 1972, la collezione era stata dichiarata, per la sua grande importanza, indivisibile dal Ministero dei Beni Culturali. Le monete e le medaglie della famiglia Gonzaga sono considerate tra le più belle e raffinate, merito soprattutto dei grandi e valenti artisti che i marchesi e i duchi mantovani vollero alla loro corte.
Il volume è un appassionato omaggio alla multiforme e complessa personalità di un grande uomo, un collezionista di monete e uno studioso, degno della massima attenzione e che meriterebbe, secondo l’autore, una maggior testimonianza da parte della città di Mantova. Le numerose fotografie che arricchiscono e vivacizzano il testo, che si legge con facilità, la narrazione avvincente e scorrevole, rendono questo libro una piacevole lettura. Cappellari ricostruisce, con il suo personale stile, le vicende umane del conte Alessandro e di molti personaggi legati in un qualche modo alla sua vita, sia parenti, sia mogli (furono due), sia amici che semplici conoscenti. Ampio spazio è dato all’analisi e al commento dell’opera fondamentale per cui è stato ricordato, i dodici volumi della Ex Nummis Historia.
La brillante e vivida ricostruzione della vita del conte Alessandro Magnaguti lo rendono un personaggio affascinante e seducente, lo descrivono vivo e presente. Un uomo sensibile, che non si faceva mancare nulla nella vita, amante del buon vivere ma che soffriva per non aver avuto un figlio. Di tutto questo dobbiamo essere grati alla curiosità, alla pazienza, alla penna e, perché no, allo spirito da detective, novello Sherlock Holmes, dell’autore.
Note:
1 Pagina 25.
2 Pagina 27.
3 Pagina 294.
4 Pagina 398.
5 Pagina 384.
Damiano Cappellari
Alla scoperta del conte Alessandro Magnaguti. L’ultimo cavaliere dei Gonzaga
Il Rio Srl , Mantova, 2019
pp. 476 – 28 euro