di Simonluca Perfetto
ALCUNE MONETE RAFFIGURANTI L’INCORONAZIONE DI FERDINANDO I D’ARAGONA FURONO PROBABILMENTE CONIATE IN UNA DELLE ZECCHE ABRUZZESI, COME POSSONO DIMOSTRARE LE SIGLE APPOSTE SULLE STESSE E LA RECENTE DOCUMENTAZIONE
Molto recentemente su questa rivista è apparso un articolo dalle premesse particolarmente interessanti1, attinenti la presentazione di un coronato. In merito alla disamina delle fonti note sul tipo di sigla che connota tale moneta, ovvero in relazione all’assenza di essa sigla, si possono aggiungere importanti osservazioni.
Preliminarmente si deve tener presente che la zecca di Lanciano, nei primi anni di regno di Ferdinando I d’Aragona2, ha un mastro di zecca proprio, tal Silvestro Bossi3. La contemporanea operatività del Bossi e del Cotrullo nel Regno non rende istituzionalmente possibile l’utilizzo della sigla ‘B’ sulle monete di quest’ultimo, in quanto il cognome Bossi ha precedenza sul nome del Cotrullo4. Pertanto le monete siglate con la lettera ‘B’ sono state coniate a Lanciano (e non a Napoli), in uno dei due momenti eccezionali in cui la zecca di Lanciano ebbe il proprio mastro esclusivo. Dopo il periodo di attività del Bossi, infatti, le monete lancianesi sono caratterizzate dall’assenza delle sigle, giusta ordini impartiti dallo stesso Ferdinando5, poi reiterati da Alfonso II6, migliorati dal viceré Toledo7, nuovamente adottati dai viceré di Filippo II8 e ancora impartiti nel 16239. Detti comandamenti imponevano al mastro di zecca della capitale l’apposizione delle sue iniziali sulle monete coniate nelle zecche di Napoli e l’Aquila, con pesanti sanzioni in caso di trasgressione. Al contrario l’autore in esame, in linea con la bibliografia ottocentesca, presenta un coronato con la ‘B’10 e un ducato d’oro senza sigle11, assegnandoli alla zecca di Napoli, benché battuti a Lanciano.
Da un esame di quanto recentemente pubblicato12, si può rilevare che nel Regno di Napoli non esiste soltanto la zecca della capitale ma ve ne sono diverse, cosiddette minori, le quali per giunta si sommano alle due grandi zecche dell’Aquila e di Lanciano. Dunque, nella presentazione di un coronato13, si sarebbe dovuto almeno mettere a confronto l’attività delle tre principali zecche di Napoli, Aquila e Lanciano, come poc’anzi spiegato. Tanto premesso, non è così scontato (anzi è certo il contrario) che tutti i coronati, cosiddetti dell’incoronazione, siano stati coniati a Napoli.
Infatti anche l’Aquila e Sulmona batterono monete senza distintivo civico 14. Lo scrivevo nel mezzo del 2013, in relazione alle coniazioni lancianesi, perfettamente “anonime” nell’ambito del Regno. Più esplicito non potevo essere.
La proverbiale durezza di Ferrante, all’esito dell’invasione angioina, non risparmiò la moneta, ma allo stesso tempo non fu causa della pretesa15 perdita di importanti piazze come quelle abruzzesi.
Ancora una volta, la soluzione della problematica risiede in queste poche parole:
Et nobili Silvestro Bossi de Florentia magistro Sicle terre Lantiani et quod cudat seu cudi faciat aragonenses, sic fit in Sicla Aquile16.
Esse ci informano:
- non solo dell’esistenza di un mastro di zecca ad hoc per Lanciano, cioè presente in loco, ma diverso da quello della zecca di Napoli;
- non solo dell’attività della zecca di Lanciano, fatto inedito;
- non solo dell’attività della zecca dell’Aquila, fatto inedito;
- non solo del fatto che in queste due ultime zecche si coniassero monete aragonesi; ma soprattutto del fatto che la zecca di Lanciano doveva uniformare le proprie emissioni a quelle aquilane. Questo è quanto è scritto nel frammento, senza dover effettuare particolari interpretazoni e/o ragionamenti. Per il resto va da sé che per i primi anni di regno di Ferdinando, non conoscendosi monete con segni distintivi delle università o dei baroni, le monete delle altre zecche vadano ricercate tra quelle che da secoli sono attribuite alla sola zecca di Napoli.
Partendo dunque dal dato più certo e incontrovertibile di cui disponiamo, attestante che le monete con la ‘B’ sono state battute a Lanciano, bisogna trovare monete conformi17 ad esse, al fine di individuare quelle battute all’Aquila o almeno una parte di esse.
La caratteristica peculiare di questo coronato con la ‘B’ risiede nel fatto che la croce è liscia, a differenza dei numerosi esemplari che la portano rigata.
Anche il coronato, presentato da Di Rauso, reca una croce liscia. Se questi aspetti vengono inquadrati nell’ambito della conformità monetaria che il frammento prescrive, la zecca più plausibile per il coronato di cui si discute è proprio quella dell’Aquila.
Altra particolarità del coronato in esame è la doppia sigla che oggettivamente costituisce un parametro in più rispetto a quello che sarebbe il cliché della zecca napoletana, contraddistinto sovente da un’unica sigla. Ne deriva che il requisito della doppia sigla, invece molto ricorrente sulle monete aquilane, si contrappone alle monete napoletane, per quanto la marcatura sia stata modulata di volta in volta, a seconda dell’avvicendamento e dei mutamenti degli appalti monetari, nonché dal tenore delle concessioni ricevute dalla città aquilana.
Non aggiungo altro, al fine di rimanere esclusivamente ancorato alle fonti documentarie certe, le quali indirizzano tale moneta verso la zecca dell’Aquila, piuttosto che verso quella di Napoli.
Articolo tratto da Panorama Numismatico nr.299 Ottobre 2014
Note
- Mi riferisco a F. Di Rauso, Un coronato inedito di Ferdinando I d’Aragona e sulla classificazione dei primi coronati della zecca di Napoli, in «Panorama Numismatico», 9/2014, pp. 13-18. Vedi anche versione online ↩
- Per una compiuta e scientifica disamina delle vicende di questo sovrano non si può prescindere da E. Nunziante, I primi anni di Ferdinando d’Aragona e l’invasione di G. d’Angio: 1458-1464, in ASPN, XIX, Napoli, 1898, e ancor più dalle Fonti aragonesi, a cura degli archivisti napoletani, opera attualmente accreditata in tredici volumi, nei quali sono trascritti numerosi frammenti superstiti che attengono al regno di Ferrante. Inoltre, spunti generici ma decisivi si trovano in G. Galasso, Il Mezzogiorno angioino e aragonese 1266-1494, UTET, Torino 2006. Non si dimentichi, poi, sotto il profilo strettamente numismatico, il corpus letterario dell’esimio numismatico francese, Sambon, la cui bibliografia, nell’ambito delle ricerche dell’Ottocento e del Novecento, è l’unica che possa vantare una certa tenuta nell’odierno contesto. ↩
- Vedi infra il documento relativo. ↩
- Di nome Benedetto, raguseo, mercante, mastro di zecca, molto conosciuto per il suo Della mercatura et del mercante perfetto (1458), dato alle stampe oltre 110 anni dopo la sua stesura. ↩
- ASNA, Cancelleria Aragonese, Curiae, vol. 2, Napoli, 23 ottobre 1494; Ordine al maestro delle zecche di Napoli e l’Aquila, ff. 106v e 109r. ↩
- Ibidem. ↩
- AGS, Vis It, leg. 16, exp. 17, Napoli, 22 settembre 1561; Instrucciónes para la cecca de la moneda ann 1543, 1546 y 1561, ff. 1r-15r (copia di ASNA, RCS, Curie, vol. 24, f. 47, oggi disperso) ↩
- Ibidem. ↩
- ASNA, RCS, Dipendenze, fascio 15, Napoli, 21 gennaio 1623; Libro del Credenziero maggiore, trascritto in C. Prota, La lettera A sulle monete di Napoli di Carlo V Imperatore e La Tabella delle Istruzioni della Zecca Napolitana, Tip.-Lit. Raffaele Confalone, Napoli 1914. ↩
- Cfr. Di Rauso 2014, fig. 5. ↩
- Cfr. ivi, fig. 2. ↩
- Vedi almeno A. Giuliani, Le monete d’oro della zecca aquilana, in «Bullettino della Deputazione Abruzzese di Storia Patria», XCVI, L’Aquila, 2006, pp. 307–334; Id., L’urna di San Bernardino nelle monete di Carlo V, in «Bullettino della Deputazione Abruzzese di Storia Patria», CI, L’Aquila 2010, pp. 87–111; S. Perfetto 2011, Aspetti politico-monetari all’epoca di Carlo V en el Reyno de Napoles, Aracne, Roma 2011; A. Giuliani, S. Perfetto, Politica feudale e monetaria di Alfonso d’Aragona: Il Marchesato di Pescara in potere degli Avalos-Aquino e la sconosciuta zecca aragonese di Rocca San Giovanni, Editrice Diana, Cassino 2013; S. Perfetto, L’officio di mastro di banca e un discorso intorno alli carichi et oblichi che teneno li regii officiali in la Regia Zecca dela Moneta di questa città di Napoli (10 di Iennaro 1584), in «Rivista Italiana di numismatica e scienze affini», CXIV, Milano 2013; Id., Monete e zecca nella terra di Lanciano: un particolare caso di demanialità sub signo Aragonum (1441-1554), Carabba, Lanciano 2013; Id., Ceca y monedas en la ciudad de Lanciano (1441-1640), Carabba, Lanciano 2013; Id., Lanciano demaniale in fiera. Il “privilegio dei privilegi” e la sua ignota zecca barocca (1212-1640), PresentARTsì, Castiglione delle Stiviere 2014. ↩
- Si rimanda al medesimo Di Rauso 2014 per le apparizioni di questa moneta. ↩
- Tratto da S. Perfetto, Monete e zecca nella terra di Lanciano, cit., p. 14. ↩
- L’assenza delle zecche in questo periodo, all’infuori di quella di Napoli, è soltanto un’erronea e maldestra costruzione bibliografica sedimentata nel tempo. ↩
- Società Napoletana di Storia Patria, ms XXVIII, B, 1, Repertorium alphabeticum solutionum fiscalium vel exemptionum Regni Siciliae Cisfretanae, vulgo Neapolis. Manuscriptum. Sæc. XV. Sane Servandum. Kalephatus, Napoli, XVI sec. (compilato forse dal 1545 in poi), f. 195r. Originariamente la notizia si trovava in ASNA, RCS, Comune, vol. 2, f. 320 e f. 331. Anno 1466. ↩
- Lo scopo principale dell’ordine, al di là delle preziose notizie che ci ha consegnato, era proprio quello di prescrivere la conformità monetaria nelle due più importanti province di confine del Regno, Abruzzo Ultra e Abruzzo Citra. ↩