Il volume, edito in occasione della 114a manifestazione VERONAFIL, tratta di alcuni pezzi enigmatici in piombo, più raramente in rame, aventi forma di conchiglia, che hanno particolarmente incuriosito l’autore. Egli ha intrapreso uno studio approfondito per cercare di fornire un’identità e, soprattutto, una funzione a questi antichi manufatti, le sue conclusioni sono presentate ed argomentate in questo interessante lavoro.
Pezzi, nella prima parte, affronta la monetazione nel mondo antico ponendo particolare attenzione ai precursori della moneta. Come noto, la nascita e la diffusione della monetazione, come oggi noi la intendiamo, è una conquista relativamente recente, risale infatti alla seconda metà del VII secolo a.C.
Precedentemente si utilizzava più che altro il sistema del baratto, oppure venivano utilizzati oggetti come mezzi di scambio. Nel corso della storia mondiale, anche recente, numerosissimi sono i beni che hanno anche svolto funzione di denaro. A titolo di esempio: l’acquavite in Canada, lo zucchero nelle Barbados, i semi di cacao nel Nuovo Messico, presso i Maya con cento semi si poteva acquistare una schiva. Il tabacco fu usato in Somalia, in Eritrea, nel Gibuti, il sale e il pepe ebbero una grande importanza essendo considerati un bene molto prezioso perché permettevano la conservazione dei cibi. A Venezia, in alcuni periodi del Medioevo, 100 kg di pepe erano pagati anche 80 ducati (3,56 g di oro). In molti casi oggetti ornamentali sono stati usati come denaro, per esempio, le collane realizzate con: “perle millefiori” prodotte a Venezia; denti, zanne o altre parti di animali; conchiglie come le “cauri” (Cypraea moneta, Cypraea annulus). Ed ancora armille, monete a forma di bracciale in uso presso molte tribù africane, potevano essere da polso o da caviglia, le cosiddette “croci del Katanga”, coltelli da parata e da cerimonia. Ma anche gong, tamburi, pesi zoomorfi, e tanto ancora. Agli abitanti dell’isola di Yap (gruppo insulare della Micronesia) e delle isole Palau sicuramente spetta il primato per la moneta più pesante e, probabilmente, anche più curiosa. Usavano come monete delle masse discoidi di pietra aragonite (forma cristallina del carbonato di calcio) forate al centro, il cui diametro può arrivare fino a 2-3 metri ed il peso a qualche tonnellata. L’elenco potrebbe continuare a lungo ma, per non togliere il gusto della sorpresa, rimando alla lettura del volume.
Successivamente l’autore affronta brevemente l’evoluzione della moneta nel mondo greco e romano, proponendo inoltre l’analisi di alcuni termini antichi che sono ancora in uso come: moneta, capitale, pecunia, libbra, marco. Quindi passa ad illustrare questi manufatti metallici, quasi certamente realizzati in serie con l’uso di matrici, che presentano un lato liscio mentre l’altro mostra dei segni a costole in rilievo che fanno assumere al pezzo la forma di una conchiglia. Vengono descritti e classificati 59 esemplari (52 in piombo, 7 in rame) che sono stati raggruppati in 6 tipologie (tipo A, B, C, D, E, F) in base al peso ed alle dimensioni. Il tipo definito A ha un peso medio di 15,91 g, mentre il più pesante, tipo F, arriva ad un valore medio di 181,1 g. Queste “conchiglie”, abbastanza rare, sono segnalate con maggior frequenza nella Pianura Padana, soprattutto nel territorio fra la riva del Po mantovano (Viadana – Mantova) fino alla riva lombarda del lago di Garda (Salò – Brescia). Manufatti di questo tipo sono stati rinvenuti anche in toscana, in provincia di Grosseto. Molto probabilmente l’area di ritrovamento fu anche la zona di maggior diffusione e circolazione di questi interessanti pezzi. Dalle osservazioni e dalle ricerche effettuate Franco Pezzi è abbastanza certo che questi oggetti non erano di uso ornamentale; scartata anche la congettura che potessero essere dei “pesi monetali”, avanza l’ipotesi che queste “conchiglie” siano state vere e proprie monete, al pari dell’Aes Rude e dell’Aes Signatum, con sei “nominali” diversi. L’autore avanza anche una possibile datazione e la fissa, per quanto riguarda la durata di produzione e l’uso di questo particolare tipo monetale, presumibilmente dal VII-VI secolo a.C. fino al II secolo a.C.
Per comprendere l’effettiva possibilità di una serie monetale conformata a conchiglia viene ricordato che, in passato, conchiglie vere furono impiegate come monete. La notorietà e l’uso fecero sì che si arrivasse persino a fissare un cambio ufficiale e venissero accettate nelle banche come una qualsiasi valuta. Ad esempio nel 1892, in Mali, un Franco era valutato 500 Cauri. Un dato particolarmente interessante è quello che i pesi delle conchiglie-moneta sono compatibili con i valori delle unità di misura impiegate nell’antichità. Ad esempio il tipo F con un peso medio di 181,1 g è conciliabile con il semiasse emesso nel 280-245 a.C. (peso da 195-134 g). Queste conchiglia-moneta, secondo l’autore, erano di grande praticità soprattutto nelle piccole transizioni quotidiane perchè, a differenza dell’Aes Rude e dell’Aes Signatum, non era necessario spezzarle.
Pezzi conclude affermando che: “Allo stato attuale degli studi le ipotesi espresse in questa sede necessitano ancora di opportune verifiche archeologiche. In particolare sarebbe auspicabile il rinvenimento di qualche sepoltura in cui, fra il corredo funebre, si trovassero anche esemplari di conchiglia-moneta, meglio se abbinati a frammenti di Aes Rude o di qualche altra forma monetale più recente.”. Il volume, ricco di informazioni e curiosità sui precursori della moneta, con illustrazioni a colori, è decisamente piacevole ed affronta, in modo semplice, un argomento particolarmente stimolante e poco noto: la presunta conchiglia-moneta. Sicuramente da leggere e conservare in biblioteca.
Franco Pezzi
Conchiglie di piombo
Editoriale Sometti, Mantova (2010)
64 pp., 17 x 24 cm
S.i.p.
6 Comments
martucci giuseppe
saremmo interessati a ricevere il volume in oggetto per ampliare la biblioteca storiconaturalistica del gruppo naturalistico dauno .Grazie
martucci giuseppe
interessante pubblicazione da approfondire il contenuto
Massimo Bosi
Salve, in redazione non l’abbiamo, vi consiglio di provare a contattare l’editore Sometti, http://www.sometti.it. Cordiali Saluti
Alessandro
gentili Sig.ri, circa una trentina di anni fa (ma anche di più), ho ricevuto in dono da un amico di famiglia uno strano “pezzo di rame” pesantissimo ed istoriato, fatto a mezzaluna quasi ad assomigliare ad un bracciale. L’amico mi disse che veniva usato in territori africani come moneta, io per anni l’ho usato come fermacarte data la sua assoluta robustezza. Possibile che abbia un certo valore? Come fare per scoprirlo? Potete darmi indicazioni? Qui nella vostra pagina trovo un’immagine molto simile…grazie! Saluti, Alessandro.
Sandro
Salute a tutti,
anch’io mi ritrovo un oggetto di rame simile a quello pubblicato a video… a chi posso chiedere per saperne di più?! Grazie
Sandro
Gabry
Gli Ares rude sono seminati in tutto il Mediterraneo, soprattutto in Sardegna. Chiunque possiede di questi oggetti e pregato di consegnarli al proprio comune di residenza, perché la storia ha ancora molto da raccontarci.