Articoli su argomenti vari legati alla numismatica, alle monete e alle medaglie. Articoli di costume, usanze e curiosità numismatiche.

Guglielmo Gonzaga con reggenza della madre Margherita (1550-1566), scudo del sole, appartenuto alla collezione Magnaguti (ex Pandolfini, novembre 2018 lotto 187).
di Gianni Graziosi
LO STUDIOSO DAMIANO CAPPELLARI HA RINTRACCIATO L’OPERA IN UNA COLLEZIONE PRIVATA GENOVESE.
Non sono sicuramente in errore se immagino che tutti gli appassionati di numismatica conoscano, di nome, il conte Alessandro Magnaguti, grande conoscitore, studioso e collezionista di monete e medaglie gonzaghesche. Nato nel castello di Cerlongo di Goito (Mantova), il 21 settembre 1887, si laureò in giurisprudenza all’Università di Napoli e si dedicò all’amministrazione del patrimonio familiare. Quale ufficiale di cavalleria prese parte alla prima guerra mondiale, servendo la patria dal 1915 al 1918. Per tutta la vita si occupò di ricerche e studi sulla natia Mantova, sui Gonzaga che la governarono, prima come signori, dal 1328, poi come marchesi e duchi fino al 1707 e, ovviamente, di numismatica. Fu pure uno studioso dell’antichità e amante della letteratura e della poesia. Morì a Sermide (Mantova) il 13 agosto 1966.
Studio del Dott.Stefano Poddi tratto dagli atti del XV International Numismatic Congress di Taormina, 2015. Info: inc-cin.org
“La guerra non è che la continuazione della politica con altri mezzi…”, cosi scriveva Karl von Clausewitz (1780–1831) nel suo trattato di strategia militare “Della guerra” (Vom Kriege), al quale lavorò dal 1818 al 1830 e che venne pubblicato postumo nel 1832.
La guerra però, anche se può essere considerata uno strumento politico, quindi frutto di una decisione di organismi politici rappresentanti la maggioranza della comunità, ha effetti ben più cruenti e devastanti di ogni altro strumento politico, e’ una strada senza ritorno dove ci si gioca il tutto per tutto.
Un conflitto militare, al di là di quanto scriveva, tentandone una razionalizzazione, il teorico militare prussiano, e’ costituito da tattiche e strategie, da uomini e mezzi, da paura e terrore, da feriti, morti e moribondi.
Sandokan non ignorava che una imprudenza poteva cagionare una vera catastrofe, come non ignorava che fosse capace di fare lord James per impedire che sua nepote avesse a cadere fra gli artigli della Tigre della Malesia. Poteva darsi che il maledetto insospettito avesse ad abbandonare Labuan portando seco Marianna, e si ritirasse nei possedimenti inglesi di Sarawak, e il pirata che sentiva di non poter guarire dalla terribile malattia che albergava nel suo cuore, voleva a ogni costo distruggere anche il più piccolo sospetto». Chi, da giovane, non ha avuto una grande passione per il ciclo di Sandokan e Yanez de Gomera, per le tigri di Mompracem, considerati come eroi, difensori di libertà e indipendenza, mentre il rajah bianco di Sarawak, James Brooke, nei romanzi di Salgari è raffigurato come un feroce tiranno. La realtà invece è diversa e, senza mai esser stato nelle isole dell’arcipelago del Borneo, Salgari capovolse la storia diffamando un personaggio che era un autentico e coraggioso altruista, un capo saggio e illuminato.
Scarica articolo completo I RAJAH BIANCHI DI SARAWAK tratto da Panorama Numismatico nr.336, febbraio 2018
La collezione numismatica Este
Nel dicembre 2014, nella veste di Direttore del Monetiere del Museo Archeologico Nazionale di Firenze, ho curato, in stretta collaborazione con l’Archivio di Stato di Firenze, la mostra “Si tiene pegno in Guardaroba- Monete d’oro con la contromarca di Casa d’Este nel Medagliere Mediceo”.
In quell’occasione furono esposte 251 monete in oro conservate nel Museo Archeologico (un altro esemplare dello stesso nucleo è conservato nel Museo del Bargello di Firenze) frutto dell’acquisizione del 1646 ad opera del Granduca Ferdinando II de’ Medici e con il concorso del fratello Cardinale Leopoldo, noto collezionista numismatico.
L’inflazione che colpì il marco tedesco nel primo dopoguerra, periodo che va dal novembre 1918 alla fine del 1923, rappresenta sicuramente un caso clamoroso di tutta la storia del mondo finanziario ed economico. Quello che avvenne durante questo periodo ebbe veramente dell’incredibile. L’iperinflazione weimariana esplose, in tutta la sua drammaticità, nel biennio 1921-1923, nel corso della sua fase finale il marco valeva un bilionesimo del valore che aveva nel 1914. All’epoca il governo centrale della repubblica di Weimar fece stampare banconote di taglio sempre più elevato e, nello stesso tempo, non fece coniare monete metalliche in mark, tranne pezzi in alluminio con valore 3 marchi, nel periodo 1922-1923, e da 200 e 500, nel 1923. Il 5 novembre 1923 la Reichsbank aveva posto in circolazione il biglietto, stampato su un solo lato, da un bilione di marchi (1.000.000.000.000 in altre parole 1.000 miliardi). All’epoca il biglietto da un bilione valeva circa 5 lire italiane. Il taglio più elevato di una banconota durante il periodo dell’iperinflazione tedesca fu di 100 bilioni di marchi.