Articoli su argomenti vari legati alla numismatica, alle monete e alle medaglie. Articoli di costume, usanze e curiosità numismatiche.
Il codice ISO 4217 (Currency Code), comunemente usato nel sistema bancario e nel mondo economico, è uno standard internazionale impiegato per definire i nomi delle valute. Esso è costituito da tre lettere: le prime due corrispondono al codice nazionale (definito dall’ISO 3166-1 alpha-2, una lista di 248 codici assegnati ufficialmente a nomi dei vari stati) mentre la terza, solitamente, corrisponde alla lettera iniziale della valuta. Ad esempio, il franco svizzero, utilizzato anche a Campione d’Italia e nel Principato del Liechtenstein, è rappresentato dal codice CHF, dove CH indica la Svizzera e F la lettera iniziale della valuta. Ricordo che l’organizzazione internazionale per la normazione (ISO) è la più importante organizzazione, non governativa, per la definizione di norme tecniche di standardizzazione, fondata il 23 febbraio 1947. Le norme sono numerate e nella lista di standard il codice ISO 1, ad esempio, stabilisce che la temperatura di riferimento rispetto a cui devono essere espresse e misurate le grandezze geometriche degli oggetti sia di 20°C (o 293,15 K).
Nel numero di marzo scorso [ndr nr.183 – marzo 2004] avevo pubblicato una curiosa matrice per produrre monete false da 20 kreuzer con una colata di una povera lega a base, probabilmente, di stagno. Raccogliendo nuova bibliografia sull’argomento ed altre piccole notizie se ne può dedurre che questo pratico sistema di produzione a fusione fu molto in voga tra la fine del Settecento fino al Novecento infestando la circolazione monetale di tutta la penisola.
La fusione infatti era assai più semplice della coniazione e, bontà del metallo a parte, costava molto meno. L’economista Ferdinando Galiani nel suo Della moneta proponeva, per risparmiare sui costi della zecca, di ritornare all’antico modo della fusione. Qui sarebbe ogni vantaggio. Due punzoni d’acciaio stamperieno il dritto e’l rovescio d’una moneta in due madri, e quasi petrelle di rame, ove due uomini, senz’altra spesa che calo, rinettatura e carvone, ogni gran somma il giorno ne getterieno, tutte eguali di peso e di corpo, e perciò più atte a scoprire o forbicia o falsità. La fusione garantiva quindi bassi costi di produzione ma poteva essere usata anche dai falsari.
Segue: articolo completo tratto da Panorama Numismatico nr.189 – ottobre 2004
Vedi anche Ancora sulle monete false ottenute per fusione (articolo online) tratto da Panorama Numismatico nr. 225/gennaio 2008
di Lorenzo Bellesia
Nell’Archivio di Stato di Modena molti anni fa trovai il documento che presento in questo articolo. E’ un trattato, molto breve, sulla coniazione delle monete e sulla fusione dei metalli ma sembra essere stato composto, almeno così sembra, da un appassionato alchimista.
L’alchimia era una dottrina tra la magia e la religione che aveva lo scopo di affinare e mutare i metalli vili in nobili. L’oro era quindi l’elemento da trovare perchè considerato il primo dei corpi elementari.
Le legislazioni cercarono spesso di combattere l’alchimia perchè la sua pratica poteva sconfinare nell’illegalità. Se, infatti, era ben difficile trasformare i metalli vili in oro, era tuttavia possibile, come dimostra ampiamente il trattato che qui si presenta, indorare o falsificare le monete. E’ noto – scriveva Ferdinando Galiani – quanto si siano gli uomini travagliati per imitar l’oro e moltiplicarlo; ed è nella luce del nostro secolo divenuta così ridicola e vilipesa questa misteriosa scienza, che “alchimia” si dice, quanto forse fu in altri tempi venerata e culta. Egli fa anche una considerazione d’ordine morale: tanto poco resiste al tempo ed alla verità un inganno misterioso, che promette utilità sproporzionate agli ordini della natura. Quello però, che a me è paruto sempre strano, è il conoscere che questa scienza di disprezza, non per lo fine ch’ella si propone, il quale anche agli stessi disprezzatori sembra grande ed eccellente, ma perchè si sa non poter ella giungere a conseguirlo.
Segue: articolo completo in formato pdf tratto da Panorama Numismatico nr. 206/aprile 2006
Breve storia dei falsi numismatici
di G.Fenti
Spesso ci chiedono come sia possibile distinguere le monete false da quelle originali. Il problema è molto complesso e di difficile soluzione per diversi motivi. Complesso perchè il campo della numismatica è molto vasto e diverse tra loro sono le monete costruite sia per fusione che per battitura, da circa duemilaseicento anni a questa parte. Difficile perchè la fantasia dei falsari è immensa e i metodi di costruzione dei falsi si evolvono continuamente, diventando sempre più raffinati.
Le monete false hanno inquinato moltissime collezioni, sia private che pubbliche, grandi e piccole, anche le più famose. Assieme ai falsi veri e propri, sono state costruite anche imitazioni di monete molto note, quasi sempre rare, a volte senza l’intenzione di mortificare il collezionista. Alcune di queste imitazioni hanno raggiunto un notevole valore artistico e tecnico tanto da crearsi una loro collocazione nell’ampio campo del collezionismo e quindi sul mercato numismatico.
Segue: articolo completo richiesto da un ns.lettore tratto da Panorama Numismatico nr.10/luglio 1985
Tra le moderne monete commemorative, le novità sorprendenti ed insolite sono sicuramente molto comuni e all’ordine del giorno. Nel 2014 la Repubblica di Palau e le Isole Cook hanno messo in vendita due pezzi quanto meno originali che, tramite dieci inserti circolari termosensibili, possono indicare realmente la temperatura compresa fra 57 e 90 gradi Fahrenheit, oppure fra 14 e 32 gradi Celsius. Sulla faccia nazionale delle due monete compaiono rispettivamente lo stemma dello stato insulare dell’Oceano Pacifico (Palau) oppure il ritratto di Elisabetta II (Isole Cook), sull’altro lato, in un tondello, è raffigurato il termometro di Fahrenheit o il ritratto di Celsius circondati dagli inserti sensibili alla temperatura. I pezzi, coniati in argento 925‰, in qualità fondo specchio, al valore facciale di 5 dollari, hanno un diametro di 50 mm e un peso di un’oncia (31,1 g). Diversa la tiratura, che risulta essere limitata a soli 450 esemplari per la moneta di Palau e 1.744 per le Isole Cook.