Studi a articoli numismatici sulle monete e medaglie italiane medioevali e moderne. Le zecche delle città italiane, le monete e le medaglie italiane negli studi di Panorama Numismatico.
di Fabrizio Arpaia
Si ringraziano per la gentile collaborazione Francesco Di Rauso e Pietro Magliocca
La necessità riscontrata negli ultimi anni di dover aggiornare la maggior parte della monetazione vicereale uscita dalla zecca di Napoli ha portato alla riscoperta, tra le varie, di una tipologia tanto sottostimata quanto complessa: il mezzo carlino. Chiamato anche “zannetta”, era moneta del popolo, coniata in argento, che fu marchiata di infamia durante la sua esistenza perché vittima preferita dei tosatori tanto da diventare sinonimo di mala moneta. Tra i numerosi esemplari coniati sono presenti diverse varianti. Non tutte sono state catalogate, né è facile farlo: le condizioni in cui verte la maggior parte degli esemplari non sono ottimali per uno studio approfondito e completo della tipologia tanto che il solo fatto di trovarsi di fronte a un esemplare ben leggibile è una fortuna.
Per le monete della zecca di Napoli, però, non mancano mai le sorprese ed una è rappresentata dal mezzo carlino, oggetto del presente studio, che appartiene ad una tipologia completamente assente dalle moderne opere che trattano il periodo; non può ritenersi del tutto inedita poiché è riportata soltanto nel Corpus ma con piccole differenze ai nn. 572 e 580 (con Toson d’oro al rovescio rivolto a destra come nel nostro caso) e ai nn. 581 e 582 (con il Toson d’oro al rovescio rivolto a sinistra; CNI, tav. IX, 15). La breve indagine effettuata in questo studio dimostra che oltre ai quattro esemplari classificati nel CNI nessun altro studioso ha mai preso in seria considerazione questa importante tipologia né il vero significato celato dietro la corona posta sulla testa del re.
Segue: La misteriosa iconografia in un rarissimo mezzo carlino napoletano di Filippo III di Spagna articolo completo in formato pdf tratto da Panorama Numismatico nr.298 – Settembre 2014
di Pietro Magliocca
APPROFONDIMENTI SULLE VICENDE STORICHE E SULLE MONETE CONIATE A NAPOLI PER L’EVENTO, CON IMPRESSA LA LEGENDA “MAGNA OPERA DOMINI”.
Carlo V d’Asburgo, convinto difensore e sostenitore della fede cattolica, allo scopo di riconquistare alla cristianità la città di Gerusalemme e tutti i luoghi sacri, contrastò fermamente la riforma di Lutero. Il suo regno fu contrassegnato da una lunghissima guerra contro il suo rivale di sempre, Francesco I re di Francia, e la città di Napoli non ne rimase immune: nel 1528 venne invasa dalle truppe francesi di Odetto di Foix, visconte di Lautrec.
Contro il governo assoluto dell’imperatore Carlo V, la nobiltà cittadina e i baroni si schierarono, parteggiando per l’armata francese, scesa in Italia per volere del re di Francia, per liberare papa Clemente VII dalle prigioni di Castel Sant’Angelo. In quella occasione molti parentadi filofrancesi, ricordevoli di quel dominio sotto la casa d’Angiò, parteggiarono per Odetto de Foix, a causa del tedio ed odio del dominio spagnuolo.
Segue: Le quadrupe e le doppie d’oro di Carlo V per i tumulti napoletani del 1547 articolo completo in formato pdf tratto da Panorama Numismatico nr.298 – Settembre 2014
di Antonio Loteta
INTEGRAZIONE ALL’ARTICOLO DI MAURIZIO BONANNO
IN ASSENZA DI PROVE DOCUMENTALI, LO STUDIO ICONOGRAFICO E DELLE LEGENDE FORNISCE UN’OTTIMA BASE ALL’INDAGINE NUMISMATICA. E’ CIO’ CHE HA FATTO TEMPO FA MAURIZIO BONANNO SU UN DENARO SICILIANO, IN UN ARTICOLO CHE MANTIENE ANCORA OGGI IL PROPRIO VALORE, QUI RIPROPOSTO CON UNA INTRODUZIONE DI ANTONIO LOTETA.
La moneta ha sempre rappresentato un’emanazione del potere attraverso legende, icone, monogrammi, elementi grafici e immagini.
LO STUDIO DI ALCUNI TREMISSI RIVELA IL POSSIBILE SIGNIFICATO DEI NOMI CHE COMPAIONO SULLE MONETE DEL RE LONGOBARDO.
Da quando il Professor Arslan ha pubblicato il suo studio sui monetieri del re Liutprando si conoscono alcuni tremissi con il loro nome completo sul manto. Fino ad allora, dopo diverse congetture, si era giunti alla conclusione sostanzialmente unanime che la lettera sul busto indicasse il monetiere, mentre quella davanti al volto del re, nonostante svariate interpretazioni, era rimasta e rimane ancora incompresa.
Dopo l’ultimo ritrovamento di Wartau (CH), nel 1985, di due tremissi con scritte poco leggibili sul busto e i quattro tremissi AMBROSI, LOPO, ANTHEMO, (S)GOMOAD conosciuti dopo questo studio, in base alle scarne conoscenze di questa monetazione, tale enigma è rimasto insoluto. Per poter arrivare a formulare un’ipotesi con qualche crisma di credibilità sull’identità di questi nomi, è necessario considerare la monetazione longobarda più in generale.
Segue: articolo completo in formato pdf tratto da Panorama Numismatico nr.323 – Dicembre 2016
di Michele Chimienti, Guglielmo Cassanelli, Claudio Cassanelli
LE EMISSIONI DELLA ZECCA DI MODENA ALL’INIZIO DEL XVI SECOLO ANALIZZATE ANCHE ATTRAVERSO LA DOCUMENTAZIONE D’ARCHIVIO.
Prima parte
Questa ricerca si propone di chiarire alcuni aspetti della monetazione modenese all’epoca delle occupazioni straniere dell’inizio del XVI secolo, ossia dal 18 agosto 1510 sino al 6 giugno 1527, quando il duca Alfonso I d’Este riconquistò la città.
La zecca di Modena all’inizio del secolo XVI
La signoria estense era nata a Ferrara ma in seguito allargò i suoi territori comprendendo anche Modena, che si sottomise spontaneamente al marchese Obizzo II d’Este nel 1288. Nel 1306 i modenesi si ribellarono agli Estensi che ristabilirono il loro dominio nel 1336. Quando morì Ercole I (fig. 1) nel 1505 gli successe il figlio Alfonso I (fig. 3) che perse il dominio su Modena nel 1510, potendovi ritornare solo nel 1527.
Anche se il CNI attribuisce tutte le monete modenesi di Alfonso I al secondo periodo (1527-1534), esiste una documentazione che prova l’esistenza di emissioni anche prima del 1510.
Articolo completo in formato PDF tratto da Panorama Numismatico nr.306 – Maggio 2015.