Studi a articoli numismatici sulle monete e medaglie italiane medioevali e moderne. Le zecche delle città italiane, le monete e le medaglie italiane negli studi di Panorama Numismatico.
di Giuseppe Merlino
RINTRACCIATO UN ESEMPLARE DELLA MONETA, FATTA CONIARE DAL DUCA DI MILANO, PRIVO DEL BISCIONE VISCONTEO.
Ritorno agli amici collezionisti delle monete della zecca di Genova (ho già pubblicato tempo addietro, sul n. 102 del novembre 1998 di «Cronaca Numismatica», una variante inedita della madonnina o lira) presentando una variante inedita della petachina di Filippo Maria Visconti, duca di Milano, signore di Genova dal 1421 al 1435, che per la zecca di Genova ha coniato il ducato d’oro, il grosso, il soldino, la petachina o sesino e il minuto.
Della petachina con, al dritto, la leggenda F.M. DUX M D IA, con castello e biscia e, al rovescio, CONRADUS REX RO con la croce, il CNI cita 21 varianti.
La nostra moneta, del diametro di 19,3 mm e del peso di 1,2 grammi è priva, al dritto, del biscione visconteo, variante mai apparsa.
Spero di avere fatto cosa gradita a tutti gli appassionati collezionisti delle monete genovesi aver fatto conoscere questa mia moneta.
Articolo tratto da Panorama Numismatico nr.328 – Maggio 2017
IN ASTE RECENTI SONO STATI MESSI ALL’INCANTO RARI TREMISSI CHE POSSONO FORNIRE NUOVE INDICAZIONI SU ALCUNI CONTROVERSI ARGOMENTI.
La monetazione della Langobardia maior, intrigante e piena di fascino, conserva ancora parecchi misteri. Negli ultimi mesi sono apparsi, nelle aste internazionali, rarissimi tremissi di un interesse unico: tre tremissi del I tipo di Cuniperto, un Marinus mon, due tremissi di Ariperto I, addirittura quattro tremissi di Ratchis di cui tre con l’effige del re frontale (su quattro conosciuti) e il secondo tremisse conosciuto di Desiderio col San Michele. Tutta questa offerta di tremissi di eccezionale rarità ha ridestato l’interesse su questa monetazione alquanto trascurata.
Nei due secoli scorsi si sono cimentati svariati studiosi, con alterne fortune e varie ipotesi che non hanno avuto in seguito riscontri positivi. Attualmente, al contrario di altre monetazioni, pur in presenza di parecchi appassionati, gli studiosi sono pochi e i tremissi della Langobardia maior subiscono ancora la mancanza di risposte precise su alcuni loro controversi ma importanti argomenti.
Segue articolo completo in formato pdf – Curiosità sulla monetazione della Langobardia Maior – tratto da Panorama Numismatico nr.325 – Febbraio 2017
di Fabrizio Arpaia
Si ringraziano per la gentile collaborazione Francesco Di Rauso e Pietro Magliocca
La necessità riscontrata negli ultimi anni di dover aggiornare la maggior parte della monetazione vicereale uscita dalla zecca di Napoli ha portato alla riscoperta, tra le varie, di una tipologia tanto sottostimata quanto complessa: il mezzo carlino. Chiamato anche “zannetta”, era moneta del popolo, coniata in argento, che fu marchiata di infamia durante la sua esistenza perché vittima preferita dei tosatori tanto da diventare sinonimo di mala moneta. Tra i numerosi esemplari coniati sono presenti diverse varianti. Non tutte sono state catalogate, né è facile farlo: le condizioni in cui verte la maggior parte degli esemplari non sono ottimali per uno studio approfondito e completo della tipologia tanto che il solo fatto di trovarsi di fronte a un esemplare ben leggibile è una fortuna.
Per le monete della zecca di Napoli, però, non mancano mai le sorprese ed una è rappresentata dal mezzo carlino, oggetto del presente studio, che appartiene ad una tipologia completamente assente dalle moderne opere che trattano il periodo; non può ritenersi del tutto inedita poiché è riportata soltanto nel Corpus ma con piccole differenze ai nn. 572 e 580 (con Toson d’oro al rovescio rivolto a destra come nel nostro caso) e ai nn. 581 e 582 (con il Toson d’oro al rovescio rivolto a sinistra; CNI, tav. IX, 15). La breve indagine effettuata in questo studio dimostra che oltre ai quattro esemplari classificati nel CNI nessun altro studioso ha mai preso in seria considerazione questa importante tipologia né il vero significato celato dietro la corona posta sulla testa del re.
Segue: La misteriosa iconografia in un rarissimo mezzo carlino napoletano di Filippo III di Spagna articolo completo in formato pdf tratto da Panorama Numismatico nr.298 – Settembre 2014
di Pietro Magliocca
APPROFONDIMENTI SULLE VICENDE STORICHE E SULLE MONETE CONIATE A NAPOLI PER L’EVENTO, CON IMPRESSA LA LEGENDA “MAGNA OPERA DOMINI”.
Carlo V d’Asburgo, convinto difensore e sostenitore della fede cattolica, allo scopo di riconquistare alla cristianità la città di Gerusalemme e tutti i luoghi sacri, contrastò fermamente la riforma di Lutero. Il suo regno fu contrassegnato da una lunghissima guerra contro il suo rivale di sempre, Francesco I re di Francia, e la città di Napoli non ne rimase immune: nel 1528 venne invasa dalle truppe francesi di Odetto di Foix, visconte di Lautrec.
Contro il governo assoluto dell’imperatore Carlo V, la nobiltà cittadina e i baroni si schierarono, parteggiando per l’armata francese, scesa in Italia per volere del re di Francia, per liberare papa Clemente VII dalle prigioni di Castel Sant’Angelo. In quella occasione molti parentadi filofrancesi, ricordevoli di quel dominio sotto la casa d’Angiò, parteggiarono per Odetto de Foix, a causa del tedio ed odio del dominio spagnuolo.
Segue: Le quadrupe e le doppie d’oro di Carlo V per i tumulti napoletani del 1547 articolo completo in formato pdf tratto da Panorama Numismatico nr.298 – Settembre 2014
di Antonio Loteta
INTEGRAZIONE ALL’ARTICOLO DI MAURIZIO BONANNO
IN ASSENZA DI PROVE DOCUMENTALI, LO STUDIO ICONOGRAFICO E DELLE LEGENDE FORNISCE UN’OTTIMA BASE ALL’INDAGINE NUMISMATICA. E’ CIO’ CHE HA FATTO TEMPO FA MAURIZIO BONANNO SU UN DENARO SICILIANO, IN UN ARTICOLO CHE MANTIENE ANCORA OGGI IL PROPRIO VALORE, QUI RIPROPOSTO CON UNA INTRODUZIONE DI ANTONIO LOTETA.
La moneta ha sempre rappresentato un’emanazione del potere attraverso legende, icone, monogrammi, elementi grafici e immagini.