Studi a articoli numismatici sulle monete e medaglie italiane medioevali e moderne. Le zecche delle città italiane, le monete e le medaglie italiane negli studi di Panorama Numismatico.
di Franco Comoglio
UNA NUOVA IPOTESI SUL SIGNIFICATO DELLA LEGENDA “MARINUS MON” RIPORTATA SU ALCUNI TREMISSI LONGOBARDI.
Dalla prima discussione iniziata dal Cordero di San Quintino nel 1834 ad oggi, molte teorie, molte tesi si sono susseguite sui famosi e comunque non eccezionalmente rari tremissi “Marinus mon”. Non è nostra intenzione entrare nel merito della bontà delle varie tesi, a volte anche suggestive, ma certamente opinabili.
Si può notare che sui sei tremissi conosciuti (Brescia, Cividale, due di Milano, Torino, Zurigo) più qualcun altro in mani private, lo stile è diverso e vi è assenza di identità di conio (cfr. figg. 1-4), la quale cosa oltre ad indicare la copiosità di detti tremissi, permette di ipotizzare che difficilmente un addetto alla zecca avrebbe coniato o fatto coniare a suo nome una moneta con legende e stili diversi. Inoltre un addetto, per tanto fosse alta la sua carica (e comunque, su questa importanza eventuale, si sono aperte nel tempo ampie discussioni), non avrebbe presumibilmente avuto la necessità e l’autorizzazione di mettere il proprio nome sulle monete, a ridosso dell’editto di Rotari (qui sine iussionem regis…). La conseguenza logica, a nostro parere, è quella di considerare un’emissione sia centrale che periferica col nome di una importanza tale che fosse perlomeno superiore a quella dei vari duchi. Per poter pervenire a delle ipotesi in relazione alla monetazione col nome “Marinus mon” è opportuno effettuare sia considerazioni stilistiche che di tipo storico.
Segue: articolo completo in formato pdf da Panorama Numismatico nr. 279 – dicembre 2012
Franco e Vincenzo Rapposelli
In un nostro articolo apparso su questa rivista, la n.59 del 1992, avevamo dissertato su un grossolano errore di attribuzione all’isola franco-olandese di Saint Martin nelle Antille, di una moneta della zecca di Modena coniata da Alfonso IV e contromarcata sotto Rinaldo 1.
Esattamente tre anni più tardi. nel dicembre 1995.appariva nel “Bulletin de la Société Française de Numismatique”, un articolo nel quale due numismatici francesi, i Signori Charlet e Garnier. scoprivano anch’essi che l’appartenenza all’isola di Saint Martin della moneta in questione e di un’altra di Francesco I d’Este, sempre contromarcata con un giglio. era un “qui pro qua”.
Sfortunatamente al qui pro qua scoperto si aggiungeva un “abbaglio” singolare.
Segue: articolo completo da Panorama Numismatico nr.118/aprile 1998, articolo richiesto da un ns. lettore.
di Giuseppe Giannantonj
Le ricerche archivistiche volte a trovare testimonianze sulla vita e sul lavoro all’interno delle zecche dell’età moderna continuano a dare notizie molto significative, mentre i vasti giacimenti documentari degli archivi statali riservano ancora importanti sorprese. Aggiungendosi a quelle già esistenti, le notizie qui presentare intendono fornire nuove informazioni riguardanti la vita privata e la personalità di Paolo Calvi, protagonista, anche se in negativo, di fatti che ben testimoniano i costumi monetari italiani di fine Settecento. Risale al 25 aprile del 1780 l’elezione dei nostro Paolo ad assaggiatore (o partitore) della zecca di Bologna: nell’archivio cittadino ancora si conserva il rogito di nomina, con i vari Capitoli redatti dal notaio Michele Bacialli. Viene allora ritenuto conveniente che questo neo-incaricato, come altri funzionari della zecca, fornisca “un’opportuna sigurtà”, cioè una speciale garanzia finanziaria. L’atto pubblico regola un’attività professionale per certi aspetti innovativa ed atipica, fortemente voluta dai responsabili della zecca di Bologna, per coadiuvare quelle già presenti nell’officina di conio.
Segue: articolo completo in formato PDF da Panorama Numismatico nr. 137/gennaio 2000, articolo richiesto da un ns. lettore.
Nel “mondo” della numismatica spesso capita di trovarsi di fronte a qualche esemplare fino a quel momento sconosciuto.
Qualche volta la difficoltà di catalogazione è dovuta alla mancanza di documentazioni riguardanti i nuovi esemplari, o in alcuni casi a notizie frammentarie o di non sicura provenienza.
Per quanto riguarda la monetazione sarda, del periodo aragonese-spagnolo (1291-1718), non sempre le documentazioni e le notizie sono complete, esatte, a volte addirittura non veritiere o travisate; di qui, a volte, la difficoltà a dare l’esatta classificazione ad alcune monete.
Qui ne abbiamo proprio una sotto mano.

NAPOLI - Pedro Tellez Gyron, 1579-1624. Medaglia 1618 opus G. di Grazia. Æ g 37,23 mm 47 D/ PETRVS GYRON OSS . DVX E VRENIAE COM . X Busto a destra con corazza, bordo perlinato. R/ PRIMVSET ET IRE VIAM 1618 Cavallo rampante a sinistra; sotto sigle dell’incisore.
di Antonio Loteta
LA STORIA E LE MONETE BATTUTE SOTTO UN VICERE’ MOLTO AMATO MA CHE FINI’ MISERAMENTE NELLE CARCERI SPAGNOLE.
Le finanze siciliane, sotto i regnanti spagnoli Filippo II (1556-1598) e Filippo III (1598-1621), furono prosciugate per sovvenzionare le continue guerre di espansione.
Nel gennaio del 1610 Filippo III nomina Don Pedro Tellez Giròn III duca di Ossuna, viceré di Sicilia.
Don Pedro Giron nasce a Ossuna il 17 dicembre 1574 dal matrimonio tra Juan Tellez Giron II, Duca di Ossuna, e Ana Maria Fernandez de Velasco. La duchessa Catalina Enríquez de Ribera y Cortés, moglie di Don Pedro, alla fine di maggio del 1610 dà alla luce una bimba e la battezza Antonia. Tutti e tre si imbarcano a Barcellona diretti a Genova, per poi raggiungere Palermo. Dopo aver toccato il porto di Genova, arrivano a Napoli il 24 dicembre 1610, dove si fermano per un lungo periodo a causa delle cattive condizioni sia del tempo e sia della nave che li ha portati fin lì. Nel marzo del 1611 giungono a Milazzo e poi proseguono verso Messina. Infine, Don Pedro Giron prende possesso del Viceregno di Sicilia a Palermo il 2 aprile 1611. Una volta giunto in Sicilia, il Viceré trova una situazione disastrosa. Si rende conto che l’isola non ha una sufficiente flotta navale, che la delinquenza dilaga senza essere fronteggiata dalle istituzioni e che le casse del regno sono vuote. Dopo aver ispezionato Messina, Catania e Siracusa, ne fortifica le coste per fronteggiare le continue incursioni da parte dei turchi e contemporaneamente amplia la flotta siciliana.Per contrastare la delinquenza, fa eseguire condanne esemplari e vieta la circolazione nelle città di uomini armati.