Monete italiane contemporanee: studi e articoli sulle monete della Repubblica Italiana.
Sabato 12 ottobre 2024, presso il MFM, Museo del Francobollo e della Moneta di San Marino, aprirà la mostra Clemente XIV. Romano pontefice, cittadino di San Marino.
L’esposizione, con importanti documenti dall’Archivio di Stato sammarinese, monete e medaglie papali, libri e stampe, cartoline da collezioni private e francobolli, compresi alcuni bozzetti mai esposti prima e realizzati per San Marino nel 2005 in occasione del terzo centenario dalla nascita del papa, ripercorre la vita di papa Clemente XIV Ganganelli (1705-1774) di cui ricorre il 250° anniversario dalla morte.
La mostra è a cura del dottor Roberto Ganganelli, consulente del MFM, e rimarrà aperta fino a primavera 2025. (altro…)
di Michele Straziota
da «Panorama Numismatico», n. 379, marzo 2024, pp. 49-51.
Spesso nell’ambiente numismatico le banconote vengono considerate esclusivamente per il loro contenuto economico e collezionistico; cioè esiste la percezione che vengano trattate unicamente attraverso il loro prezzo, che sia congruo o meno, o se può essere un investimento e possibilmente che sia pagata il meno possibile. D’altro canto, esiste la perentoria esigenza che tali banconote siano esteticamente impeccabili. Da qui la forsennata ricerca, soprattutto negli ultimi anni, della conservazione del fior di stampa. Tutto ciò in contrasto con l’obiettivo per cui la banconota è stata creata, quella di essere maneggiata e destinata alla circolazione. (altro…)
Pio IX, l’ultimo papa-re: la parabola di un “parroco di campagna”
Seconda parte
di Giovanni B. Vigna, Michele Chimienti, Guglielmo Cassanelli
Zecca e monetazione: 1849-1859
Dopo la caduta della Repubblica Romana, Roma e lo Stato Pontificio risultavano inondati di moneta erosa e di cartamoneta: circa sette milioni di scudi erano stati emessi dai diversi governi del biennio rivoluzionario, e oltre un milione e mezzo erano i Buoni della Banca Romana che circolavano a corso forzoso. Con il ripristino del Governo Pontificio, cessarono immediatamente le monetazioni rivoluzionarie: i conii relativi furono raccolti e sigillati in un baule mentre le monete plateali presenti nelle Pubbliche Casse furono deformate e vendute come bassa lega d’argento ad altre zecche. Il ritiro della moneta di rame avvenne invece successivamente. Si trattò dunque di riprendere le coniazioni metalliche ordinarie, in particolare quelle del rame, al fine di far ripartire l’economia locale e poter ritirare l’eccesso di Boni cartacei e cartamoneta repubblicana che si erano diffusi nelle Legazioni. La Zecca di Bologna non era più in grado di gestire in autonomia l’intero processo produttivo, quantomeno per tirature monetarie elevate: andavano stipulati appalti specifici per garantire l’approvvigionamento di tondelli di rame in grande quantità…
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di Eros Marchetti
Col Regio Decreto 31 maggio 1918 e sui modelli dell’incisore Attilio Motti vennero coniati talleri per gli scambi commerciali interni della Colonia Eritrea.
La coniazione era libera e si effettuava, anche su richiesta di privati, in argento 835 millesimi, grammi 28,07 di peso e 40 millimetri di diametro.
Le previsioni erano di coniarne in grandissima quantità; invece questa moneta ebbe poco successo, poiché agli Eritrei era molto più gradito il tallero di Maria Teresa. Per questo motivo ne venne sospesa la coniazione dopo soli 510.000 pezzi e successivamente – a seguito all’accordo con l’Austria del 1935 – si iniziò a coniare talleri di Maria Teresa quasi del tutto simili agli Austriaci.
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di Alberto Castellotti
LE MONETE ITALIANE CONIATE CON L’ORO DELL’ERITREA E QUELLE SVIZZERE CONIATE CON L’ORO DI GONDO.
Come ben sanno i decimalisti che racccogliendo, a guisa di industriose api, le monete del Regno d’Italia e le loro consorelle degli antichi stati si cimentano a memorizzarne i tipi e le date e a sciorinarle come sono soliti fare i tifosi di calcio con le formazioni delle squadre, fra le tante, se non troppe, emissioni dell’ultimo re Vittorio Emanuele III (certamente più attivo e attento alla numismatica che non agli affari di stato) vi è un gruppo di “marenghi” da 20 lire d’oro con data 1902, che presentano al diritto, sotto il mento del re, il contrassegno di una piccola ancora. L’immagine di questo attrezzo, di fondamentale importanza per la navigazione, ci avverte che si tratta di esemplari battuti impiegando l’oro estratto dalle miniere della colonia d’oltremare Eritrea, etimologia riferita al Mar Rosso (dal greco erytraios, “rosso”), mare che la lambisce.