Studi e articoli sulle monete romane imperiali: aurei, sesterzi e altre monete di Roma Impero.
Con una nota su una moneta inedita e un’appendice dedicata alle sue emissioni
DI NOBILE FAMIGLIA SENATORIALE ROMANA E DI SOLIDA FEDE CRISTIANA, FLAVIO ANICIO OLYBRIO DIVENNE IMPERATORE IN TARDA ETÀ E IL SUO REGNO DURÒ SOLTANTO SEI MESI. LA SUA MONETAZIONE, PERÒ, FU DEL TUTTO UNICA.
La storia, così come la numismatica, dell’ultimo decennio di vita dell’Impero Romano d’Occidente costituiscono ancora oggi un interessante quanto, spesso, controverso campo d’indagine. Di seguito sarà nostra intenzione chiarire e portare alla conoscenza di tutti una delle figure forse meno caratterizzanti e più evanescenti di tale momento storico: Flavio Anicio Olybrio.
Segue: articolo completo in formato PDF tratto da Panorama Numismatico nr.301 – Dicembre 2014
La fisionomia del primo imperatore cristiano attraverso le sue monete
I RITRATTI DI COSTANTINO SONO MOLTO DIVERSI TRA LORO E ALCUNI DIFFERISCONO NOTEVOLMENTE DALLA DESCRIZIONE DELL’IMPERATORE CHE FECERO I SUOI CONTEMPORANEI.
Costantino era figlio di Costanzo Cloro e della sua compagna Elena. Si conosce pochissimo della sua gioventù: perfino la sua data di nascita è incerta. Aveva una statura imponente, in grado di terrorizzare i suoi coetanei, ed era detto Trachala per il suo largo collo. Costantino venne nominato Cesare dall’Augusto di Occidente, Massimiano, di cui sposò la figliastra Teodora. Venne poi affidato all’Augusto d’Oriente, Diocleziano, e fu quindi educato a Nicomedia presso la corte dell’imperatore, sotto il quale iniziò la carriera militare.
Il primo maggio del 305, Diocleziano abdicò a favore del proprio Cesare Galerio e lo stesso fece Massimiano, in Occidente, a favore di Costanzo. Galerio nominò proprio Cesare il nipote Massimino Daia, mentre Costanzo scelse come proprio successore Flavio Severo. Fu in questo frangente che Costantino raggiunse il padre in Britannia e condusse con lui alcune campagne militari nell’isola. Circa un anno dopo, nel luglio del 306, Costanzo Cloro morì nei pressi dell’attuale York e l’esercito proclamò Costantino nuovo Augusto d’occidente, mettendo così a repentaglio il meccanismo della tetrarchia, ideato da Diocleziano proprio per porre termine all’uso ormai consolidato degli eserciti di proclamare di propria iniziativa gli imperatori.
La proclamazione di Costantino ad Augusto era quindi avvenuta secondo un principio dinastico, invece del sistema di successione per cooptazione che aveva cercato di instaurare Diocleziano. La crisi del sistema tetrarchico portò ad una lunga serie di guerre civili. Si ebbero inizialmente quattro augusti (Galerio e Massimino Daia in Oriente, Licinio in Illirico e Costantino nelle province galliche e ispaniche, mentre Massenzio, il figlio dell’antico collega di Diocleziano, Massimiano, restava come usurpatore a Roma, in Italia e in Africa.
Segue: articolo completo tratto da Panorama Numismatico nr.304 – Marzo 2015
di Roberto Diegi
I TETRADRAMMI FATTI CONIARE DA SETTIMIO SEVERO E DAI SUOI DISCENDENTI NELLE REGIONI SIRIANE, SONO MONETE CERTAMENTE RIPETITIVE MA DI GRANDE FASCINO.
Ho sempre ammirato – e ne ho anche scritto – la bellezza, specie nei ritratti, della monetazione bronzea delle zecche di Roma o di Lugdunum, ma non posso – non ci riesco – tacere della monetazione provinciale, che definirei per comodità “siriana”, che ci ha proposto nel tempo una serie monetale ricca di splendidi ritratti, spesso inconsueti: alludo ai numerosi tetradrammi coniati in Syria e regioni limitrofe, inizialmente in ancora buon argento, poi sempre più poveri di metallo pregiato, fino a ridursi a monete di bronzo o rame argentate superficialmente. Queste zecche di Syria e dintorni hanno coniato tetradrammi sin dai tempi di Augusto, indubbiamente stupendi per alto contenuto di fino, per rappresentazioni dei rovesci e per stile, ma abbastanza “banali’, perché in fin del conti il ritratto del sovrano di turno era rappresentato con le fattezze ben note, utilizzate dalle zecche centrali.
Ma con Settimio Severo e i suoi figli le cose sono cambiate e le zecche in questione hanno iniziato a coniare tetradrammi con una loro precisa personalità, anche se indubbiamente ripetitivi per il fatto che al rovescio è sempre proposta la tipologia dell’aquila ad ali aperte. Da qui un certo disinteresse dei collezionisti nei confronti di questa monetazione al quale disinteresse ha, a mio avviso, contribuito anche il fatto che le legende sono in lingua greca, oltretutto abbreviate. Ma, come sempre, una brevissima digressione storica si impone.
di Roberto Diegi
L’ALTRA META’ DELLA NUMISMATICA: LE DONNE NELLA SOCIETA’ ROMANA GODEVANO DI UNA SIGNIFICATIVA EMANCIPAZIONE, AL PUNTO CHE MOLTE MONETE FURONO CONIATE A LORO NOME.
Un’interessante galleria di ritratti – Prima Parte
Èopinione concorde tra i numismatici che la monetazione di Roma imperiale ci abbia tramandato, specie sui nominali di più largo modulo, come i sesterzi, stupendi ritratti degli imperatori di turno. Verissimo, chi non ha presente, tanto per fare un paio di nomi a titolo di esempio, i ritratti di Nerone o di Adriano?
Le madri, le mogli e le varie parenti di molti imperatori hanno avuto anch’esse l’onore di essere effigiate su molte monete, ma spesso ci si limita a ricordare questo fatto, senza peraltro attribuire ad esso soverchia attenzione.
Con questo mio articolo (anzi, piuttosto, rassegna fotografica), mi sono proposto di dare più spazio ai ritratti di quelle donne che hanno vissuto all’ombra di importanti regnanti –come madri e mogli, soprattutto – alcune delle quali sono state peraltro le vere detentrici del potere.
Non vi è nel mondo antico una situazione della società analoga a quella di Roma, nella quale la donna abbia sempre goduto di una grande emancipazione ai livelli più alti e, in alcuni casi, anche di poteri paragonabili a quelli degli uomini. È questo il caso di molte imperatrici – mogli, madri e sorelle di imperatori, Auguste esse stesse – sui ritratti delle quali vale la pena di soffermarsi.
Livia, moglie di Augusto e madre di Tiberio: molte sono state le monete dedicate da Tiberio a Livia.
Al nome di Iulia Augusta, come era stata chiamata Livia, dopo che era entrata a far parte, per adozione, della Gens Julia, l’imperatore Tiberio fece coniare anche lo splendido sesterzio che riporto a fianco. Per la cronaca si annota che alcuni autori attribuiscono invece questa moneta a Giulia, seconda moglie di Tiberio e figlia di Augusto.
Segue: articolo completo in pdf: Diegi Le donne I parte tratto da Panorama Numismatico nr.289 / Novembre 2013
OPERA DI APOLLODORO DI DAMASCO, DEL PONTE VOLUTO DA TRAIANO ALLA VIGILIA DELLA SECONDA CAMPAGNA MILITARE CONTRO I DACI RIMANGONO OGGI POCHE SOPRAVVIVENZE. LE MONETE ROMANE NE MOSTRANO L’ORIGINALE GRANDIOSITA’
di Roberto Diegi
Un inquadramento storico-biografico si impone.
Come è noto, nel corso del II e del III secolo d.C., l’impero romano raggiunse l’apice dell’espansione territoriale e della prosperità materiale. Fino all’età di Traiano l’impero visse un lungo periodo di pace all’interno, accompagnato dalla progressiva espansione territoriale oltre i confini. Sotto Traiano (98-117 d.C.) l’impero conobbe il suo apogeo e anche l’arte riuscì per la prima volta – stando a quanto ci è dato conoscere – a staccarsi dall’influenza ellenistica.
Uno degli architetti più prestigiosi e geniali che lavorò sotto Traiano fu certamente Apollodoro di Damasco. Architetto, scrittore e ingegnere militare, fu molto attivo a Roma all’inizio del II secolo, ovviamente dopo Cristo. Su Apollodoro ci sono poche informazioni da parte degli autori antichi ma, nonostante il nome greco, va annotato che Apollodoro era un siriano ellenizzato, che aveva appreso il greco come seconda lingua e aveva adottato un nome greco, come peraltro faceva qualunque orientale che volesse acquisire rapidamente una posizione di rilievo nel mondo romano.
Apollodoro, come detto, fu l’architetto ufficiale di Traiano, che seguì nelle guerre contro i Daci. Il legame tra Apollodoro e Traiano si spiega col fatto che nel 76-77 d.C. il padre del futuro imperatore, M. Ulpio Traiano, era stato governatore della Siria, provincia in cui lo stesso Traiano aveva soggiornato da giovane. È molto probabile quindi che il padre dell’architetto sia entrato nella clientela di Traiano padre mentre questi era governatore in Siria. Quindi anche il futuro imperatore ebbe probabilmente modo di conoscere bene Apollodoro, che divenne l’architetto di fiducia di Traiano quando si trasferì a Roma e per l’imperatore progettò molti prestigiosi edifici civili. Ma Apollodoro è probabilmente più noto per la realizzazione del famoso ponte sul Danubio alla vigilia della seconda campagna militare contro la Dacia.
Nella sua attività di ingegnere militare Apollodoro costruì, nell’intervallo fra la prima campagna dacica (101-102 d.C) e la seconda (105-106 d.C), il ponte sul Danubio, sul quale le legioni romane passarono nell’estate dell’anno 105 e del quale rimangono vestigia presso Drobeta (Romania) e un’immagine in rilievo sulla Colonna Traiana.
Tra la prima e la seconda guerra tra romani e daci (101/102 e 105/106), periodo in cui l’imperatore Dace Decebalo era stato costretto ad accettare una dura pace imposta da Traiano, i romani avevano chiara in mente la necessità di una strada che potesse assicurare una comunicazione più diretta con la Dacia, nella prospettiva di vincere definitivamente il popolo dace. Per superare la difficoltà, l’imperatore Traiano prese in considerazione la costruzione di un ponte sul Danubio, allo scopo di eliminare uno degli ostacoli costituito proprio dalla mancanza di una comunicazione diretta con la Dacia, scegliendo personalmente il posto del futuro ponte sul fiume. Punto strategico di grande importanza, Drobeta offriva un particolare vantaggio: la scarsa profondità dell’acqua e una larghezza relativamente ridotta del Danubio nel luogo prescelto.
Alla fine della dominazione romana in Dacia, il ponte è stato distrutto più volte. Oggi si possono vedere ancora i monconi dei piloni del ponte alle due estremità sulle rive del Danubio; nel 1858, quando il grande fiume aveva registrato un livello molto basso, è stato possibile vedere anche la parte del ponte che si trova sott’acqua.
Ma la testimonianza più realistica di come potesse essere questo ponte, al tempo della sua integrità, ce la fornisce una volta di più la numismatica attraverso una splendida serie di sesterzi fatti coniare da Traiano per ricordare quest’opera per quei tempi decisamente eccezionale. Vediamone alcuni.
La foto 1 ci mostra tre splendidi esemplari di sesterzio con l’immagine del ponte sul Danubio tratti dall’opera di Elio Biaggi Le preziose patine dei sesterzi di Roma Imperiale (Ivrea 1992). Le tre monete proposte sono apparentemente identiche ma, in realtà, sono diverse le raffigurazioni di conio, soprattutto al rovescio.
Segue: articolo completo in formato pdf, anteprima da Panorama Numismatico nr.287 di prossima uscita (settembre 2013).