Articoli di carattere generale sulle monete romane, dalla repubblica all’impero romano.
di Mariella Cambi Mariani
Per i Romani, Giove era il capo supremo degli dèi, i quali, più che virtù taumaturgiche, avevano personalità di carattere umano. Ne derivavano gli inconvenienti di una famiglia numerosa costretta alla coabitazione, con liti sempre aperte che il patriarca, anzichè sedare, spesso fomentava.
Il nome ha radici indoeuropee e significa risplendere al pari del corrispondente greco Zeus. Gli si attribuiva la spartizione dell’universo: a Plutone avrebbe assegnato il regno infernale e a Nettuno il mare, lasciando per sè la terraferma, più il cielo e l’aria.
Il Giove latino, o IVPPITER, fu comune a tutti i popoli italici e il primo epiteto che ricevette fu LVCETIVS, “apportatore di luce”. Al suo culto era preposto un sacerdote particolare, detto Flamen Diatis, che gli sacrificava una pecora bianca il giorno delle Idi, che cadevano il 13 o il 15 del mese. A quelle di ottobre, o Ferie lovis, si celebravano i ludi capitolini, perché il suo tempio principale era sul Campidoglio, accanto a quelli di Giunone e Minerva, e là i comandanti vittoriosi salivano a rendere grazie offrendo le spoglie del nemico ucciso. Il Grande tempio era stato eretto nel 509 a.c.; prima di allora Giove era adorato semplicemente sulle are sacrificali sotto il simbolo di una pietra, con il nome di luppiter Lapis.
Articolo completo in formato PDF tratto da Panorama Numismatico nr.54/giugno 1992 – richiesto da un ns. lettore.
di Roberto Diegi
L’ORIGINE E L’USO DELLE ABBREVIAZIONI “P P” E “D N” IN EPOCA ROMANA
Chiunque prenda in mano una moneta imperiale romana non può non rimanere interdetto di fronte alla ricchezza dei termini contenuti nella legenda del diritto, quella che circonda normalmente la testa o il busto dell’imperatore. Moltissimi di questi termini sono poi abbreviati, complicando ancora di più la vita del malcapitato che, digiuno di numismatica classica, tenti di decifrare per intero la legenda, magari forte dei suoi studi umanistici, che peraltro in questi casi non servono a molto, anzi a niente. I collezionisti e i cultori di numismatica classica col tempo, l’esperienza e soprattutto con l’aiuto di qualche buon testo, hanno superato il problema acquisendo una, diciamo, relativa dimestichezza con le apparentemente enigmatiche legende monetarie.
Poco sopra ho scritto “numismatica classica” perché non solo la monetazione romana imperiale presenta questo “vizietto”: già in epoca repubblicana, i denari dei magistrati monetari abusavano delle abbreviazioni, probabilmente per mancanza di spazio sul tondello, creando così non pochi problemi ai decifratori. Stendo ora un velo pietoso sulle emissioni provinciali romane, nelle quali la lingua greca, già per se stessa oggi non frequentatissima, abusa ancor più delle abbreviazioni, causando spesso la ripulsa dei collezionisti nei confronti di questa serie, peraltro a mio avviso affascinante.
di Domenico Salvadore – artciolo richiesto da un ns. lettore da Panorama Numismatico nr.86 e nr.87 / 1995
IL MIGLIOR ARTICOLO DEL ’95
Sin dall’età repubblicana le legioni romane avevano condotto fin nei paesi più lontani le aquile vittoriose creando i presupposti per l’affermarsi della potenza di Roma che raggiunse il suo apice ai tempi di Traiano, portando la civilt à romana in gran parte del mondo allora conosciuto. L’asse portante dell’esercito romano furono le legioni: per motivi di spazio parlerò solo sulla genesi delle legioni e loro successiva evoluzione nel periodo repubblicano ed imperiale.