Monete greche, monete celtiche, monete della Magna Grecia: studi e articoli sulle monete antiche antecedenti a Roma.
Il Silphium, ricercatissima pianta le cui proprietà officinali e gastronomiche erano molto note presso gli antichi, non è stata più ritrovata dai tempi di Nerone e si pensa possa essere scomparsa. Essa viene rappresentata con i suoi fiori ed i suoi frutti in numerosissime monete della Cirenaica, unica località dove pare crescesse spontanea, fonte quindi di grande ricchezza per gli abitanti del luogo. Il succo che se ne estraeva veniva paragonato al valore dell ‘oro e dell’argento e veniva conservato nell’erario statale romano. In questo lavoro è stata fatta anche un’ampia sintesi della storia della Cirenaica e delle altre città più grave; importanti dell’epoca ed in particolare di Kyrene, la cui nascita viene attribuita ad un piccolo nucleo di navigatori greci partiti dall’ isola di Santorini.
Malgrado le numerose vicissitudini storiche attribuite a questa regione, dai Re Battiadi (640-450 a.C), a varie Repubbliche (450-322), ai Tolomei (322-66 a.C) ed ai Romani (dal 66 a.c. in poi), il silphium appariva nel retro di tutte le forme monetarie, mentre al diritto troneggiava quasi sempre il busto di Zeus-Ammone, il dio venerato da quelle parti.
Segue: articolo completo in formato pdf da Panorama Numismatico nr.183/marzo 2004, articolo richiesto da un ns. lettore.
Tra la fine del VI e gli inizi del V secolo a.C.
LA PRESENZA DEL METALLO MONETATO E NON MONETATO, RITROVATO INSIEME IN ACCUMULI DI ETA’ ARCAICA IN MAGNA GRECIA E SICILIA, OFFRE LO SPUNTO PER RIVEDERE IL SIGNIFICATO DEL TERMINE “TESAURIZZAZIONE”.
di Maria Teresa Rondinella
Con il termine “tesaurizzazione” s’intende l’accumulo e la conservazione di ricchezza mobile, di qualsiasi natura o provenienza essa sia, mercantile, militare o anche religiosa. Lo spunto per la trattazione del problema è offerto dai dati ricavabili dallo studio di alcuni tesoretti i quali contengono, oltre a monete di varie zecche, anche metallo prezioso non monetato.
Per quanto riguarda la Sicilia, l’unica preziosa informazione è fornita dal tesoro di Selinunte 1985, contenente 165 monete d’argento, tutte risalenti al periodo arcaico e riconducibili a otto zecche diverse, tesaurizzate insieme a tre frammenti di lingotti, due rettangolari (figg. 1-2) ed uno probabilmente circolare , un lingotto rotondo e un piccolo gettone, anch’essi d’argento. Il fenomeno più interessante è dato dal fatto che il suo proprietario aveva tesaurizzato argento coniato (ben 165 monete) insieme ad argento non coniato. La data di chiusura del tesoretto si pone intorno al 510 a.C. per la presenza di alcune monete incuse di Metaponto a tondello medio, che rappresentano gli esemplari più recenti del ripostiglio. Anche in Magna Grecia abbiamo due rinvenimenti analoghi, il tesoretto di Sambiase (IGCH 1872) e il ripostiglio di Taranto (IGCH 1874), recentemente rivisitati da Attilio Stazio.
Segue: articolo completo in formato pdf da Panorama Numismatico nr.275 – Luglio/Agosto 2012
Considerazioni stilistiche sulle monete di bronzo
In questo lavoro elencherò particolarmente i culti attestati dalle monete in quanto ve ne sono stati altri che si deducono soltanto o da citazioni storiche o da iscrizioni, senza avere cioè il supporto della monetazione.
Il Ciaceri ( I, p. 62) scrive “I culti delle città antiche si spandono come tutti gli altri elementi della civiltà ma non arrivano senza dubbio a prendere un carattere rilevante se non a causa di qualche avvenimento. Ed è solo allora che essi cominciano ad essere attestati dalle monete che ne sono la più sicura e pubblica conferma”.
Segue: articolo completo in formato PDF da Panorama Numismatico nr.78/settembre 1994 – articolo dagli archivi di Panorama Numismatico richiesto da un ns. lettore.
di Romolo Calciati
Nella Sicilia occidentale, tra la fine del V e gli inizi del IV secolo a.C., si assiste alla coniazione di una serie di emissioni in bronzo aventi in comune la raffigurazione al diritto della testa di Eracle nella leontè. Queste emissioni interessano le zecche di Selinunte, Thermai, Solunto e Cefalù, oltre a quella di Akragas, sotto forma di contromarche. Vengono pertanto coinvolte alcune città situate nell’area di influenza sia cartaginese che greca. Il prototipo siciliano di questo soggetto lo ritroviamo nelle emissioni di tetradrammi di Kamarina a partire dal 425 a.C. E’ probabile che, sulla decisione di realizzare questi bronzi con la testa di Eracle, abbia influito non poco la diffusione dei tetradrammi camarinesi, alcuni dei quali firmati da Exakestidas e certamente presenti anche nell’area punica. Tutte queste emissioni bronzee hanno in comune il dato ponderale, in quanto si tratta, con pochissime eccezioni, di monete di peso oscillante tra g. 1 e 3. Che sia stata soltanto Kamarina, sul finire del V secolo a.C., a proporre il ritratto eracleo sull’argento, è un dato che non consente deduzioni di sorta.
Segue: articolo completo in formato pdf da Panorama Numismatico nr.72 – febbraio 1994. Articolo richiesto da un ns. lettore.
di Mariella Cambi Mariani
I Celti transalpini entrarono nella storia romana verso la fine del V secolo a.c., con la discesa in Italia delle prime tribù. Agli occhi del mondo latino, i Galli – così furono chiamati – rappresentavano l’incarnazione dei barbari ignoranti, rozzi e sanguinari; e anche in seguito i popoli di origine latina rimasero attaccati a questo luogo comune che ribadiva una loro presunta superiorità culturale.
Per molto tempo il prototipo dei Galli fu lo sprezzante re Brenno, quello delle parole vae victis, guai ai vinti, gridate ai senatori sul Campidoglio assediato, mentre gettava la spada sulla bilancia del riscatto. Quando a loro volta i Romani entrarono in Gallia con l’intenzione di sottometterla,trovarono una civiltà antica, impregnata di tradizioni, con un profondo senso dell’onore e della comunità patriarcale. Le numerose tribù in oppida, città fortificate ricche di opere pubbliche pregevoli.
La potente casta sacerdotale dei Druidi amministrava la giustizia e guidava la loro religiosità particolarmente sensibile al culto dei morti, perché i Galli credevano nella sopravvivenza dell’anima e in un mondo eterno nel quale tutti si sarebbero ritrovati. L’unico retaggio primitivo era il taglio della testa al nemico valoroso vinto in battaglia, con la convinzione di potersi appropriare delle sue energie fisiche e spirituali.
Segue: articolo completo in formato pdf da Panorama Numismatico nr.72 – febbraio 1994. Articolo richiesto da un ns. lettore.