Monete e monetazioni del periodo bizantino. Articoli dalla rivista Panorama Numismatico.
da Panorama Numismatico n. 149 /febbraio 2001
Considerazioni sulle doppie maiorine dell’imperatore Giuliano l’Apostata
di Alessandro Ruggia
L’imperatore Giuliano (360- 363) inizialmente continuò il sistema monetale operante alla fine del regno di Costanzo, ma nel 363, in conseguenza dell’attuazione della sua politica economica anticostantiniana, tentò di introdurre un nuovo sistema monetale bronzeo basato su due nuovi nominali.
Introdusse una grande moneta (conosciuta come doppia maiorina) e coniata sul piede di 1/36 di libra (peso teorico di 9,02 grammi), e una più piccola di 1196 di libra (3,38 grammi circa); la moneta maggiore conteneva all’incirca il 2% di fino, e l’altra lo 0,28%. […]
Articolo completo in formato pdf
Durante il regno che vedeva associati al trono Leone III l’lsaurico e suo figlio Costantino V (720- 741) venne introdotto nell’impero bizantino il nuovo miliaresion d’argento.
Questa moneta larga e sottile, non scifata. per l’aspetto d’insieme e per il caratteristico triplice cerchio del bordo, riprendeva l”aspetto de l dirhem d’argento coniato sulla fine de l VII sec. dal califfo Abd al-Malik della dinastia degli omayyadi, c continuato ancora agli inizi del secolo VIII.
Su questa moneta araba d’ argento (adattata al peso e al modulo ritagliando il bordo), fino al regno di Michele III (842-867), è spesso riconiato il miliaresion , in special modo al tempo di Costantino VI (780 – 797 ).
Articolo completo in formato PDF richiesto da un ns. lettore, Panorama Numismatico nr.142/giugno 2000
Senza dubbio proporremo in uno dei prossimi numeri la recensione della eccezionale vendita di monete bizantine che si è svolta il 26 maggio scorso [NdR 1993] a Zurigo e che è stata curata dal binomio Ars Classica e Leu Numismatik per la prima volta insieme. Il catalogo. estremamente curato e ricchissimo di annotazioni storiche, comprendeva pezzi di grande importanza numismatica.
In questa rubrica vogliamo anticipare ai nostri lettori una moneta che è stata considerata inedita e probabilmente unica e quindi sicuramente con tutte le carte in regola per apparire in questa nostra rubrica [NdR La vetrina degli inediti]. Si tratta di un solido di piccolo modulo attribuito a Giustiniano II posto in vendita con il numero 435.
UN CURIOSO PARTICOLARE AGGIUNTIVO NELLA ICONOGRAFIA MONETALE DEL BASSO IMPERO E BIZANTINA.
di Paolo Pini
A partire dall’epoca constantiniana il capo dell’imperatore non è più cinto, nel diritto delle monete, dalla corona d’alloro o radiata, ma da un diadema. Il nuovo ornamento, di derivazione orientale, è costituito da una doppia fila di perle o da una benda adorna di gemme che ne reca una più grande sulla fronte. In entrambi i casi questo vezzo termina con un nodo sulla nuca, dal quale scendono i due capo, In altri esemplari il diadema, che si arricchisce di due file di gemme frontali, orna l’elmo dell’imperatore, e questa tipologia si protrarrà nel periodo bizantino.
Ma in epoca teodosiana, un elemento nuovo fa la sua comparsa: la “MANUS DEI”, o la mano celeste, che, come uscente dal cielo, impone una ghirlanda sul capo dell’imperatore dell’imperatrice (fig.1). Il piccolo elemento accessorio si può riscontrare anche nelle figure interne dei rovesci.
In genere di trova sulla sommità del capo, a contatto o appena staccato, interposto alle legenda di bordo, e talora, dalle minuscole dimensioni e specie in esemplari non nitidi per conio o conservazione, può essere confuso con la gemma centrale del diadema. Tutt’altro che costante è tuttavia più frequente nei solidi, ma compare anche in monete bronzee.
La “manus” sta a indicare il diretto legame e la divinità. Dapprima non ancora necessariamente il Dio cristiano, se in emissioni dopo la morte di Costantino la mano uscente dalle nubi è tesa a guidare al cielo la quadriga su cui si trova l’imperatore defunto, in una ambigua significazione di “consecratio” ancora pagana.
Successivamente la “manus dei” si afferma il rapporto tra il Dio della nuova fede e il regnante. La ghirlanda, o corona, è simbolo sacerdotale ed è noto come sacerdozio e potestà regia fossero ab antiquo riunite nella stessa persona.
Si viene così esplicitando graficamente il concetto della autorità imperiale per grazia e benedizione di Dio. Non sarà poi peregrino indagare anche nella sfera civile per dare forse al simbolo una significazione e una motivazione più complete: nel più antico diritto matrimoniale romano al matrimonio era legato l’assoggettamento della donna alla potestà (manus) del marito. La manus dei delle monete e di quant’altre espressioni figurative dell’epoca potrebbe così anche indicare la sottomissione del regnante alla potestà divina.
Segue articolo completo in formato PDF tratto da Panorama Numismatico n.78/settembre 1994
di A. Castellotti
Il sistema romano delle zecche provinciali, molto vasto fino al III secolo, si era notevolmente contratto al tempo dell’ascesa al trono di Anastasio (491) quando solo Costantinopoli e Tessalonica erano rimaste operative.
Dopo la riforma del 498, Nicomedia tornò nuovamente ad affiancare la zecca metropolitana nell’emissione di nuovi nominali in bronzo. Successivamente fu la volta di Antiochia, cosicché, alla morte di Anastasio (518), erano in funzione quattro zecche.
Il regno successivo, quello di Giustiniano I (518-527), vide un’ulteriore espansione della rete di zecche con la riapertura di quelle di Cizico e di Alessandria e pure Tessalonica, per la prima volta nell’era bizantina, batté moneta di bronzo.
Segue: articolo completo in formato pdf da Panorama Numismatico nr.83/febbraio 1995 – articolo richiesto da un ns. lettore