Articoli e studi di numismatica su cartamoneta e banconote.
Da 68 anni sul trono venerato come un dio
Il re di Thailandia Bhumibol Adulyadej Rama IX, essendo salito al trono lungo tempo tra tutti quelli viventi, cioè da 68 anni, seguito dalla regina Elisabetta II sul trono da 62 anni 1.
Rama IX nacque nel 1927 a Cambridge, Massachusetts, dove il padre si trovava per studiare il sistema sanitario degli Stati Uniti. Dato che, secondo una antica tradizione, un principe di sangue reale non poteva nascere fuori dal suo Paese, il Dipartimento di Stato americano dichiarò che la stanza dove stava per aver luogo il parto faceva parte del territorio della Thailandia… che il giorno dopo la nascita venne restituita al governo di Washington. Un anno più tardi ritornò in patria ma di lì a breve si trasferì con la famiglia in Svizzera dove studiò, arrivando ad ottenere presso un liceo classico di Losanna il “baccalaureat” in materie classiche tra cui latino e greco, cosa di cui è sempre andato fiero. Alla fine della Seconda guerra mondiale tornò definitivamente in patria dove dal 1935 regnava il fratello maggiore Rama VIII, che di lì a poco cadde vittima di un attentato. Perciò il giovane principe si trovò inaspettatamente sul trono e assunse il titolo di Bhumibol Adulyadej che significa “Forza della nazione e illimitato potere”.
- Pure 68 anni regnò Francesco Giuseppe – dal 1848 al 1916 – mentre il regno di Luigi XIV, il “Re Sole”, durò 72 anni, da 1643 al 1715, e quello della regina Vittoria, 64 anni, dal 1837 al 1901. ↩
di Stefano di Virgilio
Le difficoltà dell’unificazione monetaria
In un paese dove si stava unificando tutto, forse troppo in fretta, era proprio la situazione monetaria e bancaria a risentire più fortemente dello spirito regionalistico.
Al momento dell’unità vigevano in Italia ben sette sistemi monetari diversi: alcuni decimali altri non decimali, alcuni monometallici su base aurea altri bimetallici su base argentea. L’introduzione della lira italiana divisa in 100 centesimi fu un vero shock per certa parte della popolazione, specie quella dell’Italia centrale e del sud: ragguagli con la lira italiana risultarono complicati e, come nel caso della valuta pontificia e di quella napoletana, addirittura sconvenienti. La gente poi diffidava grandemente della cartamoneta, stampata spesso con nominali troppo alti, tendendo a tesaurizzare la moneta metallica.
Segue: articolo completo in formato PDF tratto da Panorama Numismatico nr.100/settembre 1996. Articolo richiesto da un nostro lettore.
di Corrado Marino
IN UN BELLISSIMO BIGLIETTO DEL 1942, ARABI, AFRICANI E INDOCINESI ACCOMUNATI SOTTO LA BANDIERA FRANCESE.
Per molti Paesi, le banconote costituiscono un mezzo importante per diffondere presso la popolazione nazionale e gli stranieri che se le trovano tra le mani, una immagine positiva di sé, della propria cultura e dei valori politici e civili ai quali lo Stato si ispira. Tra questi c’è senz’altro la Francia, la cui carta moneta è assai apprezzata dai collezionisti per almeno tre motivi e cioè:
• la maestria dei suoi incisori, capaci di realizzare soggetti eleganti ed armoniosi;
• la bellezza dei colori, vivaci senza mai risultare chiassosi, e con una grande varietà di toni e sfumature;
• l’elevata qualità della carta, assai sottile eppure molto resistente all’usura.
Tra le numerose emissioni che si sono susseguite fino all’introduzione dell’euro, una menzione particolare merita a nostro avviso il biglietto da 5.000 franchi (P. 42) emesso dalla Banque de France dal 1942 al 1947. Esso costituisce un’efficace rappresentazione pittorica della Grandeur, che contraddistingue la cultura d’Oltralpe almeno dai tempi del re Sole, insieme all’idea della missione civilizzatrice che la Francia si era attribuita nel suo vastissimo impero coloniale. Certo le colonie erano considerate, dai paesi europei che le possedevano, un serbatoio di materie prime e di manodopera a basso costo e, in qualche caso, anche di soldati da mandare in guerra, e la Francia non faceva eccezione.
IPOTESI SUI LORO “BUONI DI PRELEVAMENTO MERCI” IN CORONE E IN LIRE
“Poi che la cooperazione tra ricchi e poveri non è possibile, perché non creare la cooperazione tra i poveri?”
Con questa premessa, il 12 agosto 1900, a Pola, una maestra , Giuseppina Martinuzzi, illustra la sua proposta che si basa sull’esempio del’ “Unione Cooperativa di Milano” e del’ “Alleanza Cooperativa Torinese” sorte rispettivamente nel 1896 e nel 1899.
di Gianni Graziosi – anteprima da Panorama Numismatico nr.259/Febbraio 2011
STORIA E CRONISTORIA DELLA BANCONOTA DA 1.000 LIRE EMESSA DALLA BANCA D’ITALIA. QUESTO BIGLIETTO È RIMASTO IN CIRCOLAZIONE PER OLTRE UN SECOLO E, NELLA SCALA DEI TAGLI, HA RAPPRESENTATO IL VALORE MASSIMO ED È USCITO DI SCENA COME TAGLIO MINIMO. LA SVALUTAZIONE DELLA LIRA HA INFINE PORTATO ALLA CONIAZIONE DI MONETE DI PARI VALORE.
“Se potessi avere mille lire al mese …” questo è il celebre ritornello della canzone scritta, nel 1938, da Carlo Innocenzi e Alessandro Soprani per il film (fig. 1) Mille lire al mese del regista austriaco Max Neufeld, con gli attori Alida Valli, Umberto Melnati e Renato Cialante. Il film è stato del tutto dimenticato mentre la canzone, al contrario, è ricordata e troppo spesso viene citata come parametro utile a definire il valore reale del denaro alla vigilia della seconda guerra mondiale. Secondo una generica interpretazione, mille lire al mese indicavano la soglia della ricchezza, ma ciò non è assolutamente vero. Già gli autori della canzone precisavano quali potevano essere le ambizioni di chi guadagnava mille lire al mese “… senza esagerare, sarei certo di trovare tutta la felicità! Un modesto impiego, io non ho pretese, voglio lavorare per poter alfin trovare tutta la tranquillità! Una casettina in periferia, una mogliettina giovane e carina, tale e quale come te. Se potessi avere mille lire al mese …”. Il sogno dell’impiegato.