Articoli e studi di numismatica su cartamoneta e banconote.
I falsi gulden e rubli di Napoleone
La falsificazione nella cartamoneta è vecchia quanto lo è la sua storia. I primi biglietti cinesi recavano impresse le terribili minacce della legge del Gran Khan, rivolte a chi avesse tentato di falsificarli (probabilmente perché qualcuno c’era già riuscito): i daler di Johan Palmstruch, le prime banconote europee, vennero falsificati dopo poco tempo dalla loro emissione, nonostante fossero dotati di ben dieci firme manoscritte e sigilli in ceralacca.
Scarica articolo completo Sulla falsificazione della cartamoneta a scopo politico tratto da Panorama Numismatico nr.109/giugno 1997. Articolo richiesto da una nostra lettrice.
Sul finire del 1918 i bolscevichi tedeschi tentarono invano di prendere il potere. Migliaia di città, anche assai piccole, emisero graziosi biglietti di necessità per far fronte alla mancanza di moneta divisionale. Una collezione piacevole e interessante alla portata di tutti. Una sola emissione, assai rara, da parte degli insorti comunisti nella cittadina di Ebstorf, vicino ad Amburgo, dove era iniziata la rivolta dei marinai.
La Germania tra la fine della prima guerra mondiale e l’inizio della grande inflazione, durante la repubblica di Weimar, fu invasa da un fiume di emissioni cartacee locali che rappresenta una delle pagine più curiose della storia monetaria, almeno recente. Non solo le grandi città ma, praticamente, tutti i villaggi, anche di poche migliaia di abitanti, stamparono moneta cartacea. Il motivo iniziale fu la mancanza di metallo, inghiottito dalle crescenti necessità belliche. Il blocco navale imposto dalla Gran Bretagna e dagli Stati Uniti aveva di fatto impedito i rifornimenti di materie prime alla Germania del Kaiser; ringhiere, cancelli, posate e ogni altro tipo di metallo, compreso, quello per battere moneta, era stato sacrificato alla macchina bellica. Faceva eccezione l’argento, che non serviva a scopi militari, per cui fino alla fine della guerra fu utilizzato per coniare i divisionali da 50 pfennig. Il ricorso alla moneta di necessità fu poi reso indispensabile quando i prezzi cominciarono a salire e il potere di acquisto dei pezzi da 1 marco o di ½ marco si ridusse sempre di più.
Scarica l’articolo completo in formato pdf, tratto da Panorama Numismatico nr.317, maggio 2016
Tre emissioni per ricordare grandi campioni dello sport
Un golfista, un calciatore e un podista sulle banconote di Scozia, Irlanda del nord e Finlandia, scelta inusuale ma popolare. E se l’avesse fatto anche la Banca d’Italia?
Le banconote sono per un paese non solo un mezzo di pagamento, ma anche il modo per mettere in risalto le proprie bellezze artistiche e naturali, e per celebrare i grandi personaggi che gli hanno dato fama e lustro. Così era naturalmente per l’Italia prima dell’euro, infatti a partire dalla nascita della Repubblica la Banca d’Italia ha dedicato banconote a 16 personaggi tra scienziati, musicisti, pittori ecc. Si tratta di una galleria di persone illustri di cui solo due vissute anche nel 20° secolo1: Guglielmo Marconi e Maria Montessori (unica donna del gruppo), oltre a Giuseppe Verdi morto nel 1901. Crediamo che a nessuno della Banca d’Italia sia mai venuto in mente di dedicare una banconota ad un grande dello sport, eppure proviamo ad immaginare quanto sarebbe stato popolare un biglietto per Dorando Petri, Silvio Piola, Giuseppe Meazza e Vittorio Pozzo, Fausto Coppi e Gino Bartali che si passano la borraccia sulle strade del Tour, i fratelli Piero e Raimondo d’Inzeo. E se poi si fosse per una volta fatta eccezione alla regola di non effigiare personaggi viventi, perché non celebrare con una banconota Livio Berruti, che taglia vittorioso il traguardo dei 200 metri alle Olimpiadi di Roma del ‘60, accompagnato da un volo di colombi. Un’immagine tra le più belle di tutto il nostro sport, indimenticabile per chi, come noi, la vide in diretta televisiva.
Scarica l’articolo completo Jack Nicklaus, George Best e Paavo Nurmi sulla cartamoneta tratto da Panorama Numismatico nr.312 – Dicembre 2015
Da 68 anni sul trono venerato come un dio
Il re di Thailandia Bhumibol Adulyadej Rama IX, essendo salito al trono lungo tempo tra tutti quelli viventi, cioè da 68 anni, seguito dalla regina Elisabetta II sul trono da 62 anni 1.
Rama IX nacque nel 1927 a Cambridge, Massachusetts, dove il padre si trovava per studiare il sistema sanitario degli Stati Uniti. Dato che, secondo una antica tradizione, un principe di sangue reale non poteva nascere fuori dal suo Paese, il Dipartimento di Stato americano dichiarò che la stanza dove stava per aver luogo il parto faceva parte del territorio della Thailandia… che il giorno dopo la nascita venne restituita al governo di Washington. Un anno più tardi ritornò in patria ma di lì a breve si trasferì con la famiglia in Svizzera dove studiò, arrivando ad ottenere presso un liceo classico di Losanna il “baccalaureat” in materie classiche tra cui latino e greco, cosa di cui è sempre andato fiero. Alla fine della Seconda guerra mondiale tornò definitivamente in patria dove dal 1935 regnava il fratello maggiore Rama VIII, che di lì a poco cadde vittima di un attentato. Perciò il giovane principe si trovò inaspettatamente sul trono e assunse il titolo di Bhumibol Adulyadej che significa “Forza della nazione e illimitato potere”.
- Pure 68 anni regnò Francesco Giuseppe – dal 1848 al 1916 – mentre il regno di Luigi XIV, il “Re Sole”, durò 72 anni, da 1643 al 1715, e quello della regina Vittoria, 64 anni, dal 1837 al 1901. ↩
di Stefano di Virgilio
Le difficoltà dell’unificazione monetaria
In un paese dove si stava unificando tutto, forse troppo in fretta, era proprio la situazione monetaria e bancaria a risentire più fortemente dello spirito regionalistico.
Al momento dell’unità vigevano in Italia ben sette sistemi monetari diversi: alcuni decimali altri non decimali, alcuni monometallici su base aurea altri bimetallici su base argentea. L’introduzione della lira italiana divisa in 100 centesimi fu un vero shock per certa parte della popolazione, specie quella dell’Italia centrale e del sud: ragguagli con la lira italiana risultarono complicati e, come nel caso della valuta pontificia e di quella napoletana, addirittura sconvenienti. La gente poi diffidava grandemente della cartamoneta, stampata spesso con nominali troppo alti, tendendo a tesaurizzare la moneta metallica.
Segue: articolo completo in formato PDF tratto da Panorama Numismatico nr.100/settembre 1996. Articolo richiesto da un nostro lettore.