Le isole Salomone (Solomon Islands), costituite da mille isole di origine vulcanica situate a est di Papua Nuova Guinea, formano una nazione dell’Oceano Pacifico; l’arcipelago fu scoperto dagli spagnoli nel 1567. Nel 1893 le isole Salomone divennero un protettorato britannico, stato giuridico che mantennero fino al 7 luglio 1978, quando venne proclamata l’indipendenza ed entrarono a far parte dei reami del Commonwealth; riconoscono quindi il sovrano del Regno Unito come proprio sovrano e capo di Stato. La capitale è Honiara che si trova nell’isola di Guadalcanal, l’isola più estesa, quasi interamente ricoperta da giungla, nota per la famosa battaglia di Guadalcanal della Seconda guerra mondiale (agosto 1942-febbraio 1943), scontro che vide contrapposti gli Alleati e l’impero giapponese. La valuta utilizzata, dal 1977, è il dollaro delle isole Salomone suddiviso in 100 centesimi; in precedenza si usava la sterlina.
Nel 2012 è stata emessa una nuova serie di cinque monete destinate alla circolazione, battute dalla zecca reale australiana; queste presentano al dritto il classico profilo della regina Elisabetta II, disegnato da Ian Rank-Broadley, con iscrizione e millesimo; il rovescio è diversificato e celebra il patrimonio storico e culturale del paese. I pezzi da 10, 20 e 50 centesimi, in acciaio rivestito in nichel, presentano rispettivamente la figura di Ngoreru, lo spirito del mare (Sea Spirit) della provincia Temotu, l’immagine di un ciondolo Malaita, pendente tradizionale dell’omonima provincia, e il disegno di un’aquila che simboleggia la divinità in varie comunità dello stato insulare. Le monete da 1 e 2 dollari in bronzo d’alluminio hanno rispettivamente il disegno di una scultura dello spirito nguzu nguzu – secondo tradizione la polena delle canoe aveva la sua immagine allo scopo di fornire protezione e fortuna durante le uscite in mare aperto – e la figura di un bokolo, manufatto ornamentale ricavato da una conchiglia che tradizionalmente è stato utilizzato come moneta.
Per celebrare questa nuova emissione, la prima dopo 35 anni, è stato prodotto un set in argento 999‰, destinato ai collezionisti, con le stesse immagini dei pezzi di uso comune. La caratteristica immagine del bokolo compare anche sulle monete in argento da 5 dollari coniate (dal 1977 al 1983) sia in argento che in lega di rame e nichel. Sulla banconota da 50 dollari, al centro del fronte, in secondo piano, e nell’emblema olografico di sicurezza collocato a destra, è raffigurata la tradizionale moneta.
Questa particolare forma di valuta è stata utilizzata fino al XX secolo e ha svolto un ruolo importante nei baratti locali, nelle riconciliazioni tribali e nei contratti di nozze in quanto rappresentava la “ricchezza della sposa”. Il nome variava da isola a isola, oltre che con il termine bokolo si poteva chiamare zaru, dafi. In genere questi pezzi erano ricavati dal guscio fossile della conchiglia gigante Tridacna gigas, il più grande mollusco bivalve esistente, può raggiungere il peso di 300 kg e una lunghezza di 1,5 m. Questo materiale, parzialmente o totalmente pietrificato, era particolarmente apprezzato e ricercato, con esso venivano fabbricati, con un lungo e paziente lavoro, questi manufatti a forma di anello con figure sovrapposte che erano simboli di ricchezza e di autorità. Levigatura e lucidatura erano realizzate con pezzi di altre conchiglie, sabbia abrasiva, pelle di squalo, fibre vegetali.
Tra tutte le monete primitive la più utilizzata e conosciuta, soprattutto in Africa, è la conchiglia cauri; ne esistono varie specie ma le più sfruttate sono state Cypraea moneta e Cypraea annulus. Le principali zone di raccolta erano e sono le isole Maldive, le Filippine, la Malesia, l’Africa orientale. Sebbene la loro funzione sia stata solitamente legata all’aspetto monetale, i cauri hanno assunto in molte zone anche carattere decorativo e simbolico, specialmente in relazione alla fertilità femminile. Queste conchiglie potevano essere levigate, traforate e poi infilate per formare cordoncini con cui si realizzavano monili, talismani, decorazioni varie e maschere tradizionali. Le cipree sono state ritrovate in tombe egizie di circa 7.000 anni fa, in sepolture cinesi, in cimiteri preistorici sulle pendici settentrionali del Caucaso presso il Caspio, in tumuli della Germania, in urne funerarie della Lituania e addirittura in sepolture svedesi risalenti al X secolo. In seguito a ritrovamenti in siti archeologici si ritiene che le conchiglie cauri fossero usate come moneta corrente di scambio nell’area indo-cinese fin dal 2.200 a.C. In Cina, ad esempio, l’uso della Cypraea moneta come mezzo di pagamento continuò fino al 221 a.C., quando questa moneta venne dichiarata fuori corso, per essere poi reintrodotta nel 10 d.C., essa fu definitivamente tolta dalla circolazione nel 1578. Nel vasto e multiforme territorio cinese circolavano, con la stessa funzione, anche imitazioni del cauri in metallo, porcellana ed avorio. In Africa l’utilizzo della conchiglia è attestato a partire dal VII secolo grazie alle vie carovaniere che attraversavano Persia ed Arabia, ma la grande espansione si ebbe con l’apertura, nel XIV secolo, delle grandi vie marittime con le Indie orientali, le Filippine, le Maldive, e si è protratto fino al XX secolo. Questo gasteropode del Pacifico venne importato in modo massiccio sulle coste dell’Africa prima dai mercanti arabi, successivamente dai Portoghesi, cui seguirono gli Olandesi, i Francesi e gli Inglesi. I colonizzatori europei non esitarono ad approfittare della situazione e, sulla base della moneta cauri, diedero vita ad un prospero commercio di oro, avorio e schiavi. Nel 1807, quando il parlamento britannico ratificò il decreto di William Wilberforce (1759-1833) per l’abolizione del commercio degli schiavi, i mercanti inglesi erano arrivati ad importare dall’Oriente in Africa cauri per centinaia di tonnellate all’anno. Il politico inglese aveva dovuto lottare vent’anni, incurante delle minacce ricevute, prima di vedere approvata la sua proposta; l’abolizione della schiavitù nelle colonie britanniche fu approvata il 26 luglio 1833, sempre su iniziativa di Wilberforce, che dopo tre giorni si spense.
In pratica la Cypraea resistette per oltre tre millenni come mezzo di scambio e assunse, nei diversi continenti e territori, un valore che era determinato dalle vicende e dalle condizioni più diverse. Solo per fare qualche esempio, nel 1810 in Uganda una moglie valeva 30 cauri, nel 1857 si arrivava a 10.000, mentre uno schiavo ne costava 2.500. Nel XVI secolo occorrevano 400 cauri per un ducato d’oro. In Africa Occidentale, nel 1778, uno schiavo era valutato 160.000 cauri, cent’anni dopo al mercato di Salaga, città commerciale del regno del Gonja (Ghana), ne costava 80.000. Nel periodo coloniale i cauri avevano un tasso di scambio fisso con le monete dei paesi colonizzatori. In Francia, nel 1892, una tonnellata di Cypraea costava 513 franchi mentre in Mali 1 franco era scambiato contro 500 cauri; si deve ricordare che la piccola conchiglia pesa poco più di un grammo. Nel 1894 gli inglesi stabilirono il loro protettorato sull’Uganda dove le cipree erano le uniche monete cui i nativi dessero credito. Vani furono i tentativi di farle andare “fuori corso” ed indurre la popolazione a servirsi delle sterline e penny oppure delle rupie o dei pezzi in anna (unità monetaria usata in India, era suddivisa in 4 paise o in 12 pie, 16 anna formavano una rupia). Fu necessario stabilire una parità: 3.000 cauri equivalevano a una sterlina, ottocento a una rupia (1901). Nel 1939 in Nigeria una sterlina inglese era scambiata con 2.400 cauri, nel 1946 il cambio salì a 28.800 ed una sposa costava 15 sterline. Nel 1955 in quasi tutta l’Africa il cauri venne messo fuori corso, ma nel 1966 in Ghana, per la carenza di moneta spicciola, un penny si scambiava con 20 cauri. Ancora nel 1982 i Lobi, popolo che vive fra il Ghana e il Burkina Faso, utilizzavano le conchiglie cauri come moneta, con una parità di 4 per un franco, cambio operato anche in banca dove le cauri venivano custodite. Anche altre conchiglie come Olivancellaria nana sono state utilizzate come monete, per esempio in Congo e Angola. Sulla costa del Pacifico dell’America Settentrionale sono state impiegate come monete le conchiglie dette Dentalium, denominate wampum dagli indigeni. Il wampum è una cintura fatta con perline di conchiglie, veniva utilizzata dai nativi americani nelle cerimonie di fidanzamento, nei matrimoni, come oggetto rituale, spesso veniva scambiata come prova della stipula di contratti o per ricordare particolari avvenimenti. I coloni europei utilizzarono spesso wampum come mezzo di pagamento per i nativi. Questa forma di moneta ebbe grande fortuna in Canada dove continuò a circolare tra gli indiani e i coloni fino al 1825.
In Guinea, nel 1971, venne coniata una moneta in alluminio da 50 cauris con la figura della piccola conchiglia. La valuta utilizzata nel paese africano tra il 1971 e il 1985 era il syli (parola che significa elefante), suddiviso in 100 cauris (riferimento alla Cypraea), che aveva sostituito il franco guineano che venne reintrodotto nel 1985. La conchiglia è raffigurata pure su alcune monete del Ghana, come il pezzo in ottone da un cedi (suddiviso in 100 pesewas), emesso la prima volta nel 1979, da 20 cedis 1991 in acciaio al nichel, da 200 cedis 1996; in lingua locale cedi è la parola per conchiglia ciprea che nel passato era usata come valuta. L’immagine del gasteropode si trova anche sul pezzo da 40 franchi 1958 dell’Africa equatoriale francese, una federazione di possedimenti coloniali francesi che nel 1958 divenne indipendente e, nel 1960, portò alla formazione di quattro nazioni moderne, Repubblica del Congo, Repubblica Centroafricana, Ciad e Gabon.
Sulla storia straordinaria di questa piccola conchiglia, simile ad un frammento di porcellana, si sono costituite l’economia e la società dell’Africa; ancora oggi nei villaggi Lobi i cauri si chiamano libipiela, la moneta bianca.
Questo articolo é una anteprima di Panorama Numismatico nr. 296 – Giugno 2014
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