L’usanza di porre sulle monete l’indicazione della zecca emittente mediante un simbolo, una sigla o una lettera ha origini antichissime ed è generata, evidentemente, dalla necessità di responsabilizzare i monetari o i maestri di zecca della bontà del metallo coniato e dell’esattezza del peso prescritto.
Dalle monete di Alessandro Magno, da quelle romane imperiali del terzo secolo in poi, dalle bizantine alle medioevali e fino ai giorni nostri troviamo normalmente sulle monete, una lettera od un simbolo che distingue la zecca emittente.
Negli stati Sabaudi, dopo i primi secoli, caratterizzati numismaticamente dalle monete della zecca di Susa, estendendosi i possedimenti coll’acquisto di nuovi territori, dal XIIl secolo in poi vengono ad aggiungersi altre zecche, riconoscibili generalmente dal segno distintivo dei rispettivi maestri.
Alla fine del XV secolo le zecche di Bourg en Bresse e di Chambéry vengono distinte con le iniziali B e C e quella di Torino con la lettera T. In altri casi le monete portano le lettere iniziali del nome del maestro di zecca, nome giunto a noi attraverso gli ordini di battitura.
E’ nel 1549, alla fine del regno di Carlo Il (1504-1553), che essendo lo stato Sabaudo ridotto alle sole città di Cuneo, Nizza, Vercelli ed alla Valle d’Aosta, viene aperta una zecca in quest’ultima città. Successivamente coll’avvento di Emanuele Filiberto, anche Asti si aggiunge allo stato Sabaudo.
La concomitanza della iniziate A, segno di zecca prima di Asti, poi di Aosta ha creato delle incertezze ai compilatori del CNI, incertezze che si riflettono ancora sui collezionisti odierni, orientati generalmente verso le monete della loro città.
E’ parere dello scrivente che esistano elementi sufficienti per dissipare ogni dubbio producendo gli elementi chiarificatori. La tendenza ad accettare passivamente le classificazioni del CNI, ingenerata anche dalla difficoltà di consultare altre fonti, non deve prescindere dal fatto che i compilatori dell’opera, nello svolgere il loro imponente lavoro, avevano onestamente precisato nel titolo, che si trattava del PRIMO TENTATIVO DI UN CATALOGO GENERALE…
Nella successiva opera del Simonetti (purtroppo rimasta incompiuta ), MANUALE DI NUMISMATICA ITALIANA MEDIOEVALE E MODERNA, l’Autore rileva che “dei testoni con la sigla A che il CNI assegna ad Asti , alcuni dovrebbero essere stati coniati nella zecca di Aosta”. Ora l’acquisto fatto da un collezionista aostano, di un testone di Emanuele Filiberto con la sigla di zecca”A”, (vedere foto n° I) mi induce a raccogliere gli elementi atti a dimostrare come possono essere distinte le monete delle due zecche di Asti e di Aosta, emesse da Emanuele Filiberto.
SEGUE: Articolo completo in formato pdf da Panorama Numismatico nr.3/giugno 1984, articolo richiesto da un ns. lettore.