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Le monete di Traiano Decio e della sua famiglia

Caius Messius Quintus Decius “Traianus” [1]

Caius Messius Quintus Decius “Traianus”

Caius Messius Quintus Decius “Traianus”
Quintus Herennius Etruscus Messius Decius
Caius Valens Hostilianus Messius Quintus
Herennia Cupressenia Etruscilla

Gaio Messio Quinto Decio ”Traiano”, nacque in un villaggio della Pannonia, vicino a Sirmium, attorno al 200-201 d.C. Qualche autore colloca la sua nascita al 190, ma la cosa è abbastanza irrilevante.

Probabilmente era di estrazione locale ma discendeva, da parte di madre, da una antica e nobile famiglia italica.

Come si è già raccontato nell’articolo dedicato a Filippo I, Decio aveva percorso un’ottima carriera soprattutto militare, arrivando ad essere prefetto della città di Roma e comandante delle legioni di stanza in Moesia e Pannonia. Qui si distinse per essere riuscito a rimettere ordine nella armata romana stanziata ai confini danubiani e a respingere vittoriosamente i Goti, affiancati da numerose altre tribù germaniche che minacciavano seriamente l’impero.

I suoi stessi soldati lo acclamarono imperatore sul campo. Filippo I mosse contro di lui ma fu rovinosamente sconfitto presso Verona. Era il mese di settembre dell’anno 249 e Roma aveva un nuovo regnante.

Il Senato di Roma accolse Decio con grandi onori e lo proclamò solennemente imperatore ai primi di ottobre del 249, attribuendogli anche il nome di Traiano, forse per auspicare, come aveva già fatto il primo Traiano, un atteggiamento amichevole e rispettoso dell’imperatore nei confronti della antica istituzione.

Aureo di Traiano Decio [2]

Aureo di 4,43 grammi coniato a Roma nel 250-251. Al diritto IMP C M Q TRAIANVS DECIVS AVG e busto laureato dell’imperatore. Al rovescio Genio stante con a lato uno stendardo e legenda GENIVS EXERC ILLVRICIANI. Cohen 48, R.I.C. 16a

Ma è pure importante notare che con Decio il principato tornava ad essere retto da un cittadino romano, non importa se nato a Roma o in provincia, da un senatore, da un uomo quindi della Curia, della tradizione conservatrice.

Decio non tradì le aspettative del Senato perché il suo programma di governo fu improntato a salvaguardare la “romanità” dell’impero e a rafforzarla sempre più.

Anche Decio, come Filippo, tenne in grande conto la famiglia: la moglie Herennia Cupressenia Etruscilla, di antica stirpe etrusca, fu subito nominata Augusta; il figlio maggiore Herennio Etrusco (Quintus Herennius Etruscus Messius Decius) fu nominato Cesare e Principe della Gioventù nell’estate del 250 ed Augusto e coimperatore nella estate del 251, alla vigilia della disastrosa battaglia contro i Goti ad Abritto che vide perire in combattimento entrambi gli imperatori.

Il figlio minore, Hostiliano (Caius Valens Hostilianus Messius Quintus) fu nominato Cesare nel 250 e, essendo rimasto a Roma, non soltanto fu l’unico superstite maschio della famiglia, ma fu praticamente “adottato” dal successore di Decio, Treboniano Gallo, che lo nominò addirittura Augusto al suo fianco, dopo la morte del padre e del fratello maggiore
Treboniano Gallo, come vedremo in un prossimo articolo, non solo associò all’impero il giovane Hostiliano ma, per rispetto della vedova di Decio, non nominò Augusta la moglie Bebiana. Tutto ciò non deve stupire perché Decio non morì a seguito di un complotto ma in battaglia nel nome di Roma.

Doppio sesterzio [3]

Doppio sesterzio di oltre 44 grammi coniato a Roma nel 250. Al diritto busto della imperatrice Etruscilla su crescente lunare e legenda HERENNIA ETRUSCILLA AVG. Al rovescio figura la Pudicizia seduta con legenda PUDICITIA AVG - S C in exergo. Cohen 21, R.I.C. 136a.

Traiano Decio, come detto, si impegnò soprattutto nel tentativo di restituire all’impero e a Roma, l’importanza che avevano avuto secoli addietro. In questo quadro si inserisce la pesante persecuzione dei cristiani ai quali non si chiedeva di rinunciare alla loro fede ma di adempiere ad uno dei prescritti sacrifici agli dei di Roma. Secondo alcuni, la pesante situazione finanziaria indusse l’imperatore ad una aperta ostilità nei confronti dei cristiani per entrare in possesso dei notevoli beni della Chiesa sparsi per l’impero.

Quale sia stata la motivazione, religiosa o banalmente economica, sta di fatto che alla fine del 249 o all’inizio del 250, Decio emise un editto che disponeva una specie di censimento o piuttosto di controllo della lealtà dei sudditi dell’impero verso lo Stato. In base all’editto, ogni capofamiglia aveva l’obbligo di farsi rilasciare un documento, scritto e firmato da una apposita commissione, nel quale si attestava che il soggetto aveva adempiuto ai prescritti sacrifici agli dei. Molti cristiani si adeguarono, ma molti altri si rifiutarono. Così, dopo settant’anni di tolleranza e libertà religiosa i cristiani si trovarono nuovamente nei guai.

Segue: articolo completo in formato PDF [4] (3,2 MB) tratto da Panorama Numismatico 246/dicembre 2009 [5]