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Il bussolotto mantovano ed i suoi omologhi in altre zecche

di Lorenzo Bellesia – da Panorama Numismatico nr.241 / Giugno 2009 [1]

NEL CNI ALCUNE MONETE DELLE ZECCHE DI MANTOVA, FERRARA, MODENA, REGGIO EMILIA E VERONA SONO INDICATE CON I NOMI PIU’ DIVERSI: TESTONE, MEZZO TESTONE, GROSSONE, MEZZA LIRA. IN REALTA’ SONO TUTTE UGUALI E DERIVANO DA UNA MONETA MANTOVANA CHIAMATA BUSSOLOTTO.

Nell’età del marchese Lodovico II a Mantova si coniò una moneta d’argento che prese il nome di bussolotto e che si diffuse presto nelle zecche vicine come Ferrara, Reggio Emilia, Modena e Verona, assumendo però nomi diversi. Per un caso, quando, nel 1504, a Roma venne introdotta la riforma voluta da Giulio II, la nuova moneta d’argento, pur se diversa per peso e titolo, venne ad avere lo stesso tenore di fino per cui le tariffe successive diedero lo stesso valore ai bussolotti mantovani, ai suoi omologhi nelle altre zecche ed ai giuli papali.

Questo studio intende identificare tutte queste emissioni che sono state variamente classificate a partire dal CNI complice una scarsa attenzione da parte dei numismatici ai rapporti di valore tra le monete stesse.

Mantova

rovescio del bussolotto [2]

Particolare della Pisside col Sangue di Cristo nel rovescio del bussolotto coniato a nome di Francesco II, cfr. fig. 2.

Il 27 maggio 1472 a Venezia fu deliberata la produzione della famosa lira tron del valore nominale di 20 soldi, del peso di 6,52 grammi e del titolo di 948 millesimi1 e subito la moneta della Serenissima divenne un punto di riferimento per le zecche di Mantova e Ferrara. Tra le monete rapportate alla lira tron ci fu anche il bussolotto mantovano. Non ho ritrovato in letteratura documenti che ricordassero le caratteristiche tecniche di questa nuova moneta mantovana che però si possono ricavare dalla grida ferrarese dell’11 giugno 1475 con cui il duca Ercole I dichiarò2 di aver ordinato la produzione di due monete d’argento, cioè grossoni, che vagliono grossiti trì luno da quattrini XI luno, et diamanti, che vagliono grossiti dui luno da quattrini XI luno li quali grossoni, et diamanti sono alla liga del trono d’arzento veneziano, et proporzionati al peso del dicto trono3. Poiché non vi è dubbio alcuno, come si vedrà, che il grossone ferrarese fosse equivalente al bussolotto mantovano se ne deduce che la lega di quest’ultimo era di 948 millesimi, come appunto la lira veneziana, mentre il peso legale si ricava da una semplice proporzione. Il grossone infatti doveva rappresentare il 60% del valore della lira per cui il suo peso doveva essere il 60% di 6,52 grammi, cioè 3,91 grammi, valore che ben si adatta a quello degli esemplari noti di migliore conservazione che arrivano a sfiorare i 3,90 grammi.

Una grida4 mantovana del 7 settembre 1492 ci informa che a quell’epoca il bussolotto valeva 3 grossi del valore di 3 soldi l’uno. Grazie a questa informazione possiamo ribadire la sua equivalenza rispetto al grossone ferrarese perché la grida mantovana5 del 2 luglio 1472 ricordava la recente produzione della lira tron che fa fabricare la Ill.ma Si. de Vinesia da vinti marcheti l’uno che son soldi quindese da Mantoa. Poiché il bussolotto mantovano è poi ricordato per il suo valore di 3 grossetti pari a 9 soldi6 si evince che anche nella città dei Gonzaga il bussolotto era la sesta parte del trono proprio come il grossone ferrarese.

mezzo testone [3]

Fig.1

La conferma che il primo bussolotto ad essere coniato sia stato quello di Mantova e non quello di Ferrara che, come si è detto, fu deliberato da una grida del 1475, viene da una tariffa parmigiana del 14747. In questa tariffa la lira tron era quotata 13 soldi ma nello stesso elenco comparivano i grossi mantuani novi de tabernaculo, con el quartero de le aquile al prezzo di 7 soldi e 10 denari. La proporzione tra le due monete è vicinissima a 6 a 10, cioè la proporzione che ci viene indicata sia dai documenti ferraresi che da quelli mantovani. Questa descrizione non lascia dubbi sull’individuazione della moneta nell’emissione a nome di Lodovico II di gran lunga più comune, chiamata dal CNI8 mezzo testone, con al diritto il campo inquartato con le quattro aquile ed al rovescio la Pisside, con un peso che può arrivare a 3,80 grammi (fig. 1).

mezzi testoni [4]

Fig.2

La citata grida9 del 7 settembre 1492 riporta come il marchese Francesco II avesse ordinato la produzione di bussolotti del valore di 3 grossi come gli altri facti battere per li Ill.m suo Avo et patre che de la medesima bontà et peso sono. Questi nuovi bussolotti a nome di Francesco II non possono essere che quelli che il CNI10 definisce mezzi testoni e che hanno al diritto il busto con berretto del marchese rivolto a sinistra. Ne esistono due varietà: una di gran lunga più comune e di bello stile (fig. 2) ed un’altra11 col ritratto piuttosto grossolano che, probabilmente, fu anche la prima ad essere battuta e forse abbandonata proprio perché il conio era mal riuscito (fig. 3).

mezzi testoni [5]

Fig.3

Più di una perplessità nasce invece nel capire quali siano i bussolotti battuti a nome del padre di Francesco II, il marchese Federico I che governò Mantova tra il 1478 e 1484. A nome di Federico infatti è noto soltanto un rarissimo ducato d’oro ma non conosciamo alcuna moneta d’argento. E’ perciò possibile che sotto Federico I si fossero coniate ancora monete a nome di Ludovico12, monete che infatti sono molto comuni, oppure che, più semplicemente, per Avo et patre del marchese Francesco la grida intendesse il nonno Ludovico e non il padre Federico.

Comunque sia, è da notare che la moneta viene chiaramente indicata col nome di bussolotto, termine derivato da bussolo, cioè vasetto o bossolo, evidentemente perché nel rovescio vi era raffigurata la Pisside col sangue di Cristo che, secondo la tradizione, era stato raccolto da San Longino ai piedi della Croce e portato a Mantova.

testone [6]

Fig.4

Come a Ferrara nel 1492 fu emesso il doppio grossone o idra, anche a Mantova fu emesso il doppio bussolotto. E’ infatti quella che il CNI13 definisce testone e che è tipologicamente identica al bussolotto avendo al diritto il busto con berretto del marchese rivolto a sinistra ed al rovescio la pisside (fig. 4). Confrontando il ritratto del doppio bussolotto in cui il marchese ha i capelli lunghi con quello del bussolotto in cui il marchese ha i capelli corti, è possibile ipotizzare che l’emissione del doppio bussolotto sia avvenuta dopo quella dell’idra ferrarese.

Nel corso dell’ultimo decennio del Quattrocento si cominciò a coniare nelle zecche il quarto. Era un passo decisivo nell’aumento del peso e quindi del valore nominale della moneta d’argento. Il quarto non fu mai coniato a Venezia, nacque invece a Milano nel 1474 alla lega di 962 millesimi e al peso di 9,79 grammi14. Nato col nome di grossone, fu rapportato al valore nominale di 20 soldi, cioè una lira, ma successivamente, a seguito della svalutazione15, si agganciò al valore del ducato d’oro di cui divenne la quarta parte tanto da essere chiamato quarto nelle altre zecche. Questa proporzione esatta durò ben poco ma le due monete non furono più toccate nell’intrinseco e nel peso e furono tariffate autonomamente, di solito con un leggero premio per il ducato. Il quarto fu rapportato spesso esattamente a 2 bussolotti e mezzo. Per esempio, la tariffa ferrarese16 del 18 febbraio 1502 fornisce una assoluta parità di valore tra quarti milanesi e mantovani a 15 soldi mentre i bussolotti mantovani, identici ai grossoni ferraresi, valevano 6 soldi. In termini di contenuto argenteo c’è una leggera differenza: il fino di un quarto era di 9,43 grammi mentre quello di 2 grossoni e mezzo arrivava a 9,27. La differenza di 0,16 grammi a favore del quarto, pari all’1,72%, potrebbe essere stata talvolta tollerata dai governi per non andare a modificare nessuna di queste monete che godevano di grande successo sui mercati.

bussolotto o mezzo testone col crogiuolo [7]

Fig.5

E’ a partire dal Cinquecento avanzato che si conoscono delle tariffe mantovane con l’indicazione dei valori per potere fare dei raffronti. Ne conosco alcuni estratti da una pubblicazione giuridica17 del 1673. Della tariffa mantovana del 13 febbraio 1517 si ricordano in generale i quarti ed i bussolotti mantovani e più sotto i quarti bussolotti e da due bussolotti ferraresi. Nella tariffa del 14 gennaio 1518 sono citati i quarti e i bussolotti mantovani, quelli veronesi, i quarti bussolotti17bis e da due bussolotti ferraresi, i bussolotti, e da due di Papa Leone di buon argento, e da mezzi bussolotti.

Nella tariffa datata 20 febbraio 1519 invece sono specificati i valori e si nota un sensibile sfilacciamento nei rapporti di valore tra il ducato, il quarto ed il bussolotto. Il ducato era riportato a 5 lire, il quarto ad una lira e 4 soldi mentre i bussolotti mantovani, firmesi (sic), ferraresi, papali e imperiali erano tariffati a 9 soldi e mezzo. Come si evince da pochi calcoli, 4 quarti non valevano più un ducato ma 4 soldi in meno, due bussolotti e mezzo non valevano più un quarto ma 3 denari in meno quindi 10 bussolotti valevano 5 soldi in meno di un ducato, il che significa che se si voleva cambiare un ducato con 4 quarti si dovevano aggiungere 4 soldi mentre se lo si cambiava con 10 bussolotti di soldi se ne dovevano aggiungere 5.

bussolotto o mezzo testone [8]

Fig.6

E’ sicuramente un bussolotto, anche se al rovescio non presenta la Pisside, la moneta, sempre a nome di Francesco, che il CNI18 definisce mezzo testone col crogiuolo (fig. 5). Questa moneta fu emessa per completare la produzione di qualche partita di quarti con il medesimo rovescio.

Anche a nome di Federico II, divenuto marchese di Mantova nel 1519, fu battuto un bussolotto: si tratta della moneta con al rovescio l’impresa della Salamandra che il CNI19 definisce ancora mezzo testone (fig. 6).

Sotto il suo successore, Francesco III, la moneta d’argento fu profondamente rinnovata. Lo testimonia la tariffa20 del 24 dicembre 1543 in cui si rilevano i seguenti valori:

Monete Lire Soldi Denari
Quarti d’argento mantuani, milanesi et ferraresi 1 8 6
Quarti mantuani novi 1 7
Mocenighi venetiani et mantuani over Gonzagae 19
Marcelli mantuani et venetiani 9 6
Giuli mantuani et ferraresi vecchij di peso 10 6
Bussolotti mantuani 9
Doppi bussolotti 18
Mezzi bussolotti 4 6

Come si evince chiaramente, ci si trova di fronte a tre gruppi di monete:

– le vecchie monete mantovane e straniere, in particolare i quarti, i giuli ed i bussolotti che infatti si specifica debbano essere ancora del peso corretto

– le nuove monete mantovane, cioè i nuovi quarti ed i nuovi bussolotti con i loro doppio e metà, tutti più leggeri rispetto ai vecchi bussolotti

– le monete di tipo veneziano, cioè i mocenighi ed i marcelli.

Sfogliando il CNI invano si cercherebbero quasi tutti questi termini. Sulla base della citata tariffa e di una successiva del 17 marzo 1550 si può perciò riordinare in una apposita tabella la monetazione di Francesco III. Da questa si desume che il bussolotto era stato abbassato notevolmente di peso e che il suo nuovo rapporto col quarto non era più di circa 2 volte e mezzo ma esattamente di 3 bussolotti per un quarto. A sua volta il nuovo quarto era stato progettato per valere esattamente la quarta parte dello scudo d’oro.

Numero di CNI
Nome in CNI Nome corretto
Peso massimo* Valore
1/4 Scudo del sole Scudo d’oro 3,29 5 Lire e 8 soldi
5/7 Testone Quarto 9,15 1 Lira e 7 soldi
8/11 Mocenigo Mocenigo 6,52** 19 Soldi
12/13 Testone 2 Bussolotti 6,05 18 Soldi
14/18 Giulio anonimo Mezzo quarto 4,46 13 Soldi e mezzo
19/29 Giulio col nome Marcello 3,26** 9 Soldi e mezzo
30/32 Giulio con ritratto Bussolotto 3,04 9 Soldi
33 Giulio con trofeo Cavallotto 2,26 6 Soldi
34/40 Giulio con pisside Cavallotto 2,68 6 Soldi
41/43 Grosso Mezzo marcello 1,62** 4 Soldi e 9 denari
44/46 Grosso Mezzo bussolotto 1,47 4 Soldi e 6 denari
47/53 Sesino Sesino 1,11 4 Denari
54/68 Quattrino Bagattino 1,99 Denaro

* Non ho trovato in letteratura indicazione dei valori legali per le monete mantovane perciò ho segnalato il peso massimo riportato nel CNI.
** Peso legale a Venezia. Il marcello mantovano di Francesco risulta però bandito da Venezia nella grida del 20 novembre 1554 perché di peso pari a 15 carati e 2 grani e quindi inferiore di un grano a quello della Serenissima e del valore di un soldo in meno. Nella stessa grida è illustrato il cavallotto con la pisside del peso di 8 carati e 2 grani ma l’indicazione del valore, appena un soldo e 11 piccioli, confrontata con altre monete simili sembrerebbe un errore di stampa. Cfr. N. Papadopoli Aldobrandini, Le monete di Venezia, parte II, Venezia, dopo p. 242.

Tavola-monete-Francesco-III-Mantova [9]

In questa tavola sono illustrate le monete di Francesco III duca di Mantova con la proposta di una nuova denominazione poiché alla luce dei documenti d’epoca quasi tutte quelle del CNI e della letteratura successiva sono sbagliate. Che ci fosse confusione lo aveva intuito G. Castellani, Catalogo della raccolta numismatica Papadopoli-Aldobrandini, vol. I, Venezia 1925, pp. 151-152, il quale, a proposito della monetazione di Francesco III, scriveva: E’ un po’ difficile mettere d’accordo i nomi che vengono dati a queste monete col loro peso e valore. Qualche aiuto ci viene dal pensare che circa questo tempo anche a Mantova il peso della lira dovette subire una variazione conforme a quanto avvenuto a Venezia, dove dal 1517 in poi il peso della lira nominale era sceso da g 6,52 a g 6,09. In particolare, si segnala, come già aveva scritto il Castellani, che tutte le monete in rame della fine del Quattrocento e della prima metà del Cinquecento non sono quattrini bensì bagattini, ossia la frazione minore del medio circolante, fatte appunto perché gli ultimi piccoli di mistura erano tanto esigui da non potersi più spendere. Infine, è da sottolineare che tutte le monete d’argento di Francesco III sono di grande rarità, segno, probabilmente, che la riforma monetaria da lui introdotta non ebbe successo e che furono battute in scarsa quantità oppure rifuse.

Ferrara

grossone Ferrara [10]

Fig.7

Come si è visto in precedenza, fu la grida21 dell’11 giugno 1475 ad autorizzare l’emissione di due nuove monete d’argento, cioè grossoni, che vagliono grossiti trì luno da quattrini XI luno, et diamanti, che vagliono grossiti dui luno da quattrini XI luno li quali grossoni, et diamanti sono alla liga del trono d’arzento veneziano, et proporzionati al peso del dicto trono. Il grossetto da 11 quattrini, cioè un soldo e 5 quattrini, con un quattrino del valore di 2 denari, era stato coniato già a partire dal 1471 e quindi le due nuove monete andavano ad aumentare il numero di nominali argentei: il grossone valeva 5 soldi e mezzo ed il diamante 3 soldi e 8 denari. Il ducato d’oro nel 1475 e fino al 1482 valeva 57 soldi22. Certamente i Ferraresi, che, come i Mantovani, avevano come riferimento la monetazione della Serenissima, ben conoscevano il bussolotto mantovano e probabilmente ne apprezzavano il successo sul mercato monetario.

2 grossoni o idra di Ferrara [11]

Fig.8

Nella città estense il grossone (fig. 7) ed il diamante, oltre ad avere la stessa lega della lira, erano proporzionati nel peso e bastano pochi calcoli per verificare come il grossone rappresentasse il 60% del valore della lira mentre il diamante il 40%. I Ferraresi non coniarono direttamente la lira tron né la sua metà, il marcello, né il soldino, probabilmente per non entrare in concorrenza con Venezia mentre coniarono i valori mancanti nel sistema monetario della Serenissima. Il grossone soprattutto ebbe una grande fortuna e fu battuto sicuramente per molti anni, probabilmente anche dopo la morte del duca avvenuta nel 150523.

Il numero dei nuovi nominali argentei poi si arricchirà anche con la moneta da 2 grossoni o idra (fig. 8) emessa nel dicembre del 1492. Il cronista Caleffini nel dicembre di quell’anno infatti scriveva24 che fu fatto grida per parte del duca Hercole, che se avesse a spendere certe monete sue nove per dodici bolognini l’una; da un lato de le quale era la testa sua ducale, et dal altro lato più bisse insieme atachate. Poiché l’idra era una moneta da 2 grossoni, si evince che lo stesso grossone era aumentato al valore nominale di 6 bolognini. In tal modo le monete fin qui elencate nel 1492 erano così allineate:

Moneta Zecca Valore Peso Lega
Idra Ferrara 12 bolognini g 7,82 948
Lira tron Venezia 10 bolognini g 6,52 948
Grossone Ferrara 6 bolognini g 3,91 948
Marcello Venezia 5 bolognini g 3,26 948
Diamante Ferrara 4 bolognini g 2,61 948
Soldino Venezia mezzo bolognino g 0,326 948

Mentre a Mantova, il termine bussolotto rimase in uso fino alla metà del Cinquecento, a partire dagli inizi del secolo a Ferrara e nelle altre zecche estensi, Reggio Emilia e Modena, il termine grossone fu sostituito da quello di testone. In una tariffa27 ferrarese del 12 dicembre 1521 i quarti ferraresi, milanesi, mantuani e zenovesi sono tariffati per 16 soldi e 3 denari mentre li testoni ferraresi mantuani vecchi iulii seu testoni papali vecchii testoni modonesi e regiani vechii sono valutati 6 soldi e mezzo, il che significa che 4 quarti equivalevano a 10 testoni. Nella stessa tariffa i fiorini larghi italiani, cioè i ducati, erano tariffati 3 lire e 7 soldi, cioè 2 soldi in più di 4 quarti e 10 testoni come sopra evidenziato.

Con data 1 e 4 febbraio 1526 fu pubblicata una nuova tariffa28 a Ferrara che quotava tutte le monete in circolazione ma i vecchi rapporti di valore ora risultano un poco sfilacciati. Li testoni ferraresi, mantuani vechi, julii seu testoni papali vecchi battuti in Roma, testoni modonesi, e regiani vecchi de bon argento, e peso venivano valutati 6 soldi e 10 denari mentre li quarti ferraresi, milanesi, mantuani, e genoesi de bon argento, e peso venivano valutati 17 soldi. Tra i due tipi di monete viene confermato praticamente il rapporto di valore di 2 e mezzo a uno anche se 6 soldi e 10 denari per due e mezzo è uguale a 17 soldi ed un denaro mentre il quarto veniva valutato soltanto 17 soldi. Probabilmente questo denaro in più era dovuto soltanto ad una questione di rotti nella valutazione delle monete e non all’intenzione di valutare più il testone rispetto al quarto. Infatti le idre, e julii seu testoni doppii papali e mantuani de bon argento erano valutati esattamente il doppio dei testoni, cioè 13 soldi e 8 denari.

Al contrario, il rapporto tra il ducato d’oro ed il quarto segnava una leggera rivalutazione del primo rispetto al secondo. Infatti 17 soldi per 4 è uguale a 3 lire e 8 soldi ma li fiorini larghi milanesi, fiorentini, genoesi, del Reame di Napoli, senesi, luchesi, portugalesi, ferraresi, bolognesi, mantuani, vecchi rodiani, turchi et de Urbino de bon oro, e peso erano tariffati a 2 soldi in più, cioè 3 lire e 10 soldi.

Ad un certo punto, a Cinquecento inoltrato, il testone si allineò quasi allo scudo d’oro, di valore sensibilmente diverso al ducato che ormai si coniava pochissimo ed era anzi incettato e fuso. Un proclama29 ferrarese del 5 maggio 1543 riporta li testoni30 ferraresi, modonesi, risani, papali, julij battuti in Roma vecchi, e delle stampe vecchie, che siano de bono argento al prezzo di 7 soldi mentre li scudi d’oro de qualunque cunio, che siano de bono oro, et peso, sono valutati 3 lire e 11 soldi, cioè appena un soldo in più di 10 testoni. I quarti invece sono prezzati 17 soldi e 10 denari.

Nella tariffa31 ferrarese del 14 gennaio 1558 i testoni ferraresi, modonesi, regiani, e mantovani delli Marchesi erano valutati 7 soldi, quindi un quarto avrebbe dovuto valere esattamente 17 soldi e mezzo ma la tariffa valuta li quarti ferraresi passati, mantuani delli marchesi, milanesi delli duchi, ben 2 soldi in più, cioè 19 soldi e mezzo. Quest’ultimo valore moltiplicato per quattro è uguale a 3 lire e 18 soldi, esattamente il valore assegnato a tutti li altri fiorini de bon oro, e peso, tuttavia la stessa tariffa menziona dei ducati ferraresi nuovi da 4 lire.

Come già si è visto nella tariffa mantovana del 24 dicembre 1543, le stesse descrizioni indicano queste monete come retaggi di un mondo ormai finito: si parla infatti di quarti ferraresi passati, di monete mantovane delli marchesi quando già nel 1530 Federico Gonzaga aveva ottenuto il titolo di duca di Mantova. Erano nate nel frattempo nuove monete d’argento sostanzialmente diverse, il mezzo scudo ed il quarto rapportate alla nuova moneta d’oro, lo scudo. La splendida età del Rinascimento era finita anche in numismatica.

Modena

zecca di Modena - mezzo testone [12]

Fig.9

La già tariffa32 ferrarese che porta la data del 1 e 4 febbraio 1526 menzionava, tra l’altro, i testoni modonesi. Il testone è sicuramente la moneta a nome di Ercole I che il CNI33 definisce mezzo testone con al diritto la testa del duca rivolta a sinistra ed al rovescio Ercole col leone nemeo (fig. 9). Il Crespellani34 ricorda delle monete da 6 soldi previste nel capitolato del 1498 e dei testoni e delle monete da 5 soldi previsti in quello del 150135. Credo che quella da 6 soldi ed il testone siano la stessa moneta36 mentre il 5 soldi è quella che il CNI37 chiama ancora mezzo testone ma con Ercole ed Anteo al diritto ed al rovescio San Geminiano seduto di fronte.

zecca di Modena - testone [13]

Fig.10

Morto il duca Ercole, il suo successore Alfonso I il 17 ottobre 1506 concesse38 alla città di fare stampare lie li ducati, et cusi li testoni che habiano da un lato la testa nostra, et da laltro la imagine del Santo vostro, sicomo habbiamo concesso alla comunita nostra de Regio. Questo testone è la moneta chiamata dal CNI39 paolo o giulio (fig. 10).

Reggio Emilia

zecca di Reggio Emilia - testone [14]

Fig.11

Con lettera del 7 marzo 1502 il duca Ercole I concedeva ai Reggiani di battere monete da un soldo, 2 soldi e testoni da soldi 7 e denari 3 per potere meglio satisfare ale entrate nostre. Il testone doveva essere una moneta nova ala bontade et peso del testone ferrarese cioe carati ventiuno. La precisa descrizione40 fatta nella lettera, che cioè la moneta avrebbe dovuto avere da un lato il ritratto ducale, la testa nostra cum la breta in capo, ed al rovescio lo stemma della comunità, non lascia dubbi sull’identificazione (fig. 11). La medesima moneta si coniò a nome di Alfonso I come sopra ricordato a proposito della concessione fatta dal duca alla città di Modena (fig. 12).

testone della zecca di Regigo Emilia [15]

Fig.12

In due elenchi41 di monete databili il primo al 1496 ed il secondo al 1502 i testoni ferraresi ed i bussolotti mantovani sono tariffati a 7 soldi e 3 denari, i quarti milanesi, mantovani e ferraresi 18 soldi e 3 denari mentre per il 1496 il fiorino viene riportato a 3 lire e 15 soldi.

Verona

Il CNI tra le monete battute a nome dell’imperatore Massimiliano a Verona annovera una lira o testone ed una mezza lira. Il termine lira è stato proposto dallo Zanetti che commentava il trattato Della zecca di Verona e delle sue antiche monete opera di monsignor Gio: Jacopo marchese Dionisi42. Osservando che la moneta d’argento più grande aveva un peso uguale a quello delle oselle veneziane e che la lira veronese corrispondeva ad una lira ed un terzo della veneziana, lo Zanetti ritenne che la prima fosse la lira veronese e l’altra moneta d’argento più piccola fosse la mezza lira.

bussolotto di Verona [16]

Fig.13

In realtà non so se la prima moneta avesse avuto in Verona, all’epoca dell’emissione, cioè tra il 1516 ed il 1517, il valore nominale di una lira, ma è comunque certo che quella moneta era un quarto con le medesime caratteristiche dei quarti mantovani e ferraresi. L’altra moneta non è poi un mezzo testone perché il suo peso non è assolutamente coerente43, bensì si tratta di una emissione analoga ai grossoni ferraresi e ai bussolotti mantovani (fig. 13). Ce lo conferma una tariffa mantovana del 14 gennaio 151844 che menziona i quarti, e bussolotti della Cesarea Maestà battuti in Verona la cui circolazione era consentita al pari di tutte le consuete emissioni in particolare mantovane, ferraresi e veneziane.

Roma

Giulio della Zecca di Roma [17]

Fig.14

La riforma monetaria istituita da Giulio II col motu proprio del 20 luglio 1504 prevedeva l’emissione di una moneta d’argento, il giulio (fig. 14), del peso di 3,95 grammi e titolo di 920 millesimi45. Il cardine di questa riforma era il legame tra la nuova moneta d’argento ed il ducato d’oro di camera per cui 10 giuli dovevano equivalere ad un ducato. Questa equivalenza tuttavia durò pochissimo. Ad esempio, ricorda l’Affò46 che il giulio fu coniato anche a Parma nel 1504 ma il suo valore avrebbe dovuto essere di 9 soldi e mezzo se 10 giuli dovevano equivalere ad un ducato che allora era tariffato 4 lire e 15 soldi. Invece era stato tariffato 9 soldi e questa valutazione inferiore ci viene confermata, come si vedrà, da tariffe mantovane.

Sebbene diverso per lega, peso e diametro, il giulio fu subito eguagliato al grossone perché aveva praticamente lo stesso contenuto di fino. Infatti:

Moneta Peso Titolo Fino
Giulio g 3,95 920 3,63
Testone g 3,91 948 3,71

Per esempio la tariffa ferrarese del 1526 valuta insieme li testoni ferraresi, mantuani vechi, julii seu testoni papali vecchi battuti in Roma, testoni modonesi, et regiani vecchi de bon argento a 6 soldi e 10 denari. Sono anche citati li mezzi julii seu testoni papali battuti in Roma de bon argento e peso esattamente alla metà.

Bologna

GIulio dellazecca di Bologna [18]

Fig.15

Con deliberazione47 del 17 novembre 1508 a Bologna si decise di battere il giulio (fig. 15) al valore di 7 soldi ricordando che in quel momento 10 giuli equivalevano ad un ducato. Questo giulio però era decisamente più pesante di quello romano, 4,46 grammi, perché coniato alla lega di Bologna di 820 millesimi, ma il contenuto intrinseco delle due monete era praticamente lo stesso.

Nella tariffa mantovana del 14 gennaio 1518 sono citati i bussolotti, e da due di Papa Leone di buon argento ed i mezzi bussolotti che dovrebbero essere ancora dei giuli emessi a nome del nuovo pontefice. A seguito di nuove disposizione impartite nel 1519 a Bologna furono battute delle nuove monete, chiamate leoni, alla lega di Roma ed al peso di 3,78 grammi di cui 10 dovevano formare un fiorino di camera del peso di 3,39 grammi48. Il contenuto di fino della nuova moneta, 3,47 grammi, era quindi sensibilmente distante dai vecchi testoni.

Parma

Giulio di Parma [19]

Fig.16

La grida49 mantovana del 29 aprile 1528, oltre ai bussolotti mantovani, ferraresi, bolognesi e papale, tariffati 10 soldi e mezzo, cita il bussolotto parmigiano a 10 soldi soltanto. Lo stesso è ripetuto nella grida del 9 dicembre sempre del 1528. I bussolotti parmigiani sono anche l’oggetto di una grida del 15 dicembre 1531 citata dal Magnaguti50 purtroppo senza riportare il loro corso e le loro caratteristiche. Essendo tariffati ad un valore diverso quelli parmigiani non sono da considerare dei veri bussolotti ma è probabile che il nome derivi soltanto da una certa affinità per modulo, peso e titolo. Si tratta comunque dei giuli parmigiani coniati a nome dei pontefici Leone X (fig. 16), Adriano VI (fig. 17) e Clemente VII (fig. 18) il cui peso massimo tra gli esemplari citati in CNI è di 3,82 grammi. Secondo quanto riportato dall’Affò51 almeno quelli di Adriano VI avrebbero dovuto essere alla bontà e peso dei romani, ma evidentemente la zecca di Parma deve averli battuti calanti.

Giulio di Parma [20]

Fig.17

Giulio di Parma [21]

Fig.18

I bussolotti firmesi

Nella già citata tariffa mantovana del 20 febbraio 1519 al valore di 9 soldi e mezzo insieme ai bussolotti mantovani, ferraresi, papali e imperiali erano menzionati quelli firmesi. Poco sotto erano tariffati anche dei cavallotti firmesi del valore di 6 soldi. Visto che nella stessa tariffa sono citate anche monete di Salutio Monferrato e del Flisso, è possibile che le monete in questione siano da cercare tra le emissioni piemontesi del periodo.

Coerente col peso del bussolotto mantovano è però anche il cosiddetto mezzo testone della zecca di Bellinzona52 con al diritto lo stemma dei due cantoni di Uri e Unterwalden sormontato dall’aquila bicipite coronata ed al rovescio San Martino benedicente seduto di fronte. Nello stesso tempo la zecca bellinzonese coniava anche cavallotti. Tuttavia questo testone sembra essere lo stesso disegnato in una tariffa veneziana dell’8 dicembre 1517 e con l’indicazione del valore di 8 soldi quando all’epoca il marcello valeva 10 soldi53.

Note

  1. N. Papadopoli Aldobrandini, Le monete di Venezia, parte II, Venezia 1907, pp. 3-4.
  2. L. Bellesia, Le monete di Ferrara [22]. Periodo comunale ed estense, Serravalle 2000, p. 98.
  3. V. Bellini, Dell’antica lira ferrarese di marchesini detta volgarmente marche-sana, Ferrara 1754, p. 78 e p. 84.
  4. A. Magnaguti, Studi intorno alla zecca di Mantova, Prima parte (I Marchesi, 1433-1530), Milano 1913, p. 71.
  5. A. Magnaguti, Studi cit., p. 67.
  6. I termini marchetto e soldo a Mantova erano equivalenti.
  7. I. Affò, Della zecca e moneta parmigiana, in G. A. Zanetti, Nuova raccolta delle monete e zecche d’Italia, vol. V, Bologna 1786, p. 104.
  8. CNI 18-30. Nel ripostiglio di Alberone di Ro Ferrarese pubblicato da M. T. Gulinelli, Il tesoretto di Alberone di Ro Ferrarese, Roma 2002, ne erano presenti ben 10 esemplari.
  9. A. Magnaguti, Studi cit., p. 71.
  10. CNI 65-75. La moneta è molto comune: nel citato ripostiglio di Alberone di Ro Ferrarese ne erano presenti ben 18 esemplari.
  11. M. Ravegnani Morosini, Signorie e principati. Monete italiane con ritratto 1450-1796, vol. II, Dogana 1984, p. 18, n. 18.
  12. A. Magnaguti, Studi cit., p. 27, ritiene invece che della moneta non fosse conosciuto alcun esemplare.
  13. CNI 63-64.
  14. C. M. Cipolla, Il governo della moneta a Firenze e a Milano nei secoli XIV-XVI, Bologna 1990, p. 107.
  15. Grossone e ducato d’oro erano le buone monete che si rivalutavano mentre si svilivano le monetine di mistura il cui valore nominale rimaneva stabile, cfr. C. M. Cipolla, Il governo cit., pp. 136-139.
  16. V. Bellini, Dell’antica lira ferrarese cit., p. 87.
  17. A. Gobio, Tractatus varii, Bologna 1673, p. 394.
    17bis. I quarti di bussolotto ferraresi del peso teorico di 0,98 grammi dovrebbero essere le monete anonime con al diritto l’adorazione dei Magi ed al rovescio l’idra sui tizzoni ardenti da me chiamate col valore di 8 quattrini ed assegnate ad Ercole I, 21 cfr. L. Bellesia, Le monete di Ferrara [22] cit., p. 146. In base a questa tariffa sarebbe invece da spostarne la collocazione all’età di Alfonso I. Del resto il fatto che comparisse al rovescio l’impresa dell’idra indicava che la moneta faceva parte della serie del doppio bussolotto.
  18. CNI 76-77. Alla stessa serie sembra appartenere la moneta con al diritto il busto ed al rovescio il crogiuolo di cui al CNI 80. Dato il peso dell’esemplare della collezione Magnaguti di 1,57 grammi potrebbe essere un quarto della lira moceniga.
  19. CNI 40.
  20. A. Magnaguti, Studi intorno alla zecca di Mantova, Seconda parte (I Duchi, 1530-1627), Milano 1914, p. 74.
  21. L. Bellesia, Le monete di Ferrara [22] cit., p. 98.
  22. V. Bellini, Dell’antica lira ferrarese cit., p. 78 e p. 84.
  23. Il ripostiglio di Alberone di Ro Ferra-rese databile probabilmente poco oltre il 1521, conteneva ancora 53 esemplari del grossone di Ercole I, la maggior parte dei quali di ottima conservazione e pochissime tracce di circolazione.
  24. L. Bellesia, Le monete di Ferrara [22] cit., p. 119.
  25. Il valore è indicato in bolognini, termine equivalente a soldi.
  26. Ho calcolato i pesi delle monete ferraresi basandomi sul rapporto con la lira tron.
  27. V. Bellini, Delle monete di Ferrara, Ferrara 1761, pp. 194-195.
  28. L. Bellesia, Le monete di Ferrara [22] cit., p. 185.
  29. V. Bellini, Dell’antica lira ferrarese cit., p. 118.
  30. A parte, ma sicuramente si devono intendere dello stesso prezzo, sono citati li testoni mantoani vecchi de bono argento, et peso per il suo solito, et consueto, et cusì le altre sue monede similmente.
  31. L. Bellesia, Le monete di Ferrara [22] cit., pp. 231-232.
  32. L. Bellesia, Le monete di Ferrara [22] cit., p. 185.
  33. CNI 6-10.
  34. A. Crespellani, La zecca di Modena nei periodi comunale ed estense, Modena 1884, p. 17.
  35. A. Crespellani, La zecca di Modena cit., p. 21.
  36. Infatti il quarto, moneta non coniata comunque a Modena in quel periodo, veniva a valere 15 soldi, cioè 2 volte e mezzo il testone da 6 soldi, proprio come nella tariffa ferrarese del 18 febbraio 1502 citata da V. Bellini, Dell’antica lira ferrarese cit., p. 87.
  37. CNI 11-17. Il rapporto valore / peso tra le due monete è infatti coerente. Come aveva giustamente indicato il Crespellani, la moneta da 5 soldi è il marcello modenese citato nella tariffa ferrarese del 1521, cfr. V. Bellini, Delle monete di Ferrara cit., p. 195.
  38. A. Crespellani, La zecca di Modena cit., p. 206.
  39. CNI 7-10. I tre esemplari di cui è citato il peso nel CNI sono calanti mentre l’esemplare del ripostiglio di Alberone di Ro Ferrarese ha il peso quasi perfetto di 3,84 grammi, cfr. M. T. Gulinelli, Il tesoretto cit., p. 77, n. 213. Correggo qui la mia precedente definizione di 5 soldi fatta nell’articolo La monetazione di Alfonso I per Modena, in Panorama Numismatico, marzo 2003 [23], pp. 6-14.
  40. L. Bellesia, Ricerche su zecche emiliane. III [24]. Reggio Emilia, Serravalle 1998, p. 80.
  41. G. Fabbrici, Documenti inediti o poco noti sulla zecca di Reggio Emilia in età rinascimentale (secoli XV e XVI), in Rivista Italiana di Numismatica, 1980, pp. 177-194.
  42. Il trattato è contenuto nel quarto volume dell’antologia curata da G. A. Zanetti Nuova raccolta delle monete e zecche d’Italia, Bologna nel 1786. La descrizione delle monete veronesi di Massimiliano è alle pagine 334-336.
  43. Lo Zanetti aveva notato l’incongruenza nel peso ma aveva creduto che la moneta esaminata fosse stata un poco smarginata. Anche Q. Perini, Le monete di Verona, Rovereto 1902, ha ritenuto di vedere nelle monete di Massimiliano la materializzazione della lira veronese che divenne così moneta reale, la quale pesa un terzo più di quella veneziana, appunto per la differenza di valore, che esisteva fra la lira veneziana e quella veronese. Lo stesso Perini cita poi la mezza lira indicando in nota che comunque non corrisponde alla metà della lira.
  44. A. Gobio, Tractatus cit., p. 394.
  45. E. Martinori, Annali della zecca di Roma. Alessandro VI – Giulio II, Roma 1918, pp. 73-74. Il valore di 3,95 grammi è ripreso da F. Muntoni, Le monete dei Papi e degli Stati pontifici, vol. I, Roma 1972, p. XXXIX. Per il Martinori invece il peso legale sarebbe oltre i 4 grammi, valore che avvicina ancora di più il fino del giulio a quello del testone.
  46. I. Affò, Della zecca e moneta parmigiana cit., p. 118.
  47. M. Chimienti, La moneta bolognese d’argento da Giulio II a Paolo V, in La Numismatica, febbraio 1983, p. 34.
  48. M. Chimienti, La moneta bolognese d’argento da Giulio II a Paolo V, in La Numismatica, maggio 1983, p. 129.
  49. A. Gobio, Tractatus cit., p. 395.
  50. A. Magnaguti, Studi intorno alla zecca di Mantova, Seconda parte cit., p. 14.
  51. I. Affò, Della zecca e moneta parmigiana cit., p. 128.
  52. F. Chiesa, La zecca di Bellinzona, Bellinzona 1991, p. 132, n. 25. L’esemplare illustrato pesa 3,82 grammi mentre quello della collezione Papadopoli descritto in CNI, p. 24, n. 3, pesa g 3,74.
  53. Cfr. N. Papadopoli Aldobrandini, Le monete di Venezia, parte II, Venezia, dopo p. 93.