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Alcune note sui tarì coniati a Messina da Ferdinando il Cattolico(1479-1516)

Ferdinando il Cattolico [1]di Roberto Costanzo

UNA PROPOSTA PER UNA NUOVA LETTURA DEI TARì DI FERDINANDO IL CATTOLICO.

Queste pagine ben poco aggiungono alla insuperata opera sulle monete di Sicilia di Rodolfo Spahr, sono però l’esempio di quanto sia stimolante lo studio di pezzi relativamente comuni, quali i tarì o aquile coniati a Messina da Ferdinando il Cattolico.

Ricordiamo che i tarì, il cui peso è tra i 3,35 ed i 3,60 grammi, recano al diritto le armi de los Reyes Catolicos Ferdinando e Isabella e, al rovescio, l’aquila di Sicilia. Non vi compare mai la melagrana, insegna del Regno di Granada, conquistato nel 1492. I maestri di zecca che siglano i tarì sono:

F-B….? (S. 151, 152, 153)

I-P (Giovanni Papardo?) (S. 154)

Matteo Compagna (M-C)

Giovanni Lo Nobile (I-N)

In queste note proponiamo:

1) una lettura opposta a quella in uso e cioè: al diritto l’aquila di Sicilia; al rovescio le armi dei Re cattolici.

2) una classificazione dei tarì.

Perché una nuova lettura dei tarì?

Un tarì [2]Giusta la tradizione, ad esempio lo Spahr, il diritto delle aquile è quello recante le armi dei Re Cattolici mentre il rovescio ospita l’aquila di Sicilia.

Tuttavia V. Ruffo (cfr. La Zecca di Messina. Documenti Inediti, Palermo 1916 (p. 130 e segg.) riporta il documento Ordinatio monete aquilarum argenti che così recita: …cudantur peccia cum armis Castellae et Siciliae, hoc est una parte Aquila… et ex alia parte omnium armorum Castellae, Siciliae etc… que sint nominanda Aquile argenti Siciliae. E più sotto a proposito dei mezzi tarì, conferma: …quod dicta moneta… sint nominanda medie Aquilae cudendae ex una parte arma Siciliae Aquila… et ex altera arma Castelle quartiata cum armis alijs Siciliae Aragonum etc…

Quindi, intendendo come diritto di una moneta quello descritto per primo, parrebbe corretto leggere le aquile o tarì d’argento di Ferdinando così come descritte alla loro origine nelle istruzioni dei documenti ufficiali: al diritto l’aquila di Sicilia e al rovescio le armi dei Re Cattolici.

Vediamo ora di esaminare la moneta dal punto di vista araldico.

L’arma di Isabella di Castiglia è: inquartato: 1° e 4° di rosso al castello d’oro torricellato di tre pezzi; (Castiglia); nel 2° e 3° di argento al leone di rosso coronato (Léon).

Un tarì [3]Le due armi portate da Ferdinando d’Aragona in Sicilia sono:

a) Sicilia-Aragona: inquartato in croce di Sant’Andrea (alias in decusse), d’oro con quattro pali di rosso (Aragona); fiancheggiato d’argento con due aquile spiegate di nero (Sicilia).

b) Aragona partito con Sicilia-Aragona: partito nel 1° d’oro con quattro pali di rosso; nel 2°: in decusse d’oro con quattro pali di rosso (Aragona); fiancheggiato d’argento con due aquile spiegate di nero (che è Sicilia-Aragona).

Già Spahr notava che esistono dei coni con il 2° e 3° quarto dello stemma inquartati dalle armi di Aragona e Sicilia e altri con tali quarti divisi in due, verticalmente, metà con i pali aragonesi e l’altra metà con le armi di Sicilia.

I tarì di Ferdinando portano le armi dei re cattolici e l’aquila di Sicilia. Lo scudo è inquartato-controinquartato:

Nel 1° e 4°, controinquartato: 1) e 4) Castiglia; 2) e 3) Léon. Nel 2° e 3° in decusse, nel capo e in punta Aragona; ai lati Sicilia.

Ovvero, nel 2° e nel 3° partito: 1) Aragona; 2) Sicilia-Aragona.

Segue: articolo completo in formato pdf [4]da Panorama Numismatico nr.271 – Marzo 2012